Il Padre Nostro “vietato”, ecco i frutti del laicismo
Cerimonia di inaugurazione della scuola elementare di Precenicco (Udine): il sacerdote, chiamato dal sindaco per benedire, propone il Padre Nostro. «Non è consentito», lo blocca una maestra. Lui alla Bussola denuncia la malintesa laicità: «I valori cristiani sono un bene per tutti». E invita a non attaccare nessuno, ma a una «presa di coscienza collettiva» sui danni del laicismo.
È la mattina di mercoledì 15 settembre, scuola elementare “Emanuele Filiberto Duca d’Aosta”, a Precenicco, provincia di Udine. Alla presenza di un’ottantina di bambini seduti sul prato e delle autorità civili, compreso il presidente del Consiglio regionale friulano, si tiene l’inaugurazione ufficiale (fin qui rinviata per il Covid) dell’istituto, a seguito del completamento, nell’agosto 2020, dei lavori di ristrutturazione.
Tra i presenti c’è anche don Cristiano Samuele Zentilin, invitato dal sindaco per la benedizione dell’edificio scolastico di proprietà del Comune. Il sacerdote spiega ai bambini il significato dell’ora di religione, che deve aiutare a rispettare tutti, compreso chi non si professa cristiano. E propone di aprire le braccia per la recita del Padre Nostro. Ma a quel punto si sente la voce di una maestra, con un ruolo di responsabilità: «Non si può, non è consentito». Attonito, don Zentilin sceglie di non contraddire a sua volta l’insegnante davanti agli alunni, limitandosi a ricordare di essere stato invitato per la benedizione. E, senza recitare il Pater, pronuncia una delle formule previste dal rituale della Chiesa.
Secondo quanto scrive il Messaggero Veneto del 19 settembre, lo stop al Padre Nostro sarebbe arrivato «per non urtare la sensibilità di chi ha un altro credo religioso». Non risultano, comunque, dichiarazioni ufficiali della maestra. La Nuova Bussola ieri ha contattato invano, sia via telefono che via email, la scuola di Precenicco per avere un chiarimento sulla questione.
Non sono mancate le reazioni politiche. Il presidente del Consiglio regionale, Piero Mauro Zanin (Forza Italia), ha ricostruito la vicenda con un post su Facebook il 16 settembre, osservando tra l’altro: «Recitare in pubblico il #PadreNostro, la preghiera con cui tutti siamo cresciuti, viene ritenuto un atto “politicamente scorretto”, da proibire in pubblico. Non sono affatto d’accordo con questa impostazione culturale, che con la scusa di non urtare la sensibilità di persone che possono pensarla in maniera diversa rischia di estraniarci non solo dai nostri valori ma anche dalle nostre tradizioni. Nessuno discute o contesta la laicità dello Stato e dell’istituzione scolastica pubblica, ma stoppare sul nascere la recita di una preghiera davanti a bambini di prima e seconda elementare mi pare davvero eccessivo». Sul caso è stata anche presentata un’interrogazione all’assessore competente da parte del consigliere regionale Mauro Bordin (Lega), per verificare se l’alt al Padre Nostro sia giustificato da «correttezza sotto ogni profilo formale e sostanziale» ed eventualmente adottare iniziative capaci di prevenire situazioni simili.
Per giorni, da parte sua, don Zentilin ha preferito non commentare. Ma ieri ha telefonato alla Bussola per raccontarci la vicenda e dirci come lui, e le autorità civili presenti, hanno vissuto quell’interruzione inattesa. «Siamo rimasti di sale, perché non ci saremmo mai aspettati una cosa del genere. Ho avuto come la sensazione di essere fuori dal mondo». Il sacerdote sottolinea il problema educativo e la mancanza del rispetto del principio di autorità sottostante al fatto di interrompere e contraddire un adulto, «in questo caso un’autorità religiosa nell’atto di svolgere il suo ufficio», mentre parla - di valori sani (non certo offensivi né violenti) - con dei bambini.
Don Zentilin tiene a precisare che il caso non deve in alcun modo diventare un motivo di astio verso la maestra, «non deve essere una lotta contro qualcuno», bensì aiutare a riflettere su ciò che vi è a monte. Si tratta, dunque, di fare i conti con le conseguenze più ampie di una mentalità, oggi diffusa in Italia e altrove, che fraintende la laicità: «A me interessa che si faccia una presa di coscienza collettiva. Non si può tacere davanti a fatti del genere, perché un conto è la laicità e un altro è quello che possiamo trasmettere nella nostra Italia come valori. Qui si parla di valori che vanno al di là del credo religioso, sono un bene per tutti e possono essere riconosciuti come buoni da tutti». In questo stesso spirito, mite ma senza cedimenti al mondo, don Zentilin esorta: «Stiamo vivendo un tempo di grande fatica e i cristiani devono rendersi conto che la fede è un dono in più da coltivare e da difendere».
Sulla stessa lunghezza d’onda le parole del sindaco Andrea De Nicolò, cattolico praticante, che conferma alla Bussola di essere stato lui a invitare il sacerdote, «com’è usanza e tradizione nel caso di benedizioni di immobili nuovi o ristrutturati». La scuola, ci riferisce il primo cittadino, era stata informata della cerimonia già a fine agosto; tra l’altro, l’istituto comprensivo da cui dipende la scuola di Precenicco, «è senza dirigente scolastico. C’è da poco una reggente, da settembre 2021, per cui magari sarà mancata una trasmissione tra le parti», a causa della situazione precaria. Anche De Nicolò invita in sostanza a non cercare il capro espiatorio della vicenda, anche perché quello della maestra non sarebbe un caso dettato, per così dire, da laicismo personale, ma derivante «con tutta probabilità da indicazioni generali» - se e a quale livello del Miur rimane da accertare - in situazioni simili.
Il caso è differente da quello emerso negli ultimi anni a proposito delle benedizioni pasquali, rispetto a cui il Consiglio di Stato nel 2017 aveva detto sostanzialmente che nulla nel nostro ordinamento impedisce di farle se vengono tenute fuori dall’orario di lezione e prevedendo la partecipazione facoltativa (vedi il commento fatto a suo tempo dall’avvocato Daniela Bianchini per il Centro Studi Livatino). A Precenicco, come visto, c’era invece una benedizione innestata in una cerimonia civile, per il riconoscimento del valore della benedizione stessa da parte dell’amministrazione comunale organizzatrice dell’evento. Spetta ad altri sbrogliare la matassa normativa.
Ma quel che va ribadito con chiarezza è che questi problemi e conflitti di autorità sono frutto del clima generale accennato sopra: una diffusa cultura laicista, veicolata dal mainstream mediatico e da una certa classe politica, che con il pretesto di non offendere le altre religioni pretende di cancellare l’identità cattolica (religiosa-storica-culturale) del nostro Paese, censurando benedizioni, crocifissi, canti, feste di Natale, presepi, eccetera, tra lo stupore - molto spesso - degli stessi membri di altre religioni. È questo laicismo sempre più pervasivo che dimentica il termine più importante della vera laicità, cioè «…dare a Dio quel che è di Dio» (da Cui dipendono il Cesare di turno e relativa autorità). Un laicismo che finisce così per far divenire oggetto di disputa e carte bollate perfino il gesto più fraterno e naturale per una comunità riunita, recitare il Padre Nostro. Ma se una società rifiuta di chiedere il favore di Dio che futuro può avere?