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IL LIBRO

Il fiume della vita, per trovare un senso nell’era del Covid

Riscoprire il senso del tempo e la “grazia” della memoria e della malinconia. Imparare il silenzio e respingere le paure che, come diceva Etty Hillesum, «sono altrettante mozioni di sfiducia nei confronti di Dio». E ancora: in che cosa consiste vivere e morire? Sono i temi dell’ultimo libro - scritto prima dell’epidemia - dello psichiatra Eugenio Borgna, «Il fiume della vita»

Cultura 25_05_2020

“Si può essere medici ed essere uomini”. L’abbiamo scoperto proprio nelle tante, interminabili e terribili settimane di questa violenta epidemia, con gli ospedali al collasso e le file di camion militari che portavano le bare delle vittime verso i forni crematori; nella tragedia che ci ha travolti l’abbiamo visto con i nostri occhi. Avremo sempre nel cuore le immagini dei nostri dottori e delle nostre infermiere piegati sui malati, capaci meravigliosamente di stringere loro la mano, proprio quando si interrogavano su che cosa potessero fare per salvarli. Anche lo psichiatra Eugenio Borgna ha agito così in tutta la sua vita, rivolgendo uno sguardo, un sorriso ai suoi pazienti, scegliendo la cura dell’ascolto e della condivisione della sofferenza.

Da dove è nata questa sua umanità così ricca e profonda? Dal dialogo serrato e mai abbandonato con i geni della letteratura e con i più grandi Santi, spaziando da Leopardi a Thomas Mann, Proust, Rilke, Emily Dickinson e Virginia Woolf, fino a sant’Agostino, santa Teresa d’Avila e madre Teresa di Calcutta; e poi ancora da Cicerone a Schopenhauer, Nietzsche e Freud, Tolstoj e Dostoevskij, Guardini e Heidegger, per non parlare della giovane vittima dell’Olocausto Etty Hillesum con il suo luminoso Diario. Sono continuamente citati e scandagliati nel suo splendido ultimo libro Il fiume della vita. Una storia interiore (Feltrinelli).

Dalla ricchezza delle sue letture il grande psichiatra ha ricavato suggestioni affascinanti su temi a noi divenuti familiari in questi giorni di malinconico lockdown, in cui ci siamo attaccati ai ricordi della vita di prima, per sperare nella possibilità di un ritorno alla cosiddetta “normalità”. Molti di noi, nel tempo di confinamento forzato in casa, in una dimensione sospesa, si sono dedicati a epici riordini che ci hanno rituffato nel passato: siamo stati catturati, nostro malgrado, dal “fascino dei ricordi” di leopardiana memoria.

Le tracce del passato “sono pensieri che non dovremmo mai lasciare morire in noi, nella nostra memoria, e nel nostro cuore, e che ci invitano a fare rinascere in noi le tracce umbratili e luminose dei ricordi, di quelli dell’infanzia in particolare, che ci salvano dall’aridità e dal deserto delle emozioni che l’avanzare degli anni può trascinare con sé”, afferma sicuro Borgna. Non c’è “nulla di più alto di un buon ricordo”, dichiara Alëša ne I fratelli Karamazov. Tuffarci nel passato significa tornare a quando eravamo piccoli, al tempo della “fragilità”, che ci spingeva tuttavia a dare un senso alla vita. Raccontando i suoi primi anni, ricchi di bellezza ma pure segnati dai traumi della guerra e della solitudine, dovuti anche alla scelta coraggiosa di suo padre a favore della Resistenza, Borgna ritrova in un percorso a ritroso le radici del suo impegno nella cura della follia, “in un ascolto che non tenesse solo presente il tempo dell’orologio, il tempo della clessidra, ma il tempo interiore, il tempo vissuto, il tempo agostiniano”.

È un atteggiamento - immergersi nei ricordi - indispensabile in psichiatria, ma paradigma anche per la nostra cosiddetta normalità. Abbiamo dovuto fermarci a lungo, impotenti, per bloccare un’epidemia sconosciuta e spaventosa, ma forse dovremmo imparare davvero una nuova dimensione del tempo, come aveva preannunciato Borgna in questo libro scritto prima del Covid-19. Occorre “conoscersi per sfuggire al fascino stregato del presente, alla distrazione e alla noncuranza dell’oggi, alla banale quotidianità della vita, e recuperare il passato, che i ricordi fanno rivivere, dando un senso al trascorrere febbrile e fatale degli anni”. Forse meditando su quest’ultimo, drammatico periodo - per chi non si è lasciato divorare dalla potenza anestetizzante di tutti i nostri schermi luminosi - abbiamo percepito finalmente “la malinconia come ombra, che ci accompagna, nella quale si riflettono le profondità nascoste e le contraddizioni dell’esistenza, ma anche la sua bellezza e la sua grazia”. Le riflessioni sulla malinconia sono tra le più belle del libro.

MALINCONIA

La malinconia è uno stato d’animo, “nostalgia dell’infinito”, come l’ha magistralmente definita Romano Guardini, che vede in questo sentimento, che tutti noi abbiamo provato, una fonte di immaginazione creatrice, anche se talvolta sconfina nella depressione. È “un’espressione mite, e non patologica, di un dolore dell’anima che fa parte della vita. La tristezza ci allontana dal banale ritmo quotidiano delle cose, facendoci rientrare negli abissi della nostra interiorità, nel silenzio delle nostre ferite, nella fatica di essere noi stessi, ma facendoci recuperare inesauribili dimensioni della meditazione sul senso della vita, e sul senso delle relazioni che ci legano agli altri”. Quanto ci aiutano queste riflessioni nel tempo della “ripartenza”, quando con guanti e mascherine dobbiamo scegliere come e con chi riprendere le nostre relazioni sociali!

SILENZIO

Ci è chiesto di imparare anche il silenzio, “che lascia intravedere ombre di oscurità e di mistero, di fascinazione e di sfida, di disperazione e di salvezza, che dovremmo saper ascoltare”. Occorre però tener presente che anche il silenzio ha un suo linguaggio, come ha potuto imparare per esperienza il clinico Borgna nei suoi innumerevoli incontri con la sofferenza dei malati psichici. “Nel silenzio si ascoltano talora voci segrete che giungono da un altrove misterioso, voci dell’anima, che sgorgano dalla più profonda interiorità e che ridestano risonanze emozionali ricolme di vita”.

MEMORIA

Potremo così entrare nella dimensione della memoria, il mondo dei tanti anziani che la tremenda pandemia ci ha portato via, ma che appartiene a tutti noi perché “alla fine tu sei quello che hai pensato, amato, compiuto. Tu sei quello che ricordi”. È necessario far riemergere dalla memoria il passato che vive in noi, “se non vogliamo che la nostra vita non si perda nel deserto dell’oblio che ci nasconde tesori insostituibili di esperienze della nostra infanzia e della nostra adolescenza”.

PAURA

Con lungimirante coraggio Borgna indaga anche altre tematiche di grande attualità e per noi oggi tanto più significative nell’epoca del coronavirus: la paura e la morte, o meglio il morire. La paura oggi può diventare fenomeno sociale e spinge a rinchiudersi, a non voler più uscire - visto che il confinamento sembra così protettivo - e il rischio può diventare “il ripiegarsi in se stessi, l’allontanarsi dalle relazioni con le persone, e con il mondo della vita, naufragando in una solitudine che sconfina talora nel gorgo dell’individualismo, del rifiuto dell’altro, dell’indifferenza ai valori della solidarietà”. Queste parole il grande psichiatra le ha scritte appunto prima dell’emergenza che ci ha travolti.

Ma le paure che non mettono in gioco la nostra vita dovremmo saperle rimuovere, o almeno allontanare dalla coscienza perché, come diceva coraggiosamente Etty Hillesum, “si devono fare le cose che devono essere fatte e per il resto non ci si deve lasciar contagiare dalle innumerevoli paure e preoccupazioni meschine, che sono altrettante mozioni di sfiducia nei confronti di Dio”.

IL SENSO DEL VIVERE E MORIRE

Le pagine finali del libro sono dedicate al “morire” più che alla “morte”, perché “morire è ancora vivere” e perciò il senso del vivere e del morire sono strettamente intrecciati. Rainer Maria Rilke nella lettera a un’amica veneziana diceva che “la vita è intessuta di morte: la morte di cui sentiamo l’impetuosa presenza in ogni cambiamento al quale sopravviviamo - perché bisogna morire lentamente. Bisogna imparare a morire: ecco in che consiste vivere”.

Sono parole vertiginose quelle che Borgna cita e fa sue, ma la cui verità oggi abbiamo bisogno di ritrovare per aprirci alla vera speranza, accogliendo con serenità e compassione anche la scomparsa di tanti nostri cari.