Il Libano non può continuare a ospitare quasi un milione di rifugiati siriani
La Chiesa maronita nutre viva preoccupazione per la sicurezza e l’economia libanesi, compromesse dalla presenza di un numero insostenibile di rifugiati siriani
Il Libano non è più in grado di sopportare il peso dei rifugiati siriani, il loro rimpatrio deve incominciare al più presto senza attendere la completa soluzione del conflitto. È quanto hanno chiesto i vescovi maroniti libanesi al termine del loro ultimo incontro mensile svoltosi presso la sede patriarcale di Bkerké. Pur riaffermando il dovere di assistenza e di sostegno umanitario, la Chiesa maronita si è detta estremamente preoccupata per gli effetti negativi della prolungata presenza di quasi un milione di rifugiati sull’economia e sulla sicurezza dei cittadini libanesi e ha rivolto alla comunità internazionale l’esortazione a impegnarsi con più determinazione per cercare di risolvere l’emergenza. Per il loro stesso bene, hanno aggiunto i vescovi libanesi, i rifugiati devono poter tornare in Siria, “nella loro terra, nella loro patria, per preservarne i diritti e la storia”. Dopo la Turchia, il Libano è il paese al mondo che ospita più rifugiati, ma soprattutto è il primo per rapporto tra rifugiati e popolazione. In Turchia infatti, dove i rifugiati sono circa 3,4 milioni, il rapporto con gli abitanti è di uno a 23, mentre in Libano il rapporto è di uno a sei. Il 30 novembre il ministro degli esteri libanese Gebran Bassil, in visita in Vaticano, ha posto all’arcivescovo Paul Richard Gallagher, Segretario per i rapporti con gli stati, domande e chiarimenti sulla posizione vaticana in merito al possibile rimpatrio dei rifugiati siriani, illustrando i problemi che la loro presenza crea. “Il Libano sta chiedendo solo di non ostacolare il ritorno sicuro dei rifugiati che desiderano ritornare” ha sottolineato Gebran Bassil in una dichiarazione diffusa dopo l'incontro con l'Arcivescovo Gallagher.