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I polacchi in strada per difendere la verità su Papa Wojtyla

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Alla campagna mediatica tesa a oltraggiare san Giovanni Paolo II sono seguiti atti vandalici verso i monumenti che lo raffigurano. Ma la gente non ci sta e sfida maltempo e menzogne pur di sventare l'ennesimo attentato alla memoria del santo pontefice.

Attualità 13_04_2023 English

È stato tutto ben organizzato e calcolato: prima un attacco concentrato di una vera coalizione mediatica composta dal quotidiano Gazeta Wyborcza, dal settimanale Newsweek Polonia, dalla televisione TVN e dal portale Onet per infangare la figura di Giovanni Paolo II e provocare le reazioni, spesso anche organizzate, della gente (ne abbiamo scritto qui su La Bussola); dopo una campagna mediatica per “pubblicizzare” nel mondo gli atti di profanazione dei monumenti di Papa Wojtyla. Da anni certi ambienti in Polonia, ma anche nel mondo (vedi Bruxelles e Berlino) lavorano per “normalizzare” la Polonia, per secolarizzarla, per staccarla dalle sue radici cristiane, dalla sua identità nazionale, per indebolirla dividendo la società polacca. E tutto quello che stava succedendo alla vigilia dell’anniversario della morte di Giovanni Paolo II ne era la prova.

La notte dal 1° al 2 aprile la statua di Giovanni Paolo II che si trova davanti alla cattedrale di Lodz è stata imbrattata di vernice e sul piedistallo è apparsa la scritta “Maxima culpa” (è il titolo del libro con le accuse contro Papa Wojtyla). La foto, come previsto e ben calcolato, ha fatto il giro del mondo. L’Arcivescovo di Lodz mons. Grzegorz Rys era davanti al monumento già alle 7 di mattina: per un’ora ha pregato e ha recitato il Rosario e la coroncina della Divina Misericordia. «Quando si guarda questo monumento, si può constatare che non è stata un’azione emotiva, spontanea, un riflesso. No, chiaramente si tratta un'azione pianificata; qualcuno ha dovuto fare uno stampino per rendere chiare le iscrizioni su questo monumento. Le macchie della pittura sono un "programma": sangue sulle mani, una maschera gialla sul viso», ha osservato il metropolita. Mons. Rys si è chiesto cosa avrebbe fatto lo stesso Giovanni Paolo II al suo posto. Pensava che avrebbe sicuramente pregato, e si è ricordato le parole del Santo Padre pronunciate il 17 maggio 1981, quattro giorni dopo l'attentato alla sua vita: «Prego per il fratello che mi ha colpito, al quale ho sinceramente perdonato. Unito a Cristo, Sacerdote e Vittima, offro le mie sofferenze per la Chiesa e per il mondo».

Il grave fatto di Lodz, come si poteva prevedere, è stato seguito da altri: anche la statua del Papa a Stalowa Wola è stata sporcata con la pittura, invece a Wroclaw (Breslavia) è stato imbrattato un murale del Pontefice.  Gli ambienti della sinistra liberal-libertina credevano che l'attacco a san Giovanni Paolo II fosse stato preparato così bene che i cattolici sarebbero stati sopraffatti da questo colpo finale, devastante. Ma, anche questa volta, hanno fatto male i loro conti: la maggioranza delle persone di retta coscienza e di retto pensiero non è cascata nella trappola. Per loro Giovanni Paolo II è un uomo santo: così è nei loro cuori, così rimarrà. Questa maggioranza che in pochi giorni è diventata un vero movimento sociale, nazionale, ha manifestato nelle città e villaggi polacchi il giorno dell’anniversario della morte del Papa, la Domenica delle Palme.

Malgrado il brutto tempo, il freddo, la pioggia la gente è uscita per le strade perché si sentiva in dovere di sostenere la verità: la verità sul Papa contro le manipolazioni e menzogne. Centinaia di migliaia di persone hanno partecipato alle Marce Pontificie (accanto, in alto e in basso nelle foto di Krzysztof Staszewski): l'evento più grande è stato organizzato a Varsavia, decine di migliaia di persone (si parla addirittura di 50 mila) si sono presentate nel centro della capitale, a Cracovia c’erano 20 mila persone, a Stettino 10 mila, a Rzeszow e Danzica 4 mila. Gli organizzatori delle Marce hanno sottolineato che le manifestazioni volevano essere una testimonianza di attaccamento a san Giovanni Paolo II e, allo stesso tempo, anche una risposta ai tentativi di contestare la santità e i meriti del Papa polacco. «Partecipando alla Marcia, ringraziamo il grande polacco, Giovanni Paolo II per l'eredità di amore e di fede lasciata alle prossime generazioni» – hanno scritto gli organizzatori. Una di loro, Małgorzata Żaryn, ha sottolineato che la marcia papale doveva essere un'espressione di unità, non un elemento di divisione: «Vogliamo restituire alla nostra comunità la persona e l'insegnamento del Papa polacco e, allo stesso tempo, ricreare la nostra comunità grazie alla sua persona».

I partecipanti alle manifestazioni in tutto il Paese portavano croci, bandiere nazionali e vaticane, e tanti ritratti di san Giovanni Paolo II. Si vedevano spesso le tonache nere con lo stemma del Papa polacco dell’ordine dei cavalieri di San Giovanni Paolo II. Alla fine delle marce venivano celebrate le Messe: a Varsavia la Messa è stata celebrata nella cattedrale della capitale polacca da mons. Jozef Michalik, arcivescovo emerito di Przemysl. 

La reazione della società polacca sembra aver sventato questo ennesimo attentato contro san Giovanni Paolo II. Ma non ci illudiamo: non sarà l’ultimo. Perché Giovanni Paolo II, un uomo santo, rimane sempre segno di contraddizione per la nostra “modernità” anticristiana.