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IL CASO

Ricciardi e l’Oms, un rapporto confuso dai media

Il governo si ostina con un rigido lockdown contro il Covid-19 e c’è chi propone una sorta di “braccialetto elettronico” digitale. È il consulente Walter Ricciardi, descritto dai media come membro dell’Oms: in realtà non vi riveste alcun ruolo, ma ha solo partecipato ad alcune riunioni come inviato dell’Italia. Intanto si ignorano altre strategie, come quelle della Corea del Sud o di Ferguson.

Attualità 28_03_2020

In questo momento l’Italia sta vivendo un doppio incubo: da una parte quello dell’epidemia da Covid-19, dall’altra parte quella del lockdown, il blocco pressoché totale delle attività, garantito da uno Stato di polizia che limita le libertà personali fondamentali. Il lockdown, peraltro, viene proposto come l’unica soluzione possibile, facendo riferimento all’esempio cinese. Tuttavia, il modello palesemente non funziona, e i morti in Italia sono già più del doppio di quelli cinesi.

Il governo italiano sembra ostinarsi ad ignorare altri modelli, che pure stanno risultando assolutamente vincenti, come quello della Corea del Sud. Il Paese asiatico è stato uno dei primi dove il virus è sbarcato oltre la Cina. Rispettando la libertà dei cittadini e la democrazia, la strategia vincente è stata l’intercettazione a livello nazionale delle persone positive. Nessuna  quarantena obbligatoria per tutta la popolazione, niente chiusure. Le autorità sanitarie coreane sono letteralmente andate a caccia di ogni possibile caso di Coronavirus.

La Corea del Sud è il Paese che ha effettuato il maggior numero di test diagnostici, sottoponendo 270.000 persone al test, equivalente a 5.200 test per un milione di abitanti. In questo modo il Ministero della Sanità sudcoreano è stato in grado di avere una visione completa e realistica della diffusione del virus, dei casi minori, di quelli gravi e dei decessi, riuscendo ad avere dati realistici sulle percentuali di contagio e di mortalità del virus che si basa non sui test effettuati alle sole persone che presentano sintomi da Covid-19, ma su una rappresentativa fetta della popolazione. Questo spiega perché la Corea del Sud presenta un tasso di mortalità inferiore all’1%. Una mortalità di poco superiore a quella di un’influenza stagionale. Una percentuale che in questo momento l’Italia si sogna.

Questa strategia è quella che in Italia il presidente della Regione Veneto, Luca Zaia, avrebbe voluto mettere in atto, ma si è trovato la via sbarrata da Giuseppe Conte. Il presidente del Consiglio prosegue con la strategia delle chiusure, inasprendole senza ottenere risultati.

C’è addirittura chi propone una sorta di “braccialetto elettronico” digitale per gli italiani. È il consulente del governo Walter Ricciardi, già commissario dell’Istituto Superiore di Sanità ai tempi del governo Renzi, che  propone di utilizzare tecnologie per il tracciamento delle persone. In questi giorni Ricciardi ha assunto una certa visibilità e notorietà proprio in quanto “consulente speciale” dell’esecutivo, pur senza ricoprire alcun ruolo istituzionale. La sua sedicente autorevolezza gli viene dai media che lo descrivono immancabilmente come “membro del comitato esecutivo dell’Organizzazione mondiale della Sanità”, o come “inviato” dell’Oms in Italia. In realtà non è così.

Ricciardi non riveste alcun ruolo presso l’Oms, né a Ginevra- sede mondiale di questa agenzia specializzata dell’Onu - né presso la sede europea che è a Copenaghen, né tantomeno presso l’unico ufficio che l’agenzia ha in Italia, a Venezia, un ufficio pagato dalla Regione Veneto e non dallo Stato. Ricciardi non fa parte dell’esiguo numero di funzionari italiani che lavorano presso l’Oms; semplicemente ha partecipato ad alcune riunioni dell’Executive Board dell’agenzia, un board di cui fanno parte a turno 30 Paesi tra tutti quelli aderenti all’Onu. Le riunioni si tengono due volte all’anno, e vedono la partecipazione di inviati dei singoli Paesi, normalmente ministri degli Esteri o della Sanità.

Ricciardi, su mandato dell’ex premier Gentiloni, partecipò semplicemente come accompagnatore a questo tipo di incontri.  Non ha quindi alcun titolo per parlare a nome dell’Organizzazione mondiale della Sanità, e il farlo lo porterebbe ad essere attenzionato dall’ufficio legale dell’agenzia stessa. Che peraltro, per far sentire la propria voce, ha un ufficio stampa e comunicazione molto efficiente. E il messaggio chiaro che da giorni, anche per bocca stessa del suo direttore generale, continua a ripetere come suggerimento per i vari Paesi è questo: test, test, test.

La conferma più autorevole della strategia già attuata dalla Corea Del Sud: scovare, individuare, curare fino all’ultimo caso di Coronavirus. Non aspettare i casi conclamati, magari già gravi, con il conseguente abbandono terapeutico che fa andare la mortalità alle stelle. Una strategia di prevenzione, per circoscrivere la malattia.

È la stessa linea strategica elaborata nei giorni scorsi in Gran Bretagna dall’epidemiologo Neil Ferguson, dell’Imperial College di Londra, che è all’origine del cambio di tattica in corso d’opera da parte del governo britannico. Nei giorni scorsi Ferguson e i suoi collaboratori hanno pubblicato uno studio dal titolo interessantissimo: Impact of non-pharmaceutical interventions (NPIs) to reduce COVI-19 mortality and healthcare demand.

Mentre in Italia si vive in un clima di quasi isterica attesa di un farmaco miracoloso che sconfigga il virus, ci sono strategie che potrebbero portare all’uscita dall’incubo anche senza terapie farmaceutiche. Le quali - se verranno - saranno certamente le benvenute, ma ora e subito si può fare diagnosi e prevenzione a costi economici e sociali molto ragionevoli. E a tale proposito: se davvero la scelta del governo italiano di non effettuare tamponi fosse stata non per ragioni scientifiche, ma per paura di spendere, questa mossa - alla luce dei disastri provocati sull’economia dal blocco quasi totale delle attività - rappresenterebbe un errore gigantesco di cui il governo dovrà rendere conto alla comunità nazionale.