Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Giovedì Santo a cura di Ermes Dovico
IL BELLO DELLA LITURGIA

I pastori adorano il Bambino, unica fonte di luce

Nello splendido dipinto di Rubens, Adorazione dei pastori, al centro della scena c’è Gesù Bambino splendente e la Vergine Maria che con un gesto di naturale sollecitudine materna svela con dolcezza al mondo il suo Salvatore. Nell’umanità qui rappresentata, dal pastore alla donna anziana, ognuno è colmo di stupore per il compiersi di un Avvenimento fino a pochi attimi prima impensabile.

Cultura 26_12_2020

P. P. Rubens, Adorazione dei Pastori, Fermo – Pinacoteca Civica

“Non temete, ecco vi annunzio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi vi è nato nella città di Davide un salvatore, che è il Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia” (Lc 2, 10-12)

Rubens deve molto all’Italia: ci arriva da Anversa, giovane pittore poco più che ventenne, per completare la sua formazione, com’era prassi diffusa in quel tempo. Era il 1600: resterà nel nostro Bel Paese per otto anni, ricoprendo la carica di artista ufficiale presso la corte mantovana del duca Vincenzo I Gonzaga, per conto del quale compirà diverse missioni che gli consentiranno di spostarsi e studiare le opere antiche e quelle di colleghi a lui più o meno contemporanei. Il debito del fiammingo è evidente in una delle tele realizzate durante il soggiorno italiano, l’ultima compiuta prima del ritorno in patria: un’Adorazione dei Pastori di straordinaria bellezza, considerate anche le sue ragguardevoli dimensioni.

La commissione della pala d’altare, destinata a una cappella della chiesa di San Filippo Neri in quel di Fermo, gli derivò dalla stima nutrita nei suoi confronti dal Superiore generale dell’ordine dei Filippini, originario della città marchigiana, per il quale stava già lavorando a Roma: la collocazione un po’ periferica e un cattivo stato di conservazione confusero, di lì a poco, gli studiosi circa la reale attribuzione dell’opera fino a quando un geniale Roberto Longhi, nel 1927, rimasto letteralmente folgorato dalla visione, restituì a Rubens la legittima paternità.

Impossibile non farsi coinvolgere emotivamente da quanto sta accadendo. Gli angeli in volo che proclamano il lieto annunciano chiamano a raccolta anche noi, oltre a un rappresentativo numero di personaggi che si dispongono a semicerchio attorno al fulcro della scena, al suo cuore palpitante: il Bambino splendente e la Vergine Maria che con un gesto di naturale sollecitudine materna svela con dolcezza al mondo il suo Salvatore.

Ognuno reagisce a suo modo al compiersi di un Avvenimento fino a pochi attimi prima impensabile, indicibile: il nerboruto pastore in primo piano, di rosso vestito, si gira verso l’uomo a lui accanto indicandogli, colmo di sorpresa, il piccolo addormentato. Una donna anziana alza le mani in segno di stupita venerazione, lo sguardo fisso sul bellissimo viso della puerpera quasi a cercare in Lei la conferma del prodigio appena compiutosi; una giovane fanciulla, un cesto tra le mani, assiste alla scena, sorridendo lieta al nuovo nato. Tutta l’umanità è qui rappresentata, accompagnata da san Giuseppe che dietro le spalle di Maria si rivolge alla gloria angelica, le braccia conserte a indicare la propria gratitudine per l’avverarsi del disegno di Dio.

Il segno, di cui parla Luca nel suo Vangelo - il Bambino avvolto in fasce che giace in una mangiatoia - è l’unica fonte di luce, caravaggesca tecnicamente, e abbagliante mentre si adagia gradualmente su ogni volto e squarcia, contemporaneamente, con i suoi bagliori il buio della notte in cui sono avvolti la capanna e il paesaggio.

Anticipando ciò che Gesù dirà di Sé: “Io come luce sono venuto nel mondo, perché chiunque crede in me non rimanga nelle tenebre”.