Il convento dove Leonardo dipinse l’Ultima Cena
Dal 1459 una comunità sempre crescente di frati domenicani predicatori vive nel convento di Santa Maria delle Grazie a Milano. Su una parete del refettorio del convento Leonardo da Vinci dipinse la sua celebre Ultima Cena che con la chiesa delle Grazie rientra nell’elenco Unesco dei beni Patrimonio dell’Umanità.
L’ordine dei frati predicatori domenicani fu fondato quasi otto secoli fa dallo spagnolo Domenico di Guzman, con lo scopo di combattere, attraverso l’esempio di una vita di preghiera e povertà, il catarismo, una delle più diffuse eresie medievali. La Chiesa lo proclamò santo nel 1234. Dal 1459 una comunità sempre crescente di frati predicatori, seguendo il suo carisma, vive nel convento di Santa Maria delle Grazie a Milano.
Il terreno su cui sorse l’intero complesso fu donato ai religiosi dal conte Gaspare Vimercati, capitano delle truppe sforzesche. In quest’area, allora immersa nel verde, esisteva solo una piccola cappella che custodiva l’immagine della Madonna delle Grazie, col manto azzurro spalancato: questo ambiente, le cui volte sono per metà ricoperte dall’affresco quattrocentesco di un Padre Eterno e per metà da stucchi decisamente più tardi, è, ancora oggi, il cuore dell’intera costruzione.
Nel 1463 l’architetto Guiniforte Solari, ingegnere capo, in quegli stessi anni, dell’erigenda cattedrale milanese, pose la prima pietra. La basilica solariana, da subito concepita come espressione della tradizione gotica lombarda, fu conclusa entro il ventennio successivo. La facciata, in cotto, è a capanna, ripartita da contrafforti. Il portale centrale, in marmo di Candoglia e di gusto classico, si deve, probabilmente, invece, ad una prima committenza di Ludovico il Moro, signore di Milano, che aveva nel frattempo scelto la chiesa quale potenziale futuro mausoleo per sé e la sua famiglia. Fu lui ad assoldare l’architetto urbinate Donato Bramante per affidargli, a questo scopo, il completo rifacimento dell’abside delle Grazie, trasformata nell’odierna monumentale tribuna. Era il 1492.
Le proporzioni tra le tre navate definiscono un impianto a sala, funzionale al compito peculiare dell’ordine domenicano: la predicazione. Le volte e le pareti sono rivestite di motivi colorati, tra i quali ricorre la ruota raggiante, simbolo risalente alla casata dei Visconti. Da nicchie e oculi sui pilastri delle navate laterali e sulle lunette della navata centrale si affacciano figure e busti di santi e beati domenicani prospetticamente scorciati.
Il corpo basilicale confluisce nella tribuna bramantesca, dove l’ordine architettonico diventa gigante, imponente, geometrico e il quadrato di base è sormontato da una grandiosa cupola scalfita da decorazioni graffite. E graffite sono anche le immagini dei Dottori della Chiesa che spuntano dai pennacchi tra gli arconi. Dal corpo centrale si aprono due absidi semicircolari e il coro, un altro cubo ricoperto da volta ad ombrello.
Fin dalla sua nascita la chiesa di Santa Maria delle Grazie e il suo cenobio divennero punto di riferimento per tutti i milanesi che alla Vergine accorrevano e accorrono per implorare il Suo soccorso. Nel passato le famiglie più ricche fecero a gara per patrocinare le cappelle laterali, alcune delle quali vennero poi pesantemente danneggiate durante i bombardamenti della seconda Grande Guerra.
Su una parete del refettorio del convento Leonardo da Vinci dipinse la sua celeberrima Ultima Cena che con la chiesa delle Grazie rientra nell’elenco dei beni Patrimonio dell’Umanità stilato dall’Unesco.