I tempi dell’Anticristo, spiegati da Müller
La rinuncia alla verità, conseguente alla “morte di Dio”, ha portato al relativismo morale e a una “religione civile” dove non c’è posto per la fede in Cristo. Sulla rivista Cardinalis, il card. Müller scuote i cristiani perché riconoscano i tempi apocalittici che stiamo vivendo. Anche in Vaticano tutto è sottosopra. Ma c’è un piccolo resto, sorretto dalla promessa di Gesù.
L’Anticristo. Gli illuministi di ultima generazione, tutti presi dall’hi-tech, dalla transizione ecologica e dai sogni transumanisti, sorridono solo a sentirlo nominare. Che siano sorrisi di compiacente adesione a questo “salvatore dell’umanità” o sorrisi di chi si ritiene superiore a queste secolari dicerie, importa poco. Sorridono anche molti pastori della Chiesa e molti teologi, esternando una certa aria spocchiosa rispetto a questi temi medievali, che la critica biblica e teologica ha già sostanzialmente squalificato come lasciti di una fede non ancora sufficientemente matura e illuminata.
Eppure c’è poco da ridere e sorridere. L’epoca ecclesiale che ha fatto del (presunto) discernimento dei segni dei tempi il suo punto d’onore, mostra la sua inguaribile cecità nell’incapacità di riconoscere il tempo in cui viviamo, meritandosi il rimprovero di ipocrisia del Signore Gesù: «Ipocriti, l'aspetto della terra e del cielo sapete riconoscerlo; come mai non sapete riconoscere questo tempo?» (Lc 12, 56). Duemila anni fa, il Cristo calcava la terra di Palestina e i suoi non lo hanno riconosciuto; oggi l’Anticristo calca gli uomini, ingannandoli e opprimendoli in ogni modo, e quasi nessuna delle sentinelle d’Israele se ne accorge. Quasi.
Nell’ultima intervista con Peter Seewald, in appendice alla corposa biografia sul Papa emerito, Benedetto XVI aveva infatti esplicitamente parlato dell’Anticristo all’opera nel «credo anticristiano» che si sta imponendo ovunque e che punisce «con la scomunica sociale» chiunque lo contesti (vedi qui).
Oggi, con toni decisamente più forti, è il cardinale Gerhard L. Müller, con un contributo per la rivista Cardinalis (n. 3, ottobre 2022, pp. 20-23), a scuotere i confratelli cardinali e tutti i cristiani, perché riconoscano i tempi apocalittici che stiamo vivendo (vedi qui).
Tutto è sottosopra: la morte di Eugenio Scalfari solleva voci ammirate in Vaticano, mentre per il cardinale Zen solo imbarazzati silenzi; dal Papa sfilano atei, sostenitori del gender, abortisti e guerrafondai, mentre uomini e donne fedeli vengono allontanati con l’accusa di dogmatismo, rigorismo e rigidismo. I curatori fallimentari del Sinodo tedesco vengono tollerati, mentre i sacerdoti e i fedeli amanti della liturgia antica sono bastonati. Ce n’è abbastanza per porsi seriamente delle domande: «La Chiesa cattolica sarà travolta dall'abisso devastante della secolarizzazione e alla fine sarà travolta dal sentimento nichilista della «morte di Dio»? […] L’“Anticristo” ha già preso piede?». E ancora: «In tutta questa confusione dottrinale e morale, è ancora “la Chiesa del Dio vivente, colonna e fondamento della verità” (1Tm 3,15)? La promessa di Gesù a Pietro che le porte dell'inferno non sopraffaranno la sua Chiesa (Mt 16,18) è ancora valida in questi tempi apocalittici?».
Nell’analisi del cardinal Müller, da un lato, troviamo Friedrich Nietzsche, il “profeta dell’Anticristo”, che indica come caratteristica essenziale dell’impero dell’Anticristo «la totale rinuncia alla verità filosofica e teologica», conseguente alla “morte di Dio”. Spazzata via la verità, «tutto ciò che rimane [...] è un relativismo metafisico e morale il cui vuoto caotico è riempito dalla “volontà di potenza” del superuomo. [...] Il potere è al di sopra della legge. La messa al bando della verità dal discorso rende accettabile ogni menzogna». Dall’altro, Vladimir Solov'ëv tratteggia con sorprendente lucidità la fisionomia del grande oppositore del Cristo: «Un filantropo universale che supera tutti i contrasti con la buona volontà», che è riuscito a unificare «tutta la saggezza religiosa e la conoscenza scientifica dell'umanità in un'unica visione universale». L’imperatore universale vuole accanto a sé il cappellano di corte, il capo della nuova religione civile del nuovo impero, e lo ottiene tramite un conclave da lui riunito, nel quale viene eletto «un “dubbio cattolico e indubbio impostore”, che si era precedentemente “intrufolato” come cardinale a Roma». Il nuovo papa riceve il consenso «della maggior parte dei cardinali […] inebriata dalla religione imperiale dell'unità mondiale e dal ruolo degno che gli era stato concesso di svolgere in essa». Si tratta di un papa a servizio del potere del mondo, un papa che non si pone più il problema della verità e dell’adesione a Gesù Cristo.
Ma è proprio nel momento più alto dell’impostura, che un piccolo resto rimane fedele e si riunisce attorno alla confessione di Gesù Cristo. È questa loro confessione di Cristo a portare «inevitabilmente alla luce il fondamentale carattere anticristiano del Nuovo Ordine Mondiale senza Dio, perché chi nega che Gesù sia il Figlio di Dio è il bugiardo, e il suo strumento spirituale è quello del falso papa che governa questo mondo». Nella “visione” di Solov'ëv, non è a prescindere dal papa, ma attorno ad un «papato liberato da ogni interesse e considerazione mondana, ma anche dalle seduzioni del potere terreno» che i veri discepoli, «coloro che, nonostante le persecuzioni e gli insulti, non si lasciano sedurre e ingannare dai sedicenti nuovi dominatori del mondo e dai mortali redentori dell'umanità», si riuniscono nella confessione del Figlio del Dio vivente.
L’inizio di questi tempi della fine, o della fine dei tempi, era stato già intuito dal grande filosofo cattolico Josef Pieper, del quale, in questo mese, ricorre il venticinquesimo anniversario della morte. L’apostasia generale, un controllo totale, l’uso della forza sono, secondo Pieper, le caratteristiche del regno dell’Anticristo, «manifestazione estrema e più radicale di quella “disarmonia” che è penetrata nel mondo storico col peccato d’origine» (Sulla fine del tempo, pp. 117-8); di fronte a questo «pseudo-ordine mantenuto con l’uso della forza» (p. 121), la Chiesa, nel suo piccolo resto, non ha altra possibilità di vittoria che il martirio.
Quanto la Rivelazione ci consegna sull’Anticristo non è facoltativo; e non è nemmeno una trovata per spaventare i fedeli. Lì troviamo gli elementi per comprendere i segni dei tempi della fine e non cedere alla tentazione anticristica, spinti dallo scoraggiamento o dalla disperazione di vedere che ovunque trionfano l’ingiustizia e l’empietà, che tutto sembra perduto. È la virtù soprannaturale della speranza che deve sostenere il cristiano. Speranza della buona fine di colui che spera nel Signore. Ma, si domanda Pieper, «poiché appunto la meta della speranza del cristiano porta il nome “nuovo cielo e nuova terra”, non si viene, nel tempo stesso, ad affermare che un esito felice ci dovrà essere anche per questa realtà terrena?» (p. 142).
«In tempi di agitazione e confusione - continua il cardinal Müller -, di persecuzione dall'esterno e dall'interno, non temiamo la caduta della Chiesa. I tempi della fine sono giorni di prova per la nostra fede che l'Anticristo non potrà mai sopraffare il vero Cristo». Tutto il disorientamento, il dolore e l’angoscia di questi tempi è stato preannunciato da Gesù; ma questi segni della fine devono essere salutati come segni di un nuovo inizio ormai prossimo: «Quando queste cose cominceranno ad accadere, alzatevi, levate il capo; la vostra liberazione è vicina» (Lc 21,28).