Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Santa Francesca Saverio Cabrini a cura di Ermes Dovico
GREAT BARRINGTON DECLARATION

Il linciaggio mediatico dei professori contrari al lockdown

All’inizio della seconda ondata di Covid-19, in ottobre, tre professori di medicina, Martin Kulldorff, Sunetra Gupta e Jay Bhattacharya, rispettivamente di Harvard, Oxford e Stanford, si riunivano a Great Barrington, nel Massachusetts (Usa), per lanciare una petizione contro il lockdown. Sono stati linciati per sei mesi. Ma adesso ribadiscono, due ondate di Covid dopo, dati alla mano, che avevano ragione. 

Creato 28_04_2021
Belgio, polizia reprime una manifestazione anti-lockdown

All’inizio della seconda ondata di Covid-19, in ottobre, tre professori di medicina, Martin Kulldorff, Sunetra Gupta e Jay Bhattacharya, rispettivamente di Harvard, Oxford e Stanford, si riunivano a Great Barrington, nel Massachusetts (Usa) per lanciare una petizione contro il lockdown. Nessuno di loro si era opposto alle misure di chiusura all’inizio della prima ondata. Ma una volta studiati gli effetti, sia i costi che i benefici, di quella prima esperienza, avevano valutato che i costi fossero decisamente superiori. La Great Barrington Declaration ha, ad oggi, raccolto 14.112 firme di medici, 42.912 di operatori sanitari e 787.524 di cittadini, soprattutto negli Usa, nel Regno Unito e in Germania. Ma proprio la popolarità dell’iniziativa e gli argomenti convincenti della Dichiarazione, le hanno attirato gli strali della comunità scientifica e di gran parte dell’opinione politica pro-lockdown. Oggi, due dei tre primi firmatari denunciano pubblicamente l’ostracismo subito e rilanciano la giustezza delle loro conclusioni, anche alla luce degli effetti della seconda e terza ondata della pandemia.

«In qualità di epidemiologi delle malattie infettive e di scienziati della salute pubblica siamo molto preoccupati per gli effetti dannosi sulla salute fisica e mentale causati dalle politiche prevalentemente adottate dai governi in materia di Covid-19 – dichiaravano i tre professori promotori della dichiarazione - Il modo più caritatevole, che pareggia i rischi e i benefici di raggiungere l’immunità di gregge, è consentire a chi corre un rischio minimo, di vivere normalmente per acquisire l’immunità al virus tramite l’infezione naturale, mentre nel frattempo si proteggono bene le persone più fragili, a rischio elevato». Altrimenti: «Le attuali politiche di blocco stanno producendo effetti devastanti sulla salute pubblica, a breve e lungo periodo. I risultati (solo per citarne alcuni) includono tassi di vaccinazione infantile più bassi, peggioramento degli esiti delle malattie cardiovascolari, meno screening per il cancro e deterioramento della salute mentale, con la conseguenza che questo porterà negli anni a venire a un aumento della mortalità».

La Great Barrington Declaration aveva provocato un’ondata di sdegno. La prima accusa fu quella di voler introdurre un regime di discriminazione degli anziani. Meglio chiudere tutti in casa che separare gli anziani dai loro amici e parenti più giovani, fu l’opinione comune dei governi occidentali. Fece particolarmente scalpore l’idea di un’immunità di gregge tramite infezione per la popolazione meno esposta al rischio di morte. Oltre che ad essere accusata di anti-scientificità, questa idea venne considerata “cinica”.

La dottoressa Sunetra Gupta ha dichiarato, in gennaio, di essere rimasta scioccata e demoralizzata a causa della reazione corale contraria alla sua tesi. «Siamo stati accusati di essere stati non etici e le nostre credenziali scientifiche sono state messe in discussione da chi non era nella posizione di farlo», aveva detto la Gupta, lamentando che il lavoro alle spalle della “Declaration” non sia nemmeno stato preso in considerazione nel dibattito scientifico. «Non ho idea del perché non sia stato preso seriamente. È lì per essere dibattuto, non può essere scartato a priori perché considerato non-etico». Sebbene nel mondo accademico non vi sia la censura, l’ostracismo dei media ha ricreato le condizioni di una censura di fatto. Sunetra Gupta era stata intervistata dalla BBC, ad esempio e la televisione di Stato britannica stessa è finita nel tritacarne delle polemiche, accusata da giornalisti di tutto il mondo di essere stata “grossolanamente irresponsabile” ad aver intervistato una promotrice della Great Barrington Declaration. Un’altra strategia di censura è nella solita attribuzione di colpe: tutti i disastri successivi, mediaticamente esposti, dal Brasile all’India, sono stati attribuiti a “governi che hanno seguito la Great Barrington Declaration”. Che nell’opinione comune è diventata la strategia di chi vuole “far morire la gente, per raggiungere l’immunità di gregge”.

Dopo sei mesi dalle prime firme, due ondate di Covid dopo, i dottori Kulldorff e Bhattacharya hanno firmato un articolo sul Telegraph per denunciare non solo il fallimento della strategia dei lockdown, ma anche il clima di censura e intimidazione che i sostenitori delle chiusure stanno alimentando contro di loro. «I sostenitori del lockdown non possono sfuggire alle responsabilità del più grande fallimento di salute pubblica della storia». Alla luce dei dati raccolti in tutti i Paesi colpiti dalla pandemia, «Chiudere la società non è servito a salvare le persone più vulnerabili e ora i sostenitori del lockdown cercano capri espiatori».

Anche con il senno di poi: «Un anno fa non c’erano prove che i lockdown avrebbero protetto le persone anziane ad alto rischio Covid. Ora le prove ci sono. Non le hanno protette. (…) Mantenendo l’ingenua convinzione che chiudere la società avrebbe protetto tutti, i governi e gli scienziati hanno respinto fondamentali misure di protezione mirate agli anziani. Sebbene chiunque si possa infettare, vi è una differenza nel rischio di morte di più di mille volte tra vecchi e giovani. La mancata considerazione di questo fatto sul virus ha portato al più grande fallimento di salute pubblica della storia. Ciò nondimeno, i lockdown hanno provocato danni collaterali enormi in tutte le età. Privare i ragazzi dell’insegnamento in presenza ha danneggiato non solo la loro istruzione, ma anche la loro salute fisica e mentale. Altre conseguenze sulla salute pubblica includono mancati screening e trattamenti per il cancro ed esiti peggiori delle malattie cardiovascolari. Gran parte di questo danno si svilupperà nel tempo».

La conclusione è una condanna senza appello ai sostenitori delle chiusure. Non solo hanno fallito, ma ora coprono il loro fallimento cercando capri espiatori, sia nella gente comune che non rispetta le restrizioni, sia negli scienziati che si oppongono a quelle misure. «La falsità centrale nel pensiero pro-lockdown è che più restrizioni portino automaticamente a meno morti. Questo ragionamento mostra una stupefacente ignoranza delle basi dell’epidemiologia delle malattie infettive. Un esempio tra i tanti è la chiusura delle università la scorsa primavera, che ha rimandato gli studenti a casa a vivere con familiari più anziani a più alto rischio. Ora i politici e i funzionari della sanità pubblica devono lavorare per riconquistare la fiducia del pubblico. Incolpare la gente, e gli scienziati come la dottoressa Gupta, per nascondere gli errori dei fautori dei lockdown, non è la strada giusta da seguire».