Il cardinale, don Abbondio e il santo Curato d’Ars
Nel colloquio con don Abbondio, il cardinale Borromeo fa riflettere il parroco sul ministero sacerdotale. Quando Manzoni scrive queste pagine, in una piccola località francese splende la stella di san Giovanni Maria Vianney.
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Nel colloquio con il cardinale Federigo Borromeo, don Abbondio si sente come un pulcino tra gli artigli di un falco. In imbarazzo, lui che è sempre stato loquace, non ha parole. Lo stesso narratore sente una sorta di ripugnanza a proseguire, «un non so che di strano in questo mettere in campo, con così poca fatica, tanti bei precetti di fortezza e di carità». Il narratore sembra quasi prendere le difese del curato e per questo si fermerebbe, ma prosegue «pensando che quelle cose erano dette da uno che poi le faceva».
Nel dialogo emerge tutta l’umanità di un uomo che comprende bene la distanza tra la realtà e l’ideale. Il cardinale fa riflettere il parroco sul ministero sacerdotale: Manzoni scrive queste pagine proprio quando ad Ars un povero curato profonde tutta la sua fatica per i parrocchiani nell’amore per Cristo.
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