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Il beato Álvaro del Portillo, l’ingegnere di Dio

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Il 23 marzo 1994 moriva a Roma il beato Álvaro del Portillo Diez de Sollano, successore di san Josemaría Escrivá alla guida dell’Opus Dei. Il ritratto. 

Ecclesia 23_03_2024

Il 23 marzo 1994 moriva a Roma il beato Álvaro del Portillo Diez de Sollano, successore di san Josemaría Escrivá alla guida dell’Opus Dei. Vi è una foto molto significativa della sua camera ardente allestita nella chiesa prelatizia di Santa Maria della Pace a Roma: il corpo del beato è steso a terra, appoggiato sopra un semplice tappeto; san Giovanni Paolo II è in ginocchio davanti a lui. Un’immagine che vede ritratti due colossi della fede, della Chiesa: il papa polacco, a mani giunte, è in preghiera; il corpo di Álvaro de Portillo è circondato da pochi fiori, in segno della sua umiltà, essenzialità. Da questa immagine, da quel 23 marzo, sono trascorsi 30 anni, ma la figura del beato spagnolo è quanto mai preziosa per il nostro presente.

«Era una persona con due caratteristiche speciali: un gran buon umore e un carattere ottimista e positivo. Ha rappresentato la continuità più fedele al fondatore dell’Opus Dei. Dietro di sé ha lasciato una traccia incancellabile, tipica degli uomini di Dio che compiono silenziosamente una missione per il bene delle anime», così Joaquín Navarro Valls lo ricordava in un articolo comparso nella rivista Mundo Cristiano, nell’aprile 1994, in numero speciale dedicato alla figura del beato. Quella di Álvaro de Portillo è stata una vita dedicata interamente a Dio, condotta – appunto – nel silenzio della missione. Una vita rivolta al Signore, senza riserve. In lui, la forza dell’evangelizzazione unita alla profondità della conoscenza della Parola.

Nato a Madrid l’11 marzo 1914, terzo di otto figli, dopo il diploma nella scuola Nuestra Señora del Pilar di Madrid, si iscrive alla Scuola di Ingegneria civile, che terminerà nel 1941. Intanto mentre studia, inizierà a lavorare di pomeriggio alla Direzione generale delle opere idrauliche del bacino idrografico del Tago, nella sezione ponti e fondazioni: un modo per percepire un piccolo stipendio per aiutare economicamente la nutrita famiglia. Prima dell’incontro con l’Opus Dei che avverrà nel 1935 vi è però un antefatto, un episodio assai prezioso: le sue zie, Carmen e Pilar del Portillo, all’inizio degli anni trenta collaboravano alle opere di beneficenza promosse dalle Dame Apostoliche del Sacro Cuore che facevano servizio nelle periferie di Madrid.

Le zie, all’epoca, cominciavano a conoscere la fama di don Josemaría Escrivá. Vollero, allora, incontrarlo di persona e gli parlarono del nipote: il sacerdote  cominciò a pregare per lui, senza ancora conoscerlo.  Solo nel 1935, avvenne l’incontro di persona: nel corso di una delle visite nei quartieri poveri che Álvaro faceva con alcuni suoi amici, sentì uno di questi parlare con entusiasmo di un giovane sacerdote. 

Era proprio don Josemaría. Álvaro chiese a Manuel Pérez Sánchez, un suo amico, di presentarglielo. Sarà quello l’inizio di un lungo sodalizio, di una comunione spirituale e apostolica che segnerà la vita dell’Opus Dei.

Si può dire che fu un incontro del tutto personale quello con l’istituzione religiosa fondata da san Josemaría Escrivá tanto da ricevere direttamente dal fondatore la formazione per il cammino nell’Opus Dei. Nel beato spagnolo, Escrivá vedrà un importante aiuto per la sua Opera. Glielo scriverà il 23 marzo 1939 in una lettera a lui indirizzata: «Gesù mi ti protegga, Saxum. E davvero lo sei. Vedo che il Signore ti presta fortezza, e rende effettiva la mia parola: saxum! Siigli grato e sii fedele». Saxum, un sasso: questa metafora ci dice molto della personalità e della spiritualità del beato.

Il cammino intrapreso con san Escrivá lo porterà all’ordinazione sacerdotale il 25 giugno 1944. Due anni dopo, avverrà il suo trasferimento da Madrid a Roma, nel 1946: è l’inizio di un altro nuovo percorso. Il periodo tra il 1947 e il 1950 è uno dei più proficui per la biografia del beato: contribuirà, infatti, all’espansione apostolica dell’Opus Dei. Da Roma, l’istituzione religiosa arriva a Milano, per poi giungere a Napoli, Palermo e in altre città italiane. Il 1948 è l’anno della fondazione da parte dell’Opus Dei del Collegio Romano della Santa Croce, centro internazionale di formazione.           

Don Álvaro sarà il primo rettore di questa istituzione: incarico che ricoprirà fino al 1954. Parteciperà attivamente, con diversi incarichi, al Concilio Vaticano II. Una volta terminato, san Paolo VI lo nominerà, nel 1966, consultore della Commissione postconciliare sui Vescovi e il governo delle diocesi (1966). 15 settembre 1975, data cruciale per la sua biografia: nel congresso generale convocato dopo la morte del fondatore dell’Opus Dei, Álvaro del Portillo verrà eletto suo successore a capo dell’istituzione religiosa. E, il 28 novembre 1982, quando san Giovanni Paolo II farà dell’Opus Dei Prelatura personale, lo nominerà Prelato della nuova prelatura che sotto la sua guida espanderà la sua attività in 20 nuovi paesi.

L’Eucaristia, la famiglia, l’importanza del servizio dei laici alla Chiesa: questi sono i pilastri della sua spiritualità e del suo impegno apostolico. Riguardo al tema della famiglia, così tanto caro al fondatore san Escrivá, scriverà: «Ma com’è possibile imparare ad amare e a donarsi generosamente? Niente muove tanto ad amare, diceva san Tommaso, quanto il sapersi amati. Ed è proprio la famiglia – comunione di persone dove regna l’amore gratuito, disinteressato e generoso – il luogo dove si impara ad amare». Ed ancora, sempre in merito al tema: «La famiglia (...) scuola di amore: a patto, però, che sappia conservare la propria identità, e cioè una comunità stabile di amore fra un uomo e una donna, fondata sul matrimonio e aperta alla vita. Quando vengono meno l’amore, la fedeltà o la generosità verso i figli, la famiglia si sfigura. E le conseguenze non si fanno attendere: per gli adulti, la solitudine; per i figli, l’abbandono; e per tutti, la vita diventa un territorio inospitale». Parole che risuonano forti nel nostro presente. E in merito all’Eucarestia: «Dio è infinitamente potente, infinitamente bello. Non possiamo neppure immaginarcelo. La musica più dolce, la sinfonia più meravigliosa, i colori più incredibilmente magnifici, tutto il mondo, l’intero universo è niente al suo confronto. E questo Dio infinitamente grande, infinitamente potente, infinitamente bello, si nasconde sotto l’apparenza del pane per metterci in condizione di avvicinarci a Lui con fiducia».