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IL LIBRO

I tentacoli della modernità

Il filosofo cattolico canadese fornisce gli antidoti contro una secolarizzazione che rifiuta ogni forma di speranza.

Tra le righe 28_04_2012
Taylor
Molti hanno notato come il dibattito sulla secolarizzazione sia stato cambiato dall’impatto pressoché mondiale del volume del 2007 del filosofo cattolico canadese Charles Taylor L’età secolare (trad. it., Feltrinelli, Milano 2009). In quel volume Taylor - ispirandosi alla distinzione della sociologa inglese Grace Davie fra tre campi diversi della religione, le «tre B», il «believing» (le credenze),  «belonging» (le appartenenze alle Chiese e religioni) e il «behaving» (i comportamenti) - distingue fra un livello di secolarizzazione qualitativa – la progressiva, e per lui irreversibile (in Occidente), separazione fra Chiesa e Stato – e uno di secolarizzazione quantitativa, a sua volta articolato sul piano delle credenze – che non accennano a venire meno anche nella società moderna e postmoderna – e su quello della pratica religiosa, che il filosofo canadese vede invece, almeno nella maggioranza dei Paesi occidentali, in uno stato di declino, seppure non univoco e non lineare.

Taylor chiama queste secolarizzazioni rispettivamente «secolarizzazione 1» e «secolarizzazione 2». Ma per l'autore de L'età secolare la verità della tesi della secolarizzazione – ancora, almeno in Occidente – sta in una «secolarizzazione 3», che si situa al livello delle «condizioni del credere». Mentre un tempo l’opzione per così dire di default per un giovane che iniziava la sua vita adulta era quella d’inseririsi in un contesto di religione e di Chiesa e di considerare questo contesto importante, oggi l’opzione di default è la lontananza dalla religione istituzionale, cui ci si può certamente riavvicinare ma agendo in controtendenza rispetto all’ambiente sociale. A Taylor sono state rivolte diverse critiche, alcune delle quali raccolte – con una risposta dello stesso Taylor – in un volume pubblicato nel 2010 e curato da Michael Warner, Jonathan VanAntwerpen e Craig Calhoun (Varieties of Secularism in a Secular Age, Harvard University Press, Cambridge [Massachusetts] - Londra 2010).

L’età secolare rimane un testo estremamente influente su tutto il dibattito sulla presenza delle religioni e dell'ateismo nel mondo moderno e postmoderno. Ma le discussioni invitano a considerare che esistono forme di «età secolare» diverse, in contesti nazionali diversi – si veda la tesi di Franco Garelli su una «religione all’italiana» (cfr. Franco Garelli, Religione all’italiana. L’anima del paese messa a nudo, il Mulino, Bologna 2011), di cui abbiamo parlato anche su La Bussola Quotidiana –, e che per un quadro completo occorre sempre rivolgere lo sguardo non solo alle Chiese e comunità storiche ma anche a nuove forme religiose, in particolare - ma non solo - quelle protestanti pentecostali, ovunque in crescita e che operano talora in controtendenza rispetto alle varie forme di secolarizzazione. I critici di Taylor insistono sulla tesi di un «reincanto del mondo» - con il ritorno di forme di religiosità popolare, di magia, di religiosità alternativa - che fa seguito al «disincanto del mondo» di cui parlava Max Weber (1864-1920).

Taylor risponde ora in un volume pubblicato per la prima volta in questa forma in lingua italiana e che comprende anche un saggio del teologo Carmelo Dotolo: Una religione "disincantata". Il cristianesimo oltre la modernità, (Edizioni Messaggero Padova, Padova 2012). La tesi del filosofo canadese è che non c'è nessun reincanto, se con questa parola si vuole intendere un ritorno al mondo pre-moderno dove si riteneva che varie categorie di spiriti e forze della natura di tipo religioso o magico interagissero continuamente con la vita quotidiana. Questo mondo non può tornare e, in questo senso, «il processo di disincanto è irreversibile». Ma in un altro senso per il filosofo canadese un re-incanto esiste. Si tratta del crescente disagio che l'uomo moderno e post-moderno prova di fronte all'affermazione brutale - ed egemonica nella cultura occidentale - secondo cui il mondo non ha alcun senso oggettivo, e i significati oggettivi che gli attribuiamo sono semplici emozioni o sensazioni soggettive, «valutazioni deboli», peraltro spiegabili con processi neuro-chimici che avvengono nel nostro cervello.

Reagendo a questo disagio - e nonostante le difficoltà nello scegliere opzioni che nell'«età secolare» si oppongono alla cultura dominante - un numero crescente di occidentali riafferma che l'universo ha un significato, e nella diffusione socialmente significativa di questa «valutazione forte» consiste per Taylor il vero reincanto. Gli atei non accetteranno che questa «valutazione forte» implichi obbligatoriamente l'esistenza nell'universo di qualcosa o qualcuno che trascende la natura e gli uomini. Ma tuttavia molti di loro oggi vivono lo stesso disagio dei credenti di fronte a un riduzionismo dominante che chiude la porta a ogni forma di speranza, così che sul terreno della «valutazione forte» che trova nell'universo un senso e un significato sarebbe possibile stabilire «un "ponte" fra atei e credenti» e anche considerare le distinzioni fra certe forme deboli di ateismo e, rispettivamente, di credenza religiosa come più sfumate di quanto comunemente si creda. Questi significati forti emergono dalla santità, dalla bellezza, anche dall'azione eroica delle persone buone e sante.

Come sempre - che si sia d'accordo con lui o no -Taylor aiuta a pensare, e anche il nuovo piccolo libro - pur non avendo un'intenzione pastorale - offre preziosi indicazioni agli uomini di Chiesa su come muoversi in una società in cui in effetti, come tante ricerche sociologiche su Paesi occidentali confermano, l'opzione di default e maggioritaria è tenersi lontani dalla Chiesa e dalla religione, pur affermando vagamente di credere. La nostalgia e l'aspirazione al reincanto non sono assenti, e lasciano intendere che, rispetto a questo quadro per loro poco favorevole, le religioni - e in particolare la Chiesa cattolica, che in Paesi come l'Italia continua a fornire alla grande maggioranza almeno la memoria di un'identità culturale - hanno la possibilità di rimontare.

Ma, nel contesto dell'«età secolare», la rimonta non può essere data per scontata e impone di risalire, con uno sforzo di reni particolarmente ben pensato ed energico, una corrente che scende nella direzione opposta. Non si tratta - le diverse ricerche, a loro modo, lo confermano - di appiattire il messaggio della Chiesa su una cultura dominante che lascia molti delusi, perplessi e insoddisfatti, ma di proporre con vigore l'alternativa delle «valutazioni forti», cui la nostalgia di molti nonostante tutto aspira. Incontrando il 23 settembre 2011 i rappresentanti protestanti in un luogo cruciale - agli albori della modernità - per l’esperienza di Martin Lutero (1483-1546), la Sala del Capitolo dell’ex Convento degli Agostiniani a Erfurt, in Germania, Benedetto XVI ha mostrato che cosa significhi, in concreto, tentare di remare contro-corrente.

«L’assenza di Dio nella nostra società – ha detto in quell’occasione il Pontefice – si fa più pesante, la storia della sua rivelazione, di cui ci parla la Scrittura, sembra collocata in un passato che si allontana sempre di più. Occorre forse cedere alla pressione della secolarizzazione, diventare moderni mediante un annacquamento della fede? Naturalmente, la fede deve essere ripensata e soprattutto rivissuta oggi in modo nuovo per diventare una cosa che appartiene al presente. Ma non è l’annacquamento della fede che aiuta, bensì solo il viverla interamente nel nostro oggi».



Charles Taylor

Una religione "disincantata". Il cristianesimo oltre la modernità
Edizioni Messaggero Padova, 2012, pagine 80, euro 7,50