I film firmati da registi cattolici? Pochi e pure brutti
Dopo aver visto Spotlight e Perfetti sconosciuti, film in Italia in testa al botteghino, la domanda è: ma che fine hanno fatto i registi e gli sceneggiatori cattolici? Perché God’s not dead – Dio non è morto di Harold Cronk non è sufficiente a dimostrare che il cinema cattolico sta bene. La Passione di Cristo è stata un’eccezione.
Dopo aver visto Spotlight e Perfetti sconosciuti, film in Italia in testa al botteghino, la domanda è: ma che fine hanno fatto i registi e gli sceneggiatori cattolici? Perché God’s not dead – Dio non è morto di Harold Cronk, sulla scelta della testimonianza cristiana oggi, e dal 10 marzo in Italia (ben venga!), non è sufficiente a dimostrare che il cinema cattolico sta bene.
Ha infatti spiegato tempo fa in un'intervista Barbara Nicolosi (italiana, punto di riferimento per chi cerca di coniugare fede e arte visive negli Usa) che a Hollywood «film fatti da cristiani negli ultimi dieci anni ce ne sono stati pochi. Dove c’è una buona intenzione la storia generalmente fallisce. La Passione di Cristo è stata un’eccezione, Mel Gibson non ha girato un film per la Chiesa, ha fatto piuttosto un atto di penitenza per i propri peccati». Un’eccezione anche Cristiada.
Di Spotlight, sui casi dei preti pedofili a Boston nel 2001 smascherati da un gruppo di giornalisti del The Boston Globe, ne hanno parlato approfonditamente sulla Bussola Massimo Introvigne e Stefano Magni. Aggiungiamo solo che viene da chiedersi perché i cineasti scelgano sempre storie che riguardano abusi compiuti da preti della Chiesa cattolica, quando la cronaca riporta anche di altre istituzioni non religiose dove si sono avute drammatiche vicende dello stesso tipo. Si ha il dubbio di essere di fronte ad un certo accanimento mediatico. Tra l’altro, è un nostro personale giudizio, Spotlight non è un film da Oscar.
Perfetti sconosciuti del regista Paolo Genovese racconta una serata tra amici, tre coppie e un single, un chirurgo plastico, un taxista, una analista, un insegnante. Durante la cena Eva, una delle signore, propone di mettere sul tavolo i cellulari, di ascoltare le telefonate in viva voce e di leggere ad alta voce gli sms in arrivo: «Nessuno di noi ha segreti da nascondere, siete d'accordo?». Con qualche tentennamento tutti accettano, ma tutti hanno qualcosa da nascondere al coniuge, tradimenti soprattutto, e le telefonate lo svelano. I matrimoni delle tre coppie franano rovinosamente, trascinando con sé la povera, bistrattata famiglia. Famiglia che racchiuderebbe al proprio interno i mali peggiori, come ha sostenuto qualche giorno fa Pierluigi Battista sul Corriere della Sera, e in prima pagina, non in un articolo nascosto sotto la rubrica delle lettere.
Insomma, da una parte Hollywood che sforna un film contro la Chiesa, contro non perché i fatti siano falsi, ma perché fa delle omissioni, ad esempio la battaglia tolleranza zero che la Chiesa sta combattendo contro i pedofili al proprio interno. Dall'altra parte, Perfetti sconosciuti dove il rapporto tra i coniugi è basato su bugie, falsità, ipocrisie. Non una delle tre coppie si salva: è questa la fotografia che il regista dà della società di oggi. Perché quindi proibire la famiglia omosessuale se i “coniugi” si amano?
Anche Spotlight di danni ne ha fatti, bastava leggere in questo weekend su Facebook i commenti d'insulti nei confronti della Chiesa cattolica. Chi ha provato a difenderla è stato, anche lui, travolto. «Lo sapevo che i preti sono tutti dei pedofili, è tutto marcio», la frase meno cattiva e più gettonata. Ma allora torniamo alla domanda fatta all'inizio e che la presenza di God’s not dead non annulla: che fine hanno fatto i registi e gli sceneggiatori cattolici in grado di "rispondere" a questi film? Certo, ci sono fiction Tv con un papa Francesco che è tanto simpatico e ha le scarpe nere, o un Francesco e Chiara che non creano mai problemi. Ma film come Spotlight hanno un impatto diverso. Gli studios hollywodiani sono bravi a realizzare pellicole anticattoliche come questa.
Sempre secondo Barbara Nicolosi «il limite della cinematografia dei cristiani è che troppo spesso è semplicemente brutta». Ci sono buoni film che veicolano valori cristiani «ma sono fatti da non credenti. Tra le prime venti università al mondo per il cinema non ce n'è una cattolica. La maggioranza dei ricchi benefattori dona soldi per le opere di carità della Chiesa o per l’educazione in generale. Bisogna convincerli a investire risorse anche nelle opere d’arte». Armando Fumagalli è curatore dell’edizione italiana di Cristiani a Hollywood (Edizioni Ares). Parlando con un giornalista del libro ha spiegato che «la presenza dei cristiani nel cinema europeo è, se è possibile, ancora più scarsa che a Hollywood: come mai negli ultimi decenni sono stati così pochi? Anche a me capita con una certa frequenza di leggere sceneggiature per il cinema scritte con le migliori intenzioni, ma con un livello professionale ancora troppo basso».
Forse la responsabilità è di tutti: «Non basta incolpare Hollywood dei nostri mali: ciascuno deve chiedersi se può fare qualcosa per migliorare la situazione». Magari, tanto che ci siamo, anche quella dell’editoria cattolica, che in quanto a narrativa (la situazione della saggista è diversa) proprio bene non se la passa.