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MISSIONE DI PACE

Il cardinal Zuppi in Cina. Dove la libertà di religione non progredisce

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Il cardinale Zuppi, presidente della Cei, inizia la missione in Cina per la pace in Ucraina. È anche un segnale di distensione fra Santa Sede e Repubblica Popolare, dove però la libertà di religione fa passi indietro. 

Libertà religiosa 13_09_2023
Cardinal Matteo Zuppi

Il cardinal Matteo Zuppi, presidente della Cei, inizia oggi la missione della Santa Sede in Cina per la pace in Ucraina. Anche se Pechino non conferma, il cardinale dovrebbe incontrare il premier cinese Li Qiang. Sarebbe un evento storico: il primo incontro fra un capo di governo cinese e un alto esponente della gerarchia della Chiesa Cattolica dal 1951, da quando si sono interrotti i rapporti diplomatici fra la Santa Sede e la Repubblica Popolare Cinese. Questo sarebbe anche un segnale positivo nel processo di avvicinamento fra il Vaticano e la Cina, iniziato cinque anni fa con gli accordi segreti. La situazione per i cattolici in Cina, tuttavia, registra anche notevoli peggioramenti.

“Serve l’impegno di tutti – ha dichiarato a Tv2000 il cardinal Zuppi, sulla missione di pace - in particolare di quelli che hanno un’importanza maggiore come la Cina. La pace richiede lo sforzo di tutti, non è mai qualcosa che può essere imposta da qualcuno”. A chi rimprovera alla diplomazia vaticana mancanza di risultati, ribadisce un concetto espresso più volte anche da papa Francesco: “I tempi notoriamente sono eterni, i tempi della Santa Sede e i tempi della Cina sono notoriamente molto lunghi”. Questa frase può valere sia per la diplomazia sulla guerra in Ucraina, sia, soprattutto, sul progredire lentissimo dei rapporti fra Cina e Vaticano. Papa Francesco ha di nuovo teso la mano al governo di Pechino nel corso del viaggio apostolico in Mongolia. Ha invitato i cattolici cinesi ad essere anche “bravi cittadini”. Le risposte da parte del governo comunista, però non sono sempre lineari.

Un segnale di distensione lo dà la visita di quattro vescovi cinesi in Belgio e in Francia, proprio alla vigilia del viaggio del cardinal Zuppi. Giuseppe Guo Gincai di Chengde e Liu Xinghong di Anhui sono due dei vescovi a cui papa Francesco aveva ritirato la scomunica a seguito dell’accordo segreto del 2018. Paolo Pei Junmin era stato ordinato vescovo nel 2006, con l’approvazione di Benedetto XVI. Infine Francesco Cui Qingqi di Wuhan, l’ultimo vescovo nominato secondo l’Accordo tra il governo cinese e la Santa Sede. Sono stati invitati dal cardinale Jozef De Kesel, arcivescovo emerito di Malines-Bruxelles presso la Fondazione Verbiest di Lovanio, il centro studi dei missionari di Scheut che da oltre 40 anni promuove iniziative di scambio con la Chiesa in Cina.

Un segnale di continua tensione è invece la notizia diffusa dall’agenzia Asia News della condanna di un giovane sacerdote cinese che non ha voluto aderire all’Associazione Patriottica, l’organizzazione cattolica ufficiale inquadrata nel Partito Comunista. Il sacerdote, Yang Xiaoming (nome cristiano Giuseppe), classe 1989, viene condannato come un “truffatore” perché si rifiuta di registrarsi agli organismi ufficiali.

Era stato ordinato sacerdote il 18 dicembre 2020 da monsignor Pietro Shao Zhuming, vescovo “sotterraneo” della diocesi di Wenzhou, a sua volta arrestato in più occasioni, per il rifiuto ad aderire all’Associazione Patriottica. La procedura legale contro don Yang Xiaoming era stata avviata nel 2021, su iniziativa dell’Ufficio per gli affari religiosi del suo distretto, Longwan, nella provincia dello Zhejiang. Un tribunale lo ha ora condannato in quanto colpevole di “condurre attività religiose con l'inganno o ottenere denaro con l'inganno, sotto l'apparenza di un chierico religioso”. La pena prevista è il divieto di “esercitare le sue attività” di sacerdote e il pagamento di una multa salatissima, che include il risarcimento di presunti “proventi illeciti”. Il giovane sacerdote ha diritto di ricorrere in appello e vi ricorrerà, perché ritiene che la sentenza sia una violazione del diritto canonico, oltre che dei principi di libertà di religione che la stessa costituzione cinese garantirebbe.

Ma tutte le questioni religiose, dal 1° settembre sono regolate anche da una nuova legge secondo cui i luoghi di culto, incluse le chiese cattoliche, devono diventare (di fatto) dei centri di propaganda comunista. La nuova normativa include disposizioni più severe per l’inclusione di contenuti propagandistici nei sermoni e per la creazione di gruppi di studio dei documenti del PCC in tutti i luoghi di culto. È inoltre specificato che “è vietato costruire grandi statue religiose all'aperto al di fuori di templi e chiese”, e il divieto si applica anche a privati cittadini o donatori.

Insomma, per assistere a qualche cambiamento in meglio occorre attendere. Come dice il cardinal Zuppi, “i tempi della Santa Sede e i tempi della Cina sono notoriamente molto lunghi”, soprattutto se ad ogni passo avanti, la Cina comunista fa due passi indietro.