I vescovi europei invertono la rotta ed eleggono Crociata
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Scaduto il mandato del card. Hollerich, alla guida della Commissione degli episcopati dell'Ue è stato eletto il vescovo di Latina, già segretario della Cei e poi finito in ombra dal 2013. Una rivincita dell'episcopato italiano a cui Francesco non ha risparmiato rimproveri perché troppo poco "sinodale".
«Ringrazio il neo-presidente e gli auguro ogni bene per il suo servizio. Al cardinale Hollerich va la mia sentita riconoscenza: lui mai si ferma, mai si ferma!». Queste le prime parole con cui Francesco ieri ha accolto i partecipanti all'Assemblea Plenaria della Commissione degli Episcopati dell'Unione Europea nella Sala del Concistoro.
Dal Papa è arrivato un plauso non formale al presidente uscente, l'arcivescovo di Lussemburgo divenuto in questi anni uno degli uomini più importanti della gerarchia ecclesiastica al punto da guadagnare prima la porpora, poi la nomina a relatore generale dell'atteso Sinodo sulla sinodalità e poi l'ingresso nel C9 che aiuta il Pontefice nel governo della Chiesa universale.
La Commissione degli episcopati della Comunità europea, composta dai vescovi rappresentanti di ciascun episcopato dei Paesi membri dell'Ue, è stata in questi anni il trampolino di lancio per l'ascesa del gesuita che viene considerato ultimamente il favorito di Francesco, forse anche nell'ottica della sua successione. Eppure, quel fortino da cui, durante il suo mandato, Hollerich si è sforzato di dare l'immagine di una Chiesa determinata a sposare il progetto europeista così com'è, è passato nelle mani di un vescovo dal profilo diverso da quello del suo predecessore.
Un po' a sorpresa rispetto alle attese, infatti, i vescovi delegati hanno scelto come nuovo presidente monsignor Mariano Crociata, rappresentante di quell'episcopato italiano a cui Francesco non ha risparmiato legnate per aver – a suo parere – ignorato il suo appello ad un cammino sinodale alla luce del famoso discorso da lui pronunciato nel convegno nazionale di Firenze del 2015.
Non a caso, il favorito della vigilia era il francese monsignor Antoine Hérouard, arcivescovo metropolita di Digione nonché delegato a cui il Papa si era affidato per il "commissariamento" del santuario di Lourdes. La fiducia di Santa Marta nei confronti di questo prelato è tale che sempre a lui è toccato il compito di guidare la visita apostolica nella diocesi di Fréjus-Toulon che aveva avuto negli ultimi anni un boom di vocazioni.
In qualità di presidente della commissione per gli affari sociali della Comece, Hérouard aveva potuto contare su una buona esposizione mediatica specialmente dopo che ad Hollerich la tribuna della Commissione era cominciata ad andare stretta, dovendo parlare anche come relatore generale del Sinodo sulla sinodalità. Le dichiarazioni fatte in questa veste riprendevano i temi che il presidente uscente ha dimostrato di avere più a cuore e suggerivano la possibilità di una successione all'insegna della continuità in caso di sua elezione. Hérouard, però, sarà solamente uno dei quattro vicepresidenti.
Il neo-presidente, che Francesco non ha nominato nel suo discorso di ieri a differenza di quanto fatto per il suo predecessore, è dunque un volto noto come monsignor Crociata, già segretario generale della Conferenza Episcopale Italiana dal 2008 al 2013. A volerlo in quel ruolo, preferendolo a monsignor Domenico Mogavero – a sua volta preferito dall'allora uscente cardinale Camillo Ruini – fu il cardinale Angelo Bagnasco all'inizio del suo mandato alla guida della Cei.
Al suo nome è legata la storica gaffe del comunicato del 13 marzo 2013 in cui la Conferenza si congratulava per l'elezione al soglio pontificio del cardinale Angelo Scola. In realtà, nell'allegato della mail che fu inviata con il clamoroso errore c'era un file a firma proprio di Crociata che menzionava correttamente il nome di Jorge Mario Bergoglio. Da allora, tuttavia, il prelato è entrato in un cono d'ombra: ad ottobre del 2013 la notizia della sua proroga nell'incarico di segretario generale della Cei venne data con enfasi da alcuni organi tra cui Avvenire e – racconta il vaticanista Marco Politi – fece arrabbiare moltissimo il Papa al punto da costringere la direzione del quotidiano a specificare in un secondo momento che quel rinnovo era solamente a tempo. Un mese dopo, in effetti, Crociata venne nominato vescovo della diocesi di Latina-Terracina-Sezze-Priverno in quella che da quasi tutti venne interpretata come una manifestazione del classico promoveatur ut amoveatur ecclesiastico, mentre alla Cei cominciò la stagione della coabitazione tra Bagnasco e Galantino.
La destinazione laziale era ben meno prestigiosa di quelle toccate ai suoi predecessori a fine mandato: Camillo Ruini venne scelto come Vicario di Roma, Dionigi Tettamanzi come arcivescovo di Genova, Ennio Antonelli e Giuseppe Betori come arcivescovi di Firenze. Tutti furono premiati con la porpora, mentre Crociata è rimasto a Latina e non è stato creato cardinale.
Considerato l'interesse sempre maggiore con cui la Chiesa guarda al processo d'integrazione europeo, l'approdo alla guida della Comece è senz'altro un significativo riscatto per il presule che nell'ultimo cinquennio, c'è da dire, aveva ricoperto il ruolo di primo vicepresidente. Non è da escludere che il peso dei delegati dei Paesi dell'Est Europa possa aver influito nella scelta di una successione meno sovrapponibile all'agenda portata avanti in questi anni da Hollerich.
Il gesuita lussemburghese si muove ormai da una parte all'altra del pianeta come relatore del Sinodo sulla sinodalità. Infatti, il cardinale non era presente all'assemblea plenaria ed ha rivolto un videomessaggio ai delegati dall'America Latina. Quindi non ha ascoltato di persona i complimenti speciali che gli ha rivolto Francesco nella Sala del Concistoro, ma sarà fra qualche giorno a Roma dove si fa vedere sempre più spesso e dove in molti pensano che potrebbe essere il candidato da battere in un futuro conclave.