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Il Consiglio di Sicurezza, i seggi per l’Africa e i suoi guai

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Si va verso la concessione di un seggio permanente, o forse due, all’Africa nel Consiglio di Sicurezza dell’Onu. Ma dal continente nero giungono nuovi allarmi legati a guerre, disordini e corruzione, dal Sudan del Sud allo Zimbabwe.

Attualità 16_09_2024
Riunione Consiglio di Sicurezza, 29/08/2024 (Ap via LaPresse)

L’Africa avrà un seggio permanente nel Consiglio di Sicurezza, forse due. Il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, il 12 agosto, sollecitato dal presidente della Sierra Leone, Julius Maada Bio, aveva detto che l’Africa deve assolutamente avere un membro permanente. Il 12 settembre l’ambasciatore Usa all’Onu, Linda Thomas-Greenfield, ha annunciato che gli Stati Uniti intendono chiederne due.

È una questione morale, dice chi sostiene le proposte: «L'Africa deve poter far sentire la sua voce», «il mondo deve rispondere alle sue richieste di equità e giustizia», ed «è anche un imperativo strategico che può aumentare l'accettazione globale delle decisioni del Consiglio, a vantaggio dell'Africa e del mondo». «Non possiamo accettare – ha dichiarato Guterres – che il principale organismo mondiale per la pace e la sicurezza non abbia una voce permanente per un continente di oltre un miliardo di persone, né possiamo accettare che le opinioni dell’Africa siano sottovalutate sulle questioni di pace e sicurezza sia nel continente che nel resto del mondo»

Sarebbe interessante conoscere l’opinione di quegli oltre mille milioni di africani (per l’esattezza, circa 1,5 miliardi) dei quali si vuole far sentire la voce, sapere se è questo che vogliono, se ritengono che il loro bisogno di tutele, di giustizia ed equità sarebbe meglio soddisfatto con un Consiglio di Sicurezza in cui ci fossero uno o due membri permanenti e, come chiede da tempo l’Unione Africana, gli attuali tre non permanenti salissero a cinque. Sarebbe interessante perché proprio in questi giorni dall’Africa continuano ad arrivare pessime, allarmanti notizie.

Il presidente del Sudan del Sud, Salva Kiir, ha deciso di rimandare le elezioni ancora di due anni, lo ha reso noto il 14 settembre. Dall’indipendenza nel 2011, il paese non è mai andato al voto e dal 2013 è stato devastato da una guerra tra le due maggiori etnie, i Dinka e i Nuer, per il controllo dello stato e delle sue immense riserve di petrolio. Confina con il Sudan, di cui faceva parte, che è in guerra dall’aprile del 2023 e dove a causa del conflitto è in corso la peggiore crisi umanitaria a livello mondiale. Ai colloqui di pace organizzati un mese fa dagli Stati Uniti i contendenti neanche si sono presentati e il 7 settembre è stata rifiutata l’offerta di inviare dei peacekeeper internazionali. C’è tensione anche nei paesi vicini, tra Somalia, Etiopia ed Egitto. Quest’ultimo sta organizzando l’invio di 10.000 militari in aiuto al governo somalo. L’Etiopia ha bloccato con i suoi soldati alcuni aeroporti in territorio somalo per impedirne l’arrivo che considera una minaccia.

Notizie di fatti ancora peggiori riguardano altri paesi, due in particolare, risultato di incuria, corruzione, totale indifferenza delle autorità al bene comune. Nella notte tra l’1 e il 2 settembre nel carcere di Makala, nella Repubblica democratica del Congo, c’è stato un tentativo di evasione. Il carcere di Makala è stato costruito per ricevere 1.500 prigionieri, ma ne ospita dieci volte di più, circa 15.000, in condizioni, com’è facile immaginare, terrificanti per fatiscenza delle infrastrutture, condizioni igienico-sanitarie, vitto insufficiente e malsano, violenza e promiscuità tra i detenuti. La conseguenza è che ogni giorno muore qualcuno di stenti, malattie non curate, aggressioni. Vi sono reclusi criminali, autori di reati minori, oppositori politici, giornalisti colpevoli di aver mosso critiche al governo, persone in attesa di giudizio di entrambi i sessi. Per impedire l’evasione la polizia ha sparato ad altezza d’uomo. Molti carcerati sono deceduti per colpi di arma da fuoco, altri sono morti soffocati nei settori dati alle fiamme, altri ancora calpestati. In tutto il bilancio è di 129 morti e almeno 59 feriti. Ma non basta. Dopo che l’ordine è stato ristabilito, si è scoperto che più di 260 carcerate sono state violentate mentre la situazione era fuori controllo, in realtà molte di più dal momento che diverse donne non intendono denunciare lo stupro subito per paura di ritorsioni. Sotto anonimato per motivi di sicurezza sono anche le testimonianze rese: «I prigionieri hanno attaccato il blocco in cui sono rinchiuse la maggior parte delle donne, li ho visti lanciarsi su di loro, è stato orribile – ha raccontato una detenuta – sono state aggredite anche delle donne anziane».

L’altra notizia riguarda lo Zimbabwe, dove il governo ha appena annunciato che abbatterà 200 elefanti per ovviare alla fame dovuta alla siccità, emergenza contro la quale a luglio aveva ottenuto aiuti alimentari dai donatori internazionali e dall’Unione Africana. La crescente scarsità di cibo colpisce già sei milioni di persone, su un totale di 16 milioni. Che gli abitanti dello Zimbabwe si siano ridotti a mendicare cibo e a uccidere centinaia di elefanti per sfamarsi è un fatto che solo 30 anni fa sarebbe apparso impensabile. Fino alla fine del secolo scorso il paese era considerato il “granaio dell’Africa” ed era uno dei maggiori produttori di tabacco del mondo. Poi nel 1999 il presidente Robert Mugabe ha dato attuazione a una legge che prevedeva l’esproprio delle grandi fattorie per lo più possedute dalla popolazione bianca. Nel volgere di pochi anni le terre mal coltivate o inselvatichite hanno smesso di produrre e il paese è sprofondato nella povertà. La siccità può aggravare la situazione generale, ma la produzione agricola è crollata allora. Per fare un esempio, negli anni Novanta del secolo scorso la produzione di farina era di 325.000 tonnellate e negli anni scorsi, prima della siccità, era scesa a 20.000 tonnellate. La nazionalizzazione di tutte le miniere di diamanti nel 2016 ha ulteriormente peggiorato la crisi economica perché ha messo nelle mani di una società statale, e quindi esposta alla corruzione incontrollata, le riserve di diamanti del paese, tra le più grandi del mondo. Dopo una dittatura durata 40 anni, Mugabe è stato destituito con un golpe bianco. Emmerson Mnangagwa, l’uomo che ha preso il suo posto nel 2017 promettendo l’inizio di una nuova era, per la sua astuzia politica ha meritato il soprannome di “Coccodrillo”.



ONU

Un seggio per "l'Africa" nel Consiglio di Sicurezza non ha senso

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Il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite riflette gli equilibri internazionali del 1945. Guterres propone di ammettere due seggi permanenti "per l'Africa". Proposta che non è realizzabile.