I sacramentali curano il corpo: la Chiesa ci crede ancora?
Le benedizioni e i sacramentali sono come un prolungamento dei sacramenti in cui si domanda a Dio che coloro che li ricevono possano avere giovamento per la salute dell’anima e del corpo. Questa è la fede della Chiesa, ma forse ad essa si è sostituita quella nella scienza. Se ci credessimo avremmo fatto di tutto per moltiplicarli.
Da settimane stiamo assistendo ad un triste spettacolo all’interno del mondo cattolico (e non solo). Quando ancora non eravamo agli arresti domiciliari, dalle curie già arrivavano indicazioni (non si capisce esattamente sulla base di quali evidenze scientifiche) per contenere il contagio: c’era chi diceva di dare la Comunione solo in mano, chi suggeriva al sacerdote di disinfettarsi le mani tra una Comunione e l’altra; via le acquasantiere, niente scambio della pace, etc.
Poi ci è stato detto che non andare in chiesa è un grande atto di responsabilità, che rimanere in casa a guardare le Messe in streaming e pregare personalmente può essere persino più gradito a Dio che andare in giro a fare gli untori. O almeno non discrimina.
Adesso, in prossimità della cosiddetta “fase 2” - che, a dire il vero, assomiglia più ad una “fase 1 e mezzo”-, gli uffici della CEI hanno pensato a delle “Messe in sicurezza”, con tutta una serie di dettagliate precauzioni, proposta prontamente e arrogantemente respinta dal Governo.
In realtà basterebbero pochi accorgimenti (vedi qui), ma non è questo il punto. La domanda, che mi pare sia urgente farsi, è perché non si sia dedicata così tanta premurosa attenzione a quelle armi potenti di cui la Chiesa è dotata, ossia i sacramentali. Anzi, ad essere onesti, queste armi sono state del tutto ignorate, o persino interdette. Come nel caso della Conferenza episcopale umbra (vedi qui), che, per bocca di don Jean Claude Hazoumé Kossi Anani, aveva fatto sapere che, per quanto riguarda «i ramoscelli di ulivo della Domenica delle Palme, la Conferenza episcopale umbra non ritiene prudente, date le doverose precauzioni igieniche e la difficoltà di distribuzione, che siamo noi a prepararli e inviarli». Quindi, aveva preso piede la proposta dell’ulivo fai-da-te, fatta propria anche dalla CEI, e altre iniziative più o meno fantasiose per realizzare delle “palme” di carta, con tanto di tutorial.
Se non si è ritenuto possibile provvedere a dei rami d’ulivo normali, benedetti in chiesa, da mettere a disposizione dei fedeli, figuriamoci per tutti gli altri sacramentali. Però bisognerebbe interrogarsi: che cosa ha prevalso? La mentalità igienista o la fede? E non si parla qui della fede soggettiva, ma di quella oggettiva, che la Chiesa custodisce ed esprime nella sua liturgia.
Prendiamo, per esempio, l’orazione, tratta dal Rituale Romanum (1944), per la tradizionale benedizione delle uova per la Pasqua; in essa si chiede che esse siano «un cibo salubre, per i tuoi fedeli che li mangeranno in rendimento di grazie, per la risurrezione di Nostro Signore Gesù Cristo». Un cibo salubre, cioè che dà salute.
Per il periodo pasquale sono previsti due schemi di benedizione del pane; nel primo, si domanda a Dio di benedirlo, affinché «tutti coloro che lo gusteranno, da ciò o in conseguenza di ciò (inde), ricevano la salute dell’anima e del corpo». Nel secondo schema, la Chiesa è ancora più esplicita: «perché, per coloro che lo mangeranno, sia di salute dell’anima e del corpo e di difesa contro tutte le malattie e tutte le insidie dei nemici». La benedizione dei frutti novelli, dell’olio, dei cibi in generale insistono sullo stesso principio: si domanda a Dio che coloro che li usano possano avere giovamento per la salute dell’anima e del corpo.
Ma allora, perché in un tempo in cui la salute dell’uno e dell’altra appare come maggiormente a rischio, perché proprio in tempo di pandemia si tengono lontani i fedeli da queste benedizioni? Immagino la solita rimostranza: non sono degli amuleti, la gente li usa in modo superstizioso, etc. D’accordo: questi sono abusi, ma l’allontanamento dal buon uso (è questo il senso etimologico di ab-usus), significa che un buon uso esiste ed è possibile. Dunque, non si toglie l’abuso, eliminando l’uso, bensì ripristinandolo.
Le benedizioni e i sacramentali sono come un prolungamento dei sacramenti, una ramificazione nel tessuto quotidiano della grazia di Dio. Come i sacramenti, anche i sacramentali e le benedizioni degli oggetti rispettano il principio che la grazia ci viene comunicata attraverso la materia, un principio che si radica profondamente nella verità fondamentale della fede cristiana, ossia l’Incarnazione del Verbo.
Se i sacramenti e i sacramentali, ciascuno nel proprio ordine, esprimono la realtà teandrica di Cristo, essi rispettano ed esprimono anche la realtà della natura umana, che è unione dell’anima e del corpo; attraverso il corpo che mangia un cibo, indossa o utilizza un oggetto benedetto, l’anima viene disposta alla grazia. Non solo, ma anche il corpo stesso ne trova beneficio. Certamente, i sacramentali – e ancor più i sacramenti – non sono stati istituiti principalmente per la salute del corpo; eppure tutta l’azione della Chiesa rispetta il principio: «Cercate prima il Regno di Dio... il resto vi sarà dato in più». E questo "in più" viene dato realmente, secondo la volontà di Dio e la fede di chi si accosta a Lui.
Pensiamo, ad esempio, all’Unzione degli infermi. Di essa, il Catechismo insegna che, tra gli effetti del sacramento, c’è «il recupero della salute, se ciò giova alla salvezza spirituale» (n. 1532). Certamente non è il fine più importante e non lo può essere, ma è pur sempre un fine reale e intrinseco. Se poi pensiamo al sacramento per eccellenza, la Santa Eucaristia, nel momento della consumazione del Corpo e del Sangue di Cristo, il sacerdote prega così: «La comunione con il tuo Corpo e il tuo Sangue, Signore Gesù Cristo, non diventi per me giudizio di condanna, ma per tua misericordia sia rimedio e difesa dell'anima e del corpo».
Questa profonda verità, il popolo l’ha sempre intuita, fin da quando, per le strade di Palestina, cercava di toccare anche solo un lembo della Sua tunica per ottenere la guarigione. La Chiesa altro non è che il prolungamento dell’Incarnazione: non impediamo alla gente di toccare, ancora una volta, la frangia della Sua veste.
P.S. Il nuovo Benedizionale ha purtroppo perso la gran parte di queste benedizioni; ma sappiamo anche che l’Istruzione applicativa del Motu Proprio Summorum Pontificum, n. 35, ha dichiarato che è permesso l’utilizzo del Rituale Romanum.