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OMICIDIO DI STATO

Il libro: perché la morte di Charlie Gard fu eutanasia

Assuntina Morresi in "Charlie Gard. Eutanasia di Stato" ripercorre la vicenda legata alla vita e la morte del piccolo inglese. Guardando a tutti i fatti, le dichiarazioni e le incongruenze si capisce che si è trattato di un vero e proprio omicidio che segna la fine dell'umanesimo occidentale.

Vita e bioetica 15_01_2018

“In un’Europa sempre più vecchia e infeconda, ferita dagli attentati del terrorismo jihadista, incapace di affrontare una delle ondate migratorie più impressionanti e anomale, immersa in una profonda incertezza politica, la morte per eutanasia di Stato del piccolo Charlie è il segno della fine di un’epoca, e la sollevazione popolare che ha accompagnato la sua breve vita potrebbe essere l’inizio di una nuova”. Per questo Assuntina Morresi, membro del comitato nazionale per la bioetica, ha scritto “Charlie Gard. Eutanasia di Stato” (ed l’Occidentale) facendo capire la crucialità di una storia ricostruita minuziosamente dall’inizio alla fine. 

Dalla sua nascita il 4 agosto 2016, come primo figlio di Christopher Gard e di Constance Yeats, fino alla morte per volontà del Greath Ormond Street Hospital (Gosh), avvenuta il 28 luglio 2017. Charlie, ad un mese dalla nascita fu ricoverato al Gosh, dove gli fu diagnosticata una Sindrome da deflazione del dna mitocondriale, una rara malattia neurodegenerativa che finora ha colpito pochissimi bambini (la maggioranza morti nei primi anni di vita) e per cui era nutrito e ventilato con l’ausilio delle macchine. Ma a diagnosi effettuata i medici decisero che il piccolo doveva morire ucciso attraverso la sospensione della ventilazione, prima dell'imminente, a detta loro, decesso naturale. I genitori rifiutarono da subito l’eutanasia del figlio e chiesero aiuto ad una giornalista, Alison Smith-Squire.

Altri medici proposero ai Gard una terapia, ma il Gosh preferiva “staccare la spina” ad una cura non ancora sperimentata sulle persone. Eppure, secondo il medico americano Michio Hirano, il trattamento, pur avendo remote possibilità di essere efficace, andava tentato, perché l’alternativa era la morte. L'ospedale invece voleva provocarla. Tanto che sebbene i genitori fossero riusciti a raccogliere i fondi per trasferire Charlie e curarlo in America, il Gosh negò imperterrito il trasferimento portando il caso in tribunale. Da qui in poi ebbe inizio la vicenda che ha così infiammato il mondo da far intervenire la Chiesa, la politica, la scienza, fino al Papa e Trump. 

Nel libro sono raccolti tutti gli interventi più significativi, gli articoli di giornale apparsi in merito, le parole della rete e di personalità note, da quelli più tiepidi (è il caso della Conferenza e episcopale britannica) a quelli più decisi (come quello del cardinal Caffarra o del patriarcato di Mosca). Insieme si trovano tutti i comunicati del Gosh e le sentenze dei giudici che dimostrano la mentalità eugenetica sottostante le loro decisioni. 

Il libro riesce così a far comprendere la confusione anche dei credenti, ottenuta grazie al martellamento della mentalità dominante e a quello mediatico. Confusione prodotta grazie al termine “accanimento terapeutico”, usato per convincere tutti della bontà di quello che è stato un vero e proprio omicidio. Inoltre, i fatti messi tutti in fila e la mancanza di “un evento che rendesse dannosa o vana la respirazione" ("un ostacolo oggettivo sarebbe stato documentato”) dimostrano che togliere la ventilazione al piccolo fu un vero e proprio atto eutanasico. Perciò, anche rifiutando la sperimentazione mai testata sull’uomo e proibendo ad un altro ospedale di assumersi la responsabilità di tentare una cura, non si capisce perché il Gosh si sia accanito per la sospensione della ventilazione? Se Charlie doveva comunque morire, come avevano sentenziato i medici, perché non lasciare che la morte avvenisse naturalmente? 

Sono queste le domande che emergono leggendo. Mentre altri fatti dicono di un orgoglio umano evidente e di un’ostilità verso la famiglia: forse che il Gosh pensava di avere più diritti su Charlie dei suoi genitori? Perché altrimenti resistere alla domanda di far entrare un pastore a pregare nella stanza di Charlie (sia mai che accada il miracolo) e, alla fine, dopo aver vinto la battaglia legale, negare l’ultima richiesta della famiglia di portare il figlio a morire a casa con la scusa che le macchine non passavano dalla porta, quando Charlie, fa notare Morresi, era già uscito dalla sua stanza a giugno per raggiungere il giardinetto sul tetto dell’ospedale? 

Impressiona rileggere la proposta del 7 luglio fatta al Gosh dall’ospedale Bambin Gesù di Roma, che diede voce a sette esperti di malattie mitocondriali ancora convinti che Charlie dovesse non solo non essere privato della respirazione ma venire curato. Ma guardando a quanto accadde in aula, a come furono trattati i genitori dai legali del Gosh (nel libro i loro profili e le loro battaglie pro eutanasia) si capisce la violenza di un sistema che ormai agisce come se il migliore tutore dei bambini fosse lo Stato. E ripercorrendo immagini e fatti, Morresi fa emergere altre menzogne costruite dal Gosh (quella sull’impossibilità di portare Charlie a casa è dimostrata anche dalle foto in cui il piccolo viene spinto con i macchinari attaccati al passeggino nel giardino dell’hospice). 

Un caso, questo, non solo perso ma che ha già fatto mentalità (basti vedere la legge approvata in Italia a dicembre sulle Dat) confondendo le cure palliative con l’eutanasia: “La medicina palliativa non esclude ogni mezzo di sostegno vitale: l’idratazione, la nutrizione e la ventilazione…a meno che non siano fonte di effetti avversi”, ammise il palliativista Ferdinando Cancelli. Menzogne, presunzione, pressioni, che si spinsero fino a dichiarazioni come quelle del giudice Francis quando il 24 luglio affermò: “È nel migliore interesse di Charlie morire”. Parole che, dopo una battaglia straziante, portarono la famiglia a pronunciare un discorso di resa, che noi della NuovaBq non capimmo se non come il cedimento di una famiglia devastata dal dolore e dalle pressioni. 

Per questo la morte di Stato di Charlie sancisce la fine di un’epoca, quella del diritto naturale per cui la vita valeva a prescindere da tutto, e parla dell’inizio di un’altra epoca, quella in cui la vita vale solo se è produttiva e se ha qualità (Morresi analizza gli interventi di un’infermiera e una dottoressa cattoliche che dimostrano quanto questa mentalità sia entrata anche nella Chiesa).

Ma forse c’è una speranza, un seme che un giorno potrebbe far nascere un’altra epoca, un’epoca più umana, come si capisce dalle pagine lette, in cui oltre alla denuncia emerge il movimento impressionate di un popolo semplice, forse non dotto, ma almeno umanamente più intelligente degli esperti e che ha lottato per Charlie senza tregua fino a smuovere il Pontefice, i cardinali e persino membri della curia e di una Chiesa da tempo in ritirata.