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Emigranti

Il COVID-19 rende ancora più difficile vita dei lavoratori stranieri in Libano

Una domestica filippina si è suicidata in un centro di accoglienza allestito dall’ambasciata del suo paese, forse vittima del sistema di assunzione “kafala” che priva gli emigranti di ogni tutela

Migrazioni 31_05_2020

Il 23 maggio una donna filippina emigrata in Libano si è suicidata gettandosi dalla finestra della camera che divideva dal giorno prima con altre donne, in un centro di accoglienza allestito nell’ambasciata delle Filippine a Beirut per assistere i connazionali emigrati in difficoltà. Il servizio, che attualmente ospita 26 persone, offre vitto e alloggio gratuiti e assistenza per l’espletamento delle operazioni di rimpatrio per chi ne fa richiesta. Il ministero degli esteri libanese, dopo un controllo, ha dichiarato che la struttura è inadeguata e ha chiesto alla rappresentanza diplomatica filippina di provvedere affinché  sia dotata dei “requisiti minimi per l’esercizio fisico quotidiano all’aria aperta” e di garantire agli ospiti sostegno psicologico. Difficilmente però è l’accoglienza nel centro il motivo che h indotto al suicidio la donna filippina che in Libano svolgeva il lavoro di domestica. Piuttosto è possibile che la poveretta portasse con sé una disperazione maturata per le condizioni estremamente difficili in cui gli stranieri sono spesso costretti a lavorare. In Libano gli emigranti, per lo più donne, sono oltre 250.000. In gran parte provengono da Etiopia, Filippine e Sri Lanka. Le loro condizioni di lavoro sono stabilite da un sistema detto “kafala” che fa dipendere la permanenza legale di un emigrante dal contratto siglato con il datore di lavoro impedendogli di cambiare attività senza il permesso di quest’ultimo e costringendolo ad accettare condizioni di sfruttamento senza osare protestare e senza potervisi sottrarre, pena la perdita del permesso di soggiorno, l’arresto e l’espulsione dal paese. Dei datori di lavoro approfittano del potere di cui dispongono senza che nessuno intervenga a impedirlo: bassi stipendi, lunghi orari di lavoro senza permessi, abusi fisici e psicologici. L’emergenza COVID-19 ha aumentato i problemi degli immigrati: i salari diminuiscono, vengono pagati in valuta locale iper svalutata, c’è chi perde il lavoro. Decine di emigranti vengono licenziati, leggermente gettati per strada dai datori di lavoro. Per questo di recente sono aumentati i suicidi.