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LIBERO COMMERCIO IN AMERICA

Il Nafta è morto. Lunga vita al ... Nafta. Nasce l'Usmca

Raggiunto, dai governi, il nuovo accordo di libero scambio nel Nord America. Stipulato per la prima volta nel 1994 con il nome di Nafta, ora rinasce come Usmca (Us-Mexico-Canada Agreement) e i parlamenti dovranno ratificarlo entro il 30 novembre. Il protezionismo di Trump? Solo un espediente, per ottenere un mercato più libero.

Economia 02_10_2018
Lighthizer, capo negoziatore Usa, illustra l'Usmca con Trump

Pareva sepolto e invece è tornato in piena salute. Ieri è stato raggiunto, dai governi, il nuovo accordo di libero scambio nel Nord America. Stipulato per la prima volta nel 1994 con il nome di Nafta, ora rinasce come Usmca (Us-Mexico-Canada Agreement) e i parlamenti dovranno ratificarlo entro il 30 novembre per farlo entrare in vigore. Il presidente Usa Donald Trump, artefice dell’accordo, annuncia la vittoria e si prepara a ricevere il plauso dall’opinione pubblica, specie dai produttori americani agricoli e nel settore automobilistico.

Trump ha fatto esattamente quel che aveva annunciato sin dal suo primo giorno da presidente, nel 2017: ha smontato il vecchio trattato Nafta per costruirne uno nuovo, più favorevole agli interessi americani. E del suo bacino elettorale, in particolar modo: le aree rurali e il settore delle industrie pesanti. Dopo un lungo braccio di ferro con il premier laburista canadese Justin Trudeau, ieri pareva tornato l’idillio: “E’ un buon giorno per il Canada”, annunciava il capo di governo di Ottawa. “E’ un grande accordo per tutti e tre i paesi – gli ha risposto Trump – risolve molti aspetti deficitari e molti errori del Nafta, apre enormemente i mercati ai nostri agricoltori e industriali, riduce le barriere doganali per gli Stati Uniti e porterà le nostre tre grandi nazioni ad essere più vicine, in competizione con il resto del mondo”.

Eppure non è stato facile arrivare a questo punto. Il percorso, molto tortuoso, verso il nuovo trattato di libero scambio è iniziato l’11 maggio 2017, quando Robert Lighthizer è stato nominato dall’amministrazione Trump capo negoziatore per il Nafta. I segnali iniziali non erano incoraggianti. Sin dalla campagna elettorale, il nuovo presidente minacciava un nuovo protezionismo, esplicitamente, di “uccidere il Nafta”. Il 16 agosto iniziano i negoziati. 31 maggio, due settimane dopo la scadenza dei negoziati, Trump impone le tariffe su acciaio e alluminio anche al Canada e al Messico. Il 9 giugno, dopo il G-7 di Ottawa, Trump minaccia di imporre le tariffe sulle auto. Il 27 agosto viene raggiunto un accordo-quadro fra Messico e Canada. Il 31 agosto Trump informa il Congresso degli Stati Uniti che un nuovo Nafta sarà ratificato entro 90 giorni, con o senza il Canada, anche per mettere Trudeau sotto pressione. L’accordo è stato firmato solo ieri, due giorni dopo la minaccia da parte di Messico e Usa di pubblicare il testo del loro accordo bilaterale. Trudeau si è trovato di fronte alla scelta se rimanere tagliato fuori dal commercio nel Nord America o aderire alle condizioni richieste. Il nuovo Usmca dovrà essere ora ratificato dai parlamenti dei tre Paesi che vi aderiscono entro il 30 novembre.

I settori coinvolti nel nuovo trattato di libero scambio sono molteplici. L’industria automobilistica nordamericana ne esce vincitrice. Per questo, festeggia anche la Fiat Chrysler. Il trattato prevede che il 75% delle componenti delle auto siano prodotte nella regione nordamericana perché i prodotti non vengano sottoposti a regime di dazi. L’altra clausola è che il 40-45% del veicolo sia prodotto da operai che guadagnano almeno 16 dollari statunitensi all’ora. Dunque l’aspettativa, da parte dei produttori di auto, è quella di mantenere alti i salari e aumentare la produzione. Sarà svantaggiato il Messico, dove il costo del lavoro è basso, mentre vince la classe operaia statunitense, il cui salario medio è di 22 dollari all’ora. Un altro grande capitolo di negoziazione è l’industria casearia del Canada. Ottawa ha dovuto rinunciare, almeno in parte, alla sua politica protezionista, ammettendo più concorrenza dagli Stati Uniti. Secondo i sindacati canadesi del settore, Trudeau avrebbe “sacrificato 220mila lavoratori del caseario sull’altare del trattato”. Il premier laburista promette loro dei sussidi come forma di compenso. Sarà più libro anche lo shopping all’estero, soprattutto lo shopping online. Il limite per gli acquisti esentasse è stato alzato a 100 dollari statunitensi per il Messico e 150 dollari statunitensi per il Canada. Questa è una misura che avvantaggia, non solo le grandi aziende dello shopping online, ma in generale il mercato di Canada e Messico.

Secondo i consiglieri dell’amministrazione Trump, questo trattato fungerà da modello per i futuri negoziati. Compresi quelli con l’Unione Europea, chiaramente. Quale è la lezione principale da trarre? Prima di tutto che il protezionismo è un mezzo, ma non un fine. I commentatori economici si sono forse affrettati un po’ troppo a parlare di nuovo isolamento americano, o addirittura di “fine della globalizzazione”. Infatti, la minaccia (più che credibile) di imporre tariffe protezionistiche è servita a indurre il Canada ad accettare un mercato più aperto. A parte alcune misure tipiche di una mentalità protezionista, come quelle che riguardano i salari degli operai nel settore automobilistico, la firma dell’Usmca rende il mercato nordamericano complessivamente più libero e aperto, non più chiuso, rispetto al passato. Secondo: Trump si è rivelato un buon negoziatore e ha mantenuto le sue promesse. Può essere importante per risollevare le sorti dei Repubblicani nelle prossime elezioni di medio termine che si terranno a novembre. Anche se (e il dibattito sul giudice Brett Kavanaugh lo dimostra), i Repubblicani al Congresso non perdono occasione per deludere i loro elettori.