Il Magistero che risolve il problema dell'immigrazione
La carità fa agire in modo ordinato, dicono san Tommaso e il Catechismo: occorre amare Dio, poi se stessi, poi il prossimo, il che giustifica la legittima difesa. Pio XII disse: «È nell'ordine della carità stessa il prodigare le cure caritatevoli innanzitutto nell'interno della comunità». Pio XI aggiunse che un giusto nazionalismo, la carità cristiana «santifica e vivifica».
Chiediamo anzitutto che Dio ci doni la sua sapienza per affrontare un tema molto delicato e difficile. «Dio dei padri e Signore di misericordia ... dammi la sapienza, che siede accanto a te in trono ... Essa tutto conosce e tutto comprende: mi guiderà con prudenza nelle mie azioni * e mi proteggerà con la sua gloria». (Sap. 9). La questione dell' accoglienza dei migranti va affrontata, infatti, con grande sapienza e prudenza ed è strettamente legata alla carità, che è una virtù soprannaturale che viene a noi donata dalla Trinità unitamente ad ogni altra virtù e in particolare unitamente alla sapienza e alla prudenza.
S. Tommaso afferma che attraverso la grazia e la fede noi abbiamo ricevuto la sapienza di Cristo per giudicare (In 1Cor. c.2 lec.3). La vera carità è sapiente e prudente, è guidata dalla divina sapienza e anzitutto ci porta ad amare Dio al di sopra di tutto, il Catechismo della Chiesa Cattolica al n. 1822 afferma : «La carità è la virtù teologale per la quale amiamo Dio sopra ogni cosa per se stesso...» e questo amore per Dio include sommo odio al peccato (cfr. Catechismo Romano, n. 249). Dio ci attira a partecipare alla sua vita per la grazia attraverso la quale viene in noi la carità. La carità è un dono di Dio e si attua sotto la guida di Dio, e attraverso la carità è Dio e la sua sapienza e carità che si manifestano in noi. Dio è ordine e la carità è ordinata; dell'ordine della carità parla il Magistero della Chiesa Cattolica in vari documenti tra cui il Catechismo della Chiesa Cattolica ai nn. 2197 e 2239; la Scrittura dice, in questa linea: «Però tutto sia fatto con dignità e con ordine» (1 Cor. 14,40).
La vera carità ci rende prudenti e ci fa agire in modo retto e ordinato, (cfr. Catechismo Chiesa Cattolica n.1806). S. Tommaso d'Aquino consacra all'ordine della carità oltre all' intera q. 1 di Super Sent., lib. 3, d. 29, e al De Virt., q. 2, a. 9, l'intera questione 26 della II-II della Summa Theologiae e in essa afferma «...è necessario che negli esseri che sono amati con la carità si riscontri un certo ordine in rapporto al primo principio di questo amore, che è Dio». (S. Th. II-II q. 26 a.1 trad. it. di p. Centi). Per tale ordine della carità, spiega s. Tommaso, occorre amare Dio al di sopra di tutto, più del prossimo (iibid. a. 2) e più di noi stessi (a.3) poi occorre amare sé stessi più del prossimo : «… si dice che l‘uomo ama se stesso per il fatto che si ama secondo la sua natura spirituale, come sopra [q. 25, a. 7] si è detto. E da questo lato l‘uomo deve amare se stesso, dopo Dio, più di chiunque altro .... Per cui l‘uomo deve amare se stesso con la carità più del prossimo» (S. Th. II-II q. 26 a. 4 trad. it. di p. Centi). Ma poco più avanti il s. Dottore precisa «… quanto alla salvezza dell‘anima, dobbiamo amare il prossimo più del nostro corpo...quando si dice che il prossimo deve essere amato più del proprio corpo si intende parlare della sua anima, che è la sua parte principale» (S. Th. II-II q. 26 a.5 in c. e ad 1m; trad. it. di p. Centi).
Tuttavia va notato che «Ciascuno è tenuto strettamente a curare il proprio corpo, mentre non è tenuto strettamente a curare la salvezza del prossimo, se non forse in casi particolari. Perciò la carità non esige a tutto rigore che uno esponga il proprio corpo per la salvezza del prossimo, se non nei casi in cui si è tenuti a provvedervi. Se poi uno si offre spontaneamente per questo, ciò appartiene alla perfezione della carità» (ibid. ad. 3m). Inoltre tra i prossimi da amare, alcuni vanno amati più di altri, s. Tommaso infatti dice: «Tra i prossimi alcuni vanno amati più di altri» (ibid. a. 6). E tra i prossimi dobbiamo amare maggiormente i migliori e i congiunti più stretti: «... tra i prossimi dobbiamo amare maggiormente i migliori e i congiunti più stretti» (S. Th. II-II q.44 a. 8 ad 2m trad. it. di p. Centi).
Va notato che secondo s. Tommaso tale ordine della carità emerge dalla Scrittura: «Nella Sacra Scrittura è insegnato espressamente l‘ordine delle quattro cose da amarsi con amore di carità» (ibid.). S. Alfonso M. de Liguori, Patrono dei Confessori e dei Moralisti, afferma, nella linea di s. Tommaso, che «La carità è ordinata, ond'è che dobbiamo preferire Dio e la sua grazia ad ogni cosa; all'incontro non siamo obbligati a preferire il bene del prossimo al bene nostro, se non quando il bene del prossimo fosse di ordine maggiore al nostro. L'ordine de' beni è questo: prima la vita spirituale, poi la temporale, poi la fama, e poi le robe» (“Istruzione e pratica pei confessori” c. IV p. II n. 14 9).
In un altro testo s. Alfonso M. de Liguori afferma che per l'ordine della carità ognuno è tenuto ad amare dopo Dio: anzitutto sé stesso secondo i beni spirituali, poi il prossimo secondo gli stessi beni spirituali, poi sé stesso secondo i beni corporali, poi il prossimo secondo gli stessi beni (Cfr. “Theologia Moralis” Ex Typographia Vaticana, Romae, 1905, T. I, l. II trac. III, De praecepto caritatis, cap. II n. 25). Questa dottrina viene chiaramente ribadita da altri grandi moralisti come Palazzini, Merkelbach , Prummer etc. Il famoso moralista domenicano Merkelbach nella sua opera (“Summa Theologiae Moralis ad mentem d. Thomae ...”ed. Desclee, Brugis,1959, I, p.694 ss) precisa la dottrina di s. Tommaso in questo senso: esistono tre generi di beni distinto per l'ordine della carità: 1) beni spirituali ed eterni sia naturali che soprannaturali (sono i più importanti) 2) beni naturali temporali intrinseci all'uomo (salute, vita, libertà etc.) (sono di secondaria importanza) 3) beni naturali estrinseci all'uomo (fama, onore, ricchezze etc.)(sono i meno importanti dei tre); all'interno di ciascuno di questi tre generi di beni vi sono, secondo l'ordine della carità, tre gradi di necessità: estrema, grave e comune: il principio generale è che l'uomo per l'ordine della carità a parità di importanza di beni e di grado di necessità deve amare sé stesso più del prossimo; come precisa s. Tommaso, in un testo riportato da p. Merkelbach, il comando per cui dobbiamo amare il prossimo come noi stessi non significa che dobbiamo amarlo ugualmente ma similmente rispetto a noi stessi.
Si accenna invece al modo di questo amore con l‘espressione «come te stesso». Il che però non va inteso nel senso che uno debba amare il prossimo nella misura in cui ama se stesso, ma in modo analogo a come ama se stesso. E ciò in tre modi. Primo, per quanto riguarda il fine: uno cioè deve amare il prossimo per Dio, come per Dio deve amare se stesso, affinché l‘amore del prossimo sia santo. Secondo, per quanto riguarda la regola dell‘amore: in modo cioè da non accondiscendere al prossimo nel male, ma solo nel bene, come uno deve assecondare la propria volontà solo nel bene, affinché così l‘amore del prossimo sia giusto. Terzo, per quanto riguarda il motivo dell‘amore: cioè in modo che uno non ami il prossimo per il proprio vantaggio o piacere, ma volendo il bene del prossimo come il bene di se stesso, affinché in tal modo l‘amore del prossimo sia vero» (S. Th. II-II q. 44 a.7).
L'amore del prossimo deve essere dunque santo, giusto e vero, dobbiamo amare il prossimo per Dio, cioè guidati da Dio, nella verità e nella sapienza di Dio che appunto in tale verità e sapienza ha mandato il suo Figlio per la salvezza del mondo perché gli uomini credano in Lui e lo amino e in questa fede e amore siano salvati. La precedenza dell'amore di noi stessi rispetto all'amore del prossimo, intesa come stiamo dicendo, è a livello fondamentale e reale e non solo a livello psicologico e questa precedenza giustifica la legittima difesa, spiega infatti il Catechismo della Chiesa Cattolica al n. 2264: «L'amore verso se stessi resta un principio fondamentale della moralità...E non è necessario per la salvezza dell'anima che uno rinunzi alla legittima difesa per evitare l'uccisione di altri: poiché un uomo è tenuto di più a provvedere alla propria vita che alla vita altrui» (San Tommaso d'Aquino, Summa theologiae, II-II, q. 64, a. 7, c: Ed. Leon. 9, 74.).
Pio XII disse riguardo a questo ordine, parlando di s. Margherita d' Ungheria «...è nell'ordine della carità stessa e di una virtù solida e senza illusioni il prodigare le cure caritatevoli innanzitutto nell'interno della comunità». In questa linea ci pare di dover dire che una nazione cristiana deve agire secondo l'ordine della carità e quindi, dopo Dio, deve amare anzitutto, nella santa carità, a parità di condizioni, come detto sopra, sé stessa, i propri cittadini e poi i cittadini di altre nazioni. Il Papa Pio XI parlò in questa linea di un «... giusto nazionalismo, che il retto ordine della carità cristiana non solo non disapprova, ma con proprie regole santifica e vivifica» (Enciclica del 3.5.1932 “Caritate Christi Compulsi”).
Ci pare altresì che in questo senso debba essere interpretato quanto afferma il Catechismo al n. 2241: «Le nazioni più ricche sono tenute ad accogliere, nella misura del possibile, lo straniero alla ricerca della sicurezza e delle risorse necessarie alla vita, che non gli è possibile trovare nel proprio paese di origine. I pubblici poteri avranno cura che venga rispettato il diritto naturale, che pone l'ospite sotto la protezione di coloro che lo accolgono. Le autorità politiche, in vista del bene comune, di cui sono responsabili, possono subordinare l'esercizio del diritto di immigrazione a diverse condizioni giuridiche, in particolare al rispetto dei doveri dei migranti nei confronti del paese che li accoglie. L'immigrato è tenuto a rispettare con riconoscenza il patrimonio materiale e spirituale del paese che lo ospita, ad obbedire alle sue leggi, a contribuire ai suoi oneri». Il Signore ci illumini sempre più perché la sua Luce a la sua Carità si manifestino nelle nostre vite e nelle nostre nazioni e quindi nel mondo intero.