«Il mare è agitato, Signore ti imploriamo: svegliati»
La preghiera del Papa sotto la pioggia in una San Pietro vuota e buia riflette i sentimenti del mondo e dell'Italia nella crisi da Coronavirus: «Fitte tenebre si sono addensate sulle nostre piazze; si sono impadronite delle nostre vite riempiendo tutto di un silenzio assordante e di un vuoto desolante». Viviamo come i discepoli sfiduciati sulla barca in tempesta. «Il nostro errore, illuderci di rimanere sempre sani in un mondo malato. Ma Gesù si sveglia».
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Il freddo e la pioggia hanno reso ancora più triste il diciottesimo giorno di lockdown per piazza San Pietro, uno dei luoghi più visitati al mondo da secoli. Alle 18, quello che ormai da quasi un mese è per gli italiani l'orario dello sconforto scaturito dalla lettura, con morti e contagiati, del bollettino giornaliero della Protezione civile sull'epidemia, il Papa ha fatto la sua comparsa al centro del sagrato per portare speranza ai fedeli in collegamento da tutto il mondo tramite tv, radio e streaming.
Francesco ha guidato il momento di preghiera e di adorazione proclamato domenica scorsa per chiedere al Signore di liberare l'umanità dall'epidemia. Accanto a lui, sulla postazione mobile al centro del sagrato, soltanto monsignor Guido Marini, maestro delle celebrazioni liturgiche pontificie mentre in fondo alla piazza, all'inizio di via della Conciliazione, si intravedevano le poche figure di vigili e militari in servizio e qualche fotografo e giornalista sotto l'ombrello. L'evento si è aperto con la lettura della Parola di Dio dal Vangelo secondo Marco.
Dal commento del brano evangelico, che vede i discepoli avere paura della tempesta e Gesù che, calmando il mare, li rimprovera per non aver avuto fede in Lui, il papa è partito per la sua omelia. Facendo una comparazione con i tempi difficili che sta vivendo oggigiorno l'umanità, Francesco ha evidenziato che anche noi "siamo stati presi alla sprovvista da una tempesta inaspettata e furiosa" e "ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda". "Da settimane - ha detto il pontefice - sembra che sia scesa la sera. Fitte tenebre si sono addensate sulle nostre piazze, strade e città; si sono impadronite delle nostre vite riempiendo tutto di un silenzio assordante e di un vuoto desolante, che paralizza ogni cosa al suo passaggio".
Commentando l'episodio tratto dal Vangelo di Marco, sul comportamento dei discepoli che si lamentano con il Maestro e si sentono abbandonati, il Santo Padre ha osservato: "Pensano che Gesù si disinteressi di loro, che non si curi di loro". Questo, ha proseguito il Papa nella sua omelia, avrà scosso anche Gesù "perché a nessuno più che a Lui importa di noi" e "infatti, una volta invocato, salva i suoi discepoli sfiduciati". A suo parere, questo brano mette in luce come "la tempesta smaschera la nostra vulnerabilità e lascia scoperte quelle false e superflue sicurezze con cui abbiamo costruito le nostre agende, i nostri progetti, le nostre abitudini e priorità".
Come accade oggi all'umanità con l'epidemia che fatto cadere "abitudini apparentemente 'salvatrici', incapaci di fare appello alle nostre radici e di evocare la memoria dei nostri anziani, privandoci così dell’immunità necessaria per far fronte all’avversità". Un passaggio con il quale Francesco ha voluto ricordare le principali vittime del flagello che sta piegando il mondo e l'Italia in particolare: gli anziani, da lui sempre considerati "radici e memoria di un popolo". L'errore degli uomini, secondo l'omelia del papa, è stato quello di illudersi di "rimanere sempre sani in un mondo malato".
"Ora - ha aggiunto - mentre stiamo in mare agitato, ti imploriamo: 'Svegliati Signore!'". E' necessario, secondo il pontefice, tornare a Lui e ritrovare in Lui il cuore della nostra vita: "Ci chiami a cogliere questo tempo di prova come un tempo di scelta. Non è il tempo del tuo giudizio, ma del nostro giudizio: il tempo di scegliere che cosa conta e che cosa passa, di separare ciò che è necessario da ciò che non lo è. È il tempo di reimpostare la rotta della vita verso di Te, Signore, e verso gli altri", ha affermato nell'omelia. Il papa è poi passato ad elogiare il servizio offerto da chi è in prima linea in questo momento di grande difficoltà, quegli eroi che lontani dalle "grandi passerelle dell'ultimo show" stanno scrivendo "gli avvenimenti decisivi della nostra storia": e quindi "medici, infermieri e infermiere, addetti dei supermercati, addetti alle pulizie, badanti, trasportatori, forze dell’ordine, volontari, sacerdoti, religiose e tanti ma tanti altri che hanno compreso che nessuno si salva da solo". "Non siamo autosufficienti - ha ricordato Francesco - da soli affondiamo: abbiamo bisogno del Signore come gli antichi naviganti delle stelle".
Da qui, l'appello a far salire "Gesù nelle barche delle nostre vite" e a consegnare a Lui "le nostre paure, perché le vinca". "Come i discepoli - ha detto il papa ritornando al brano tratto da Marco - sperimenteremo che, con Lui a bordo, non si fa naufragio. Perché questa è la forza di Dio: volgere al bene tutto quello che ci capita, anche le cose brutte. Egli porta il sereno nelle nostre tempeste, perché con Dio la vita non muore mai". In Lui troviamo un'ancora: "nella sua croce siamo stati salvati". In Lui troviamo un timone: "Nella sua croce siamo stati riscattati". Ed una speranza: "Nella sua croce siamo stati risanati e abbracciati affinché niente e nessuno ci separi dal suo amore redentore".
L'omelia si è conclusa con l'affidamento di tutti i fedeli al Signore per l'intercessione della Madonna,"salute del suo popolo, stella del mare in tempesta". Francesco, accompagnato da monsignor Marini, si è poi diretto all'ingresso al cancello centrale della Basilica per raccogliersi in preghiera davanti all'icona della Salus Populi Romani e al Crocifisso di San Marcello - che ha baciato - ritenuto miracoloso in occasione della peste del XVI secolo. Recatosi nell'atrio della Basilica, ai piedi dell'altare lì collocato, il pontefice si è raccolto in preghiera per un momento di adorazione eucaristica davanti al Santissimo Sacramento e da qui ha elevato la supplica.
Assistito da padre Bruno Silvestrini, custode del Sacrario Apostolico, Francesco ha esposto il Santissimo Sacramento all'esterno, verso la piazza vuota, alzando l'ostensorio simbolicamente verso i quattro angoli del mondo. Il momento di preghiera si è concluso con il rito della Benedizione Eucaristica “Urbi et Orbi”, con annessa la possibilità di indulgenza plenaria per i fedeli in collegamento a condizione di adempiere la confessione sacramentale, la comunione eucaristica e la preghiera secondo le intenzioni del Papa non appena sarà loro possibile, come ricordato anche dal recente decreto della Penitenzieria apostolica.