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L’INTERVISTA / COMASTRI

Il Natale, la certezza che i puri di cuore vinceranno in eterno

Con l’ingresso di Dio nella storia dell’uomo, attraverso la Santa Famiglia, «abbiamo la certezza che la storia sta camminando verso una vittoria sicura dei buoni, dei miti, dei misericordiosi, dei puri di cuore e degli operatori di pace. E questa vittoria già si vede nei santi». Il Natale è anche dono della pazienza di Dio, che ci chiama all'umiltà, per ottenere la gioia del Suo Regno. La Bussola intervista il cardinale Angelo Comastri.

Ecclesia 23_12_2022

Sono sufficienti pochi minuti in compagnia del cardinale Angelo Comastri per capire di avere di fronte un uomo autenticamente innamorato di Dio. E più si passa del tempo insieme a lui, più aumenta questa convinzione. L’impressione maturata da tantissime persone con il Rosario pregato - non recitato, ci tiene a precisare - durante i lockdown è quella giusta: il porporato che fu amico di Madre Teresa di Calcutta sa arrivare dritto al cuore con parole semplici che trasudano una fede profonda. La Nuova Bussola Quotidiana lo ha incontrato per parlare del suo nuovo libro, Prepara la culla: è Natale! (San Paolo Edizioni), realizzato per richiamare i lettori al vero senso del Natale che è veramente tale solo se si vive in sintonia con l’Evento di Betlemme.

Eminenza, Lei presenta il Natale come un “dono della pazienza di Dio”. Oggi, di fronte allo spettro di quella che Papa Francesco ha chiamato per primo una “terza guerra mondiale” così come nel frangente più difficile della pandemia, noi cristiani ci ritroviamo persino impazienti di un intervento risolutore di Dio. Cosa può insegnarci il Natale sul modo in cui affrontare le terribili sfide che vive oggi l’umanità?
Natale vuol dire nascita. Evidentemente nascita di Gesù. Perché ricordiamo questa nascita, che ha spaccato il tempo ed è diventata il centro della storia? Il motivo è questo: noi crediamo che, con la nascita di Gesù, Dio è entrato dentro la nostra storia e pertanto abbiamo la certezza che la storia sta camminando verso una vittoria sicura dei buoni, dei miti, dei misericordiosi, dei puri di cuore e degli operatori di pace. E questa vittoria già si vede nei santi. Francesco d’Assisi, umile e povero e mite, è un vincitore che attraversa la storia e ancora oggi attira e affascina tanti giovani.

In tempi più vicini a noi Madre Teresa di Calcutta, umile e povera e mite, ha stupito il mondo e ha lasciato dietro di sé un’eredità meravigliosa di opere di carità a favore dei poveri più poveri. Il giornalista Indro Montanelli, quando morì Madre Teresa, esclamò: “Se ci fosse una Madre Teresa di Calcutta in ogni continente gli atei scomparirebbero dal mondo e si vergognerebbero di esistere”.

Ma c’è un problema: perché nel mondo resta ancora tanta cattiveria, tanto egoismo, tanta violenza, tante ingiustizie? Dobbiamo ricordare che i tempi di Dio sono lunghi e pazienti. Un salmo dice così: “Signore, davanti a te mille anni sono come un giorno solo, sono come un turno di veglia nella notte”. Noi siamo chiamati ad anticipare la vittoria sicura dei buoni, dei miti, dei misericordiosi, dei puri di cuore e degli operatori di pace seminando bontà, asciugando lacrime, diffondendo perdono e pace attorno a noi, questo è il messaggio che viene dal Natale di Gesù.

Nel Gesù Bambino adagiato in una culla improvvisata vediamo la più grande manifestazione di Dio. Siamo ancora in grado di provare stupore di fronte a quest’immagine?
Dobbiamo imparare dai santi che sono persone piene di stupore e di emozione davanti al Natale di Gesù. Madre Teresa di Calcutta diceva: “Io con il cuore ho preso domicilio a Betlemme! Lì si capisce cos’è che conta nella vita e cos’è che dobbiamo cercare nella vita per essere veramente felici”. E Tommaso da Celano riferisce che San Francesco d’Assisi meditava sempre l’umiltà di Betlemme e si commuoveva fino alle lacrime pensando all’umiltà di Dio!

Dio si rivela all'uomo nell'umiltà di un bambino povero: qual è la novità più grande di questa scelta divina, la povertà o la tenerezza?
Benedetta Bianchi Porro, santa dei nostri giorni, una volta disse: “Dio si è fatto piccolo perché potessimo incontrarlo”. E Gilbert Chesterton, anglicano divenuto cattolico nel secolo scorso, ha aggiunto: “Questa è la grande lezione di Betlemme: per incontrare Dio non bisogna salire ma bisogna scendere. Bisogna diventare umili”.

Betlemme è la smentita dell’equazione ricchezza = felicità. In Italia cresce drammaticamente il numero di poveri (5,6 milioni, secondo i dati dell’Istat) ma l’ideale di vita puramente consumistico non solo non sembra arretrare, ma si estende e tocca soprattutto le nuove generazioni. Questo emerge in particolare nel periodo natalizio. Non è una contraddizione?
Molti pensano che più cresce la ricchezza e più aumenta la felicità. È un grande inganno, una grande menzogna. A Betlemme Gesù ce l’ha detto chiaramente. Nel 1970 il giornalista Mario Soldati andò in Svezia con l’intenzione di cantare il paradiso svedese. Ma, dopo aver incontrato tante persone e dopo aver fatto diversi sondaggi, il libro che uscì fuori aveva questo titolo: I disperati del benessere. Nell’estate scorsa un gruppo di psicologi ha fatto un’inchiesta tra i figli delle persone più ricche del Canada. Il risultato è stato questo: “Sono ragazzi scontenti, niente li soddisfa, hanno nel cuore un grande egoismo e l’egoismo è insaziabile”. Ancora una volta a Betlemme eravamo stati avvisati.

Nel mese di novembre dell’anno 2000 Edoardo Agnelli, figlio del ricchissimo Gianni e già designato come erede, si è suicidato gettandosi da un ponte. Evidentemente la ricchezza non basta per essere felici. A Betlemme eravamo stati avvisati.

A Betlemme gli angeli cantavano “Gloria a Dio e pace agli uomini”. La pace non è solo la fine delle guerre ma anche perdono. Oggi parlare di perdono in casi di cronaca nera, ad esempio, è quasi proibitivo e finisce per attirare persino critiche nell’opinione pubblica. Cosa può insegnarci il Natale sul perdono e sulla pace?
A Betlemme gli angeli hanno cantato: “Gloria a Dio e pace agli uomini”. Ma come possiamo raggiungere la pace? A Betlemme brilla una grande umiltà. Se vogliamo avere la pace è necessario sconfiggere l’orgoglio, perché l’orgoglio suscita guerre: dentro la famiglia, tra le famiglie e tra i popoli. Come sta accadendo in questo momento! Dietro ogni guerra, anche dietro la guerra attuale c’è tanto orgoglio! Nel 1945 vennero sganciate le prime due bombe atomiche sul Giappone e fecero una strage di persone. Dopo la guerra, a Hiroshima è stato costruito un monumento alla pace nel quale è stato scritto: “Riposate in pace, non ripeteremo l’errore”. Che grande menzogna! Oggi gli Stati Uniti d’America hanno 2100 testate nucleari attive dichiarate, la Russia ne ha qualcuna in più, la Cina ne ha 400, India e Pakistan 100 a testa. L’Europa non è da meno: l’Inghilterra ha 250 testate nucleari attive, la Francia ne ha 300! Se vogliamo raggiungere la pace è necessario smantellare l’arsenale dell’orgoglio e subito dopo smantelleremo anche l’arsenale delle armi atomiche.

A Betlemme nel canto degli angeli era stata messa insieme la pace e la gloria a Dio! Si ottiene la pace soltanto quando l’uomo riconosce la sua piccolezza davanti alla grandezza di Dio. L’umiltà – diceva giustamente Biagio Pascal – è un atto di vera intelligenza!

Quando si parla di Dio non si può parlare di caso. E a Betlemme c’è una Famiglia. È Dio ad aver voluto la famiglia. Una società in cui la famiglia è sotto attacco è una società in cui si pensa di poter fare a meno di Dio?
Venendo in questo mondo, Gesù non ha voluto il nostro benessere, non ha voluto fuochi d’artificio. Ha voluto soltanto una Santa Famiglia. Perché? Per ricordarci che la famiglia è indispensabile, è un progetto di Dio, è un’invenzione di Dio. Pertanto chi combatte la famiglia combatte Dio e procura dolori inimmaginabili. Madre Teresa di Calcutta, donna sbocciata in una bella e santa famiglia, non si stancava di dire: “Quando si divide una famiglia è come una guerra dichiarata con tanti feriti e tante possibili vittime”. Massimo d’Azeglio ebbe il coraggio di dire: “Siamo tutti fatti di una stoffa nella quale le prime pieghe restano per sempre e queste pieghe si prendono nella famiglia”. Ognuno di noi può confermare la verità di questa affermazione. A Betlemme tutto questo ci è stato ricordato attraverso la Santa Famiglia. Sta a noi accogliere la lezione.

Come possiamo essere pronti a preparare una culla degna del Figlio di Dio?
Per vivere un vero Natale oggi noi dobbiamo diventare la culla di Betlemme. Come? Eliminando un po’ di egoismo, eliminando un po’ di orgoglio e riscoprendo l’importanza della famiglia.