Il Campiello della speranza batte lo Strega gender fluid
Nel 2022 i due maggiori premi letterari italiani sono stati assegnati a due romanzi agli antipodi. Quello vincitore dello Strega (Spatriati) compiace le ideologie dominanti nella società fluida, mentre il libro del giovane trionfatore del Campiello (I miei stupidi intenti) sorprende per la speranza che infonde.
Potrebbe apparire come una favola ecologista, perché la storia è ambientata nel bosco e i protagonisti sono gli animali. Ma sono animali che parlano, cucinano, stanno seduti sulle sedie, si scaldano al fuoco. Insomma, sono umanizzati. E soprattutto alcuni di loro si pongono delle domande. È questo l’universo affascinante creato dall’esordiente Bernardo Zannoni, che in questo 2022 ha inaspettatamente vinto, a 27 anni, il Premio Campiello con I miei stupidi intenti (Sellerio). Il verdetto dei letterati, con la scelta dei finalisti, lo aveva collocato solo al quarto posto; è stata la giuria dei lettori a decretarne la vittoria, confermata poi dal successo nelle vendite. Di tutt’altro tenore il romanzo Spatriati (Einaudi) di Mario Desiati, vincitore del Premio Strega, che racconta la storia travagliata di due ragazzi irregolari e sradicati: vuol essere trasgressivo ma in realtà, con la pretesa di scandalizzare a tutti i costi (scene omosex e sadomaso à gogo), è solo volgare, grossolano. Osannato dalla critica politically correct, in realtà non è affatto una prova narrativa meritevole di un premio.
La protagonista del romanzo di Zannoni è Archy, una faina zoppa, che impara a leggere e a scrivere, scopre il tempo, la morte e persino Dio. La madre, che da sola deve provvedere a una nidiata di figli che non riesce a nutrire, vende questa debole creatura per una gallina e mezza a Solomon, una volpe usuraia crudele, ma dotata di una sua saggezza, perché su una Bibbia ha scoperto il concetto di morte e il pensiero del Creatore. Solomon sta scrivendo la sua storia, la sua autobiografia, dato che, come ha affermato lo stesso autore in un’intervista, «la tematica della scrittura e della lettura è quella che si accompagna alla conoscenza della morte e di Dio». Il giovane scrittore sostiene che «prendere atto del fatto che la tua vita è mortale, che finirà, è un trauma tremendo. Dio è una risposta che ha la funzione di rassicurare con una speranza di salvezz». È davvero una bella esperienza leggere le limpide e scorrevoli pagine di un autore così giovane, che ci riporta ad altezze degne della vita dell’uomo facendo parlare delle bestie.
Quello della faina è un percorso di formazione. Partendo dalla necessità, dall’istinto, cresce e acquisisce una coscienza, scopre il timore della morte e la presenza di Dio. Non è certo così per tutti gli animali, come neppure per tutti gli uomini. Infatti gli animali antropomorfizzati di Zannoni ci fanno riflettere sui nostri atteggiamenti e le nostre scelte. Passare dall’istinto alla ragione è un cammino lungo e ci vuole un maestro. Quello che Solomon, volpe furba, dispettosa e violenta è per la faina. Perché Solomon ha un segreto: possiede il libro che contiene la Parola che spiega il senso delle cose. Conduce così Archy a comprendere l’esistenza del tempo, ben più complesso del normale scorrere delle stagioni, aprendole nuove prospettive al di là del semplice presente in cui è immerso ogni animale nella spietata lotta per la sopravvivenza. Si tratta di un sapere segreto, che a sua volta Archy dovrà trasmettere, perché ha raggiunto la consapevolezza della presenza di un destino, che apre alla comprensione del mondo.
La faina zoppa diventerà a sua volta, perciò, scrittore. Confessa: «Più scrivo, più l’ossessione della morte si fa leggera». Quella della scrittura è una verità destinata a durare nel tempo, questo è il suo potere. Leggere e scrivere sono dunque una strada per diventare veri uomini, capaci di cercare il senso delle cose. Ce lo dice un giovane che non si aspettava affatto di vincere un premio, ma che confessa di divertirsi molto a scrivere in prosa. E immaginiamo che abbia alle sue spalle una serie di letture non banali. Ci conforta un ragazzo così, che ci propone una storia da leggere tutta di un fiato, con qualcosa in sospeso nel finale, ma sicuramente aperta a nuove promesse. Anche perché quelli di Zannone non sono affatto “stupidi intenti”…
Ben diverso è il romanzo firmato da Mario Desiati, vincitore “annunciato” del premio Strega. In Spatriati (Einaudi), prevalgono infatti la perdita delle radici e della propria identità. È una storia di smarrimento di sé, di inesorabile corruzione, a tratti molto volgare, in cui nessuno dei due protagonisti cresce veramente. Se il racconto è lo specchio del mondo in cui viviamo, c’è solo da rattristarsi, quando non rimanere sgomenti. Ecco, questo tipo di scrittura, ancorché ricca di riferimenti culturali, ma sicuramente nel suo complesso urticante, malgrado qualche slancio lirico, non aiuta in alcun modo a vivere, confonde, angoscia. È in questo caso il frutto di una generazione di quarantenni fluida, incerta e preda perenne delle sue inquietudini. La Puglia in cui è ambientata la vicenda, terra d’origine amata e odiata, ne esce davvero malconcia. Ma forse, per riconoscere la realtà tormentata, ingannata e ingannatrice di tante famiglie e di molti paesi di provincia del nostro Paese, non serve un romanzo, bastano le tristi cronache dei nostri tempi.
La letteratura, come ci mostra Zannoni con il suo umile I miei stupidi intenti, ha forse un compito ineliminabile: non farci perdere la speranza sul destino dell’uomo. Abbiamo bisogno di vita eterna, che non è solo quella dopo la morte, ma anche quella “traboccante di senso” che per esempio ci può offrire un libro capace di uno sguardo vero sull’essere umano. Anche se è rappresentato da un animale, come in una favola. Il percorso di Archy, una semplice faina e per di più zoppa, da questo punto di vista è un bell’esempio di letteratura. Vale la pena perciò gustare la sua storia e sperare nei giovanissimi scrittori che hanno qualcosa da dire e non si fermano alla celebrazione di quelle mode dominanti che hanno come unico esito la distruzione dell’umano.