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COP 27

Il "mondo verde"? Se lo godranno solo i miliardari

Alla Conferenza internazionale sui Cambiamenti Climatici, si continua a perseguire politiche tese ad affossare i paesi sviluppati, ritenuti colpevoli di mai provate catastrofi climatiche. E sono gli stessi leader occidentali – la presidente della Commissione Europea Ursula von der Leyen in testa – ad avallare questo approccio suicida. Intanto si scopre che i vandalismi contro le opere d'arte e i blocchi stradali sono lautamente finanziati da ricchi miliardari che vogliono "salvare" la Terra.
- VIDEO: MELONI E IL CLIMA, IDEE ANCORA CONFUSE, di Riccardo Cascioli

Creato 09_11_2022

Dopo la parata iniziale dei capi di Stato e di governo la COP 27 (La Conferenza Internazionale sui Cambiamenti Climatici) prosegue in Egitto i suoi lavori (termineranno il 18 novembre) evitando per ora nuove gravose e irrealistiche decisioni come avvenuto negli appuntamenti precedenti. Resta però la verifica e la realizzazione degli impegni già presi in precedenza. E intanto emerge sempre più con chiarezza che sono i plutocrati multimiliardari ad inquinare più dei singoli paesi e, incredibilmente, a lautamente pagare le proteste vandaliche

Ieri a Sharm El-Sheikh la presidenza egiziana ha lanciato l’Agenda per l’adattamento climatico, un'agenda completa e condivisa per mobilitare l'azione globale intorno a 30 risultati da raggiungere, necessari per realizzare un mondo resiliente entro il 2030. L'Agenda per l'adattamento «accelererà le azioni di trasformazione da parte di Paesi, regioni, città, imprese, investitori e società civile per adattarsi ai gravi rischi climatici che le comunità vulnerabili devono affrontare». In essa si delineano 30 risultati da raggiungere entro il 2030, in cui emerge per la gran parte un netto contrasto tra gli oboiettivi ambiziosi e i mezzi per raggiungerli.

Un esempio è quello dell'agricoltura, dove l'Agenda propone: «Passare a un'agricoltura sostenibile e resiliente al clima, in grado di aumentare le rese del 17% e di ridurre le emissioni di gas serra a livello di azienda agricola del 21%, senza espandere le frontiere agricole e migliorando i mezzi di sussistenza, anche dei piccoli agricoltori. Proteggere e ripristinare circa 400 milioni di ettari di aree critiche (ecosistemi terrestri e d'acqua dolce) sostenendo le comunità indigene e locali con l'uso di soluzioni basate sulla natura per migliorare la sicurezza idrica e i mezzi di sussistenza e per trasformare 2 miliardi di ettari di terreno in una gestione sostenibile. Proteggere 3 miliardi di persone con l'installazione di sistemi intelligenti e di allarme rapido». Come sia possibile raggiungere questi obiettivi quando a livello internazionale si incentiva soltanto un'agricoltura a bassa resa (vedi biologica e biodinamica), non è dato capire.

Infine, non poteva mancare l’impegno a sostituire i combustibili inquinanti usati da 2,4 miliardi di persone per cucinare alimenti, con fonti energetiche più ecologiche e pulite.
Per raggiungere tutti questi obiettivi, l’Onu chiede di mobilitare tra i 140 e i 300 miliardi di dollari necessari da fonti pubbliche e private, coinvolgendo anche 2.000 tra le più grandi aziende del mondo. 

Chi pagherà tutto questo rimane un mistero anche se, alcune dichiarazioni della sempre verde Ursula Von der Leyen, fanno intuire che non solo i singoli paesi ma l’intera Europa, pur nel pieno del disastro sociale, economico ed energetico, si impegnerà a finanziare questi investimenti, come parte dell’impegno di "riparazione" per i danni provocati dallo sviluppo dei Paesi occidentali e che oggi alcuni paesi poveri del mondo starebbero pagando in termini di disastri climatici.
Male, nessuno ha il  coraggio di dire che se stiamo discutendo di questi temi nel 2022 è anche per il benessere prodotto dallo sviluppo economico ed industriale?

È comprensibile che le piccole ‘isole-stati’ del globo chiedano di tassare gli extra profitti delle multinazionali degli idrocarburi come risarcimento dei rischi climatici che stanno affrontando questi territori. Tuttavia, stupisce che l’Europa, dopo aver approvato lo scorso settembre una tassazione sugli extra profitti delle compagnie energetiche, il cui previsto introito di 140 miliardi dovrà essere destinato a sostenere famiglie e imprese europee, per bocca della presidente Von der Leyen promuova ora una “carbon tax globale” i cui proventi vadano invece ai soli paesi poveri.

Il resto degli interventi di ieri, raccolti in sintesi dalla Reuters, non sono altro che la lamentazione dei paesi africani ed asiatici nei confronti degli occidentali e al sistema capitalistico (della libertà del mercato). Ma come sempre ciò che manca in tutti questi discorsi è la possibilità di un franco dibattito sulla scientificità dell’allarme climatico (negato da più di mille scienziati e diversi premi Nobel) e sui sistemi di prevenzione / riduzione dei danni ambientali.

Nel documento finale che le Nazioni Unite proporranno nei prossimi giorni sul trasferimento annuale di fondi dai paesi ricchi a quelli poveri di circa 2.000 miliardi di dollari entro il 2030, si insiste sulla necessità di questi risarcimenti nel rispetto della "giustizia" climatica. I primi mille miliardi dovrebbero provenire dai Paesi ricchi, dagli investitori e dalle banche multilaterali di sviluppo, mentre altri 1.400 miliardi di dollari arriveranno da altre fonti pubbliche nazionali e private. 

E a proposito di queste fonti private, i ricchi benefattori: due fatti emersi in questi giorni illuminano questa realtà fintamente filantropica. Il primo, è uno studio scientifico della ong Oxfam (‘Carbon Billionaires’, un'analisi dettagliata degli investimenti di 125 tra i più ricchi miliardari del mondo) che dimostra come gli investimenti dei miliardari producano una media annua di 3 milioni di tonnellate di anidride carbonica (CO2) a persona, che è un milione di volte superiore alla media di 2,76 tonnellate di CO2 per coloro che vivono nella fascia bassa del 90% della popolazione mondiale. Questi signori producono "emissioni da investimento" pari a quelli di interi Paesi come Francia, Egitto o Argentina.

Il secondo: la multimiliardaria ereditiera dei petrolieri Getty, Aileen Getty, che ha guadagnato le sue fortune con i combustibili fossili ed ora con “combustibili rinnovabili", accaparrandosi fondi intergovernativi milionari per la cosiddetta "transizione ecologica", finanzia lautamente i vandali che colpiscono opere d’arte e bloccano infrastrutture nelle ore di punta: ‘Just Stop Oil’, ‘Scientist Rebellion’ ed ‘Extinction Rebellion. Lo rivendica lei stessa dalle pagine del quotidiano britannico The Guardian.

Insomma, pare proprio che i plutocrati siano impegnatissimi per il pianeta perché vogliono tenerselo tutto e solo per se stessi.