Hicks arcivescovo di New York, tra poveri e impegno pro-life
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Il successore del cardinale Dolan proviene da Chicago, dove ha preso più da George che da Cupich ma ha lavorato bene con entrambi. In missione tra gli ultimi a San Salvador, poi vescovo di Joliet dove si è fatto notare per la difesa della vita nascente e l'atteggiamento permissivo verso la liturgia tradizionale.
Dopo giorni di anticipazioni ieri è arrivata l'ufficialità: il nuovo arcivescovo di New York è monsignor Ronald Aldon Hicks, finora vescovo di Joliet. Prende il posto del cardinale Timothy Dolan che aveva compiuto i 75 anni a febbraio. Una sostituzione non scontata perché il Papa parlando alla Cei ad Assisi aveva detto di augurarsi il rispetto della norma della pensione degli ordinari a 75 anni, ma aveva anche aperto alle eccezioni nei casi di cardinali. Dolan non è solo un cardinale ma è stato anche uno dei protagonisti della larga elezione di Leone XIV in Cappella Sistina lo scorso maggio. Nonostante ciò, il Pontefice suo connazionale ha scelto di cambiare.
A New York arriva Hicks, un prelato che ha ricevuto l'ordinazione episcopale nel 2018 dal capofila dei vescovi liberal d'America, il cardinale Blase Cupich. Hicks è stato prima vicario generale e poi ausiliare a Chicago, ma la sua formazione è più legata al compianto cardinale Francis Eugene George che al suo successore Cupich. Fu George da arcivescovo di Chicago a spedirlo nel 2005 per cinque anni a San Salvador per lavorare accanto a orfani e bambini abbandonati acquisendo quel profilo pastorale utile nella nuova stagione dell'episcopato a stelle e strisce.
Chi lo conosce ci riferisce che fu sempre George a proporre il suo nome come vicario generale a Chicago prima di dimettersi. Fu in effetti Cupich a nominarlo nel novembre del 2015, solamente due mesi dopo aver sostituito George. Dopo due anni come ausiliare a Chicago, Hicks è stato scelto nel 2020 come vescovo di Joliet e qui si è caratterizzato per il suo impegno pro-life. Il nuovo arcivescovo di New York è solito partecipare al National Day of Remembrance for Aborted Children benedicendo le tombe dei bambini non nati.
Si è fatto notare nella diocesi di Joliet anche per l'atteggiamento permissivo nei confronti della locale Fraternità Sacerdotale San Pietro e quindi per non aver vietato le celebrazioni in Vetus Ordo dopo la promulgazione di Traditionis custodes. È un vescovo che parla di «odore delle pecore» e che ha sviluppato una particolare predilezione per la questione dei poveri negli anni missionari a San Salvador, così come è stato per Prevost in Perù. Non a caso nel suo stemma episcopale ha scelto di posizionare un rametto di rosmarino (romero in spagnolo) in omaggio a sant'Oscar Romero, l'arcivescovo salvadoregno martirizzato sull'altare da uno squadrone della morte.
Nel 2024 era stato eletto nell'assemblea plenaria della Conferenza episcopale Usa come presidente del Comitato per il clero, la vita consacrata e le vocazioni. Sensibile alle rivendicazioni della comunità latina durante il suo mandato a Joliet, non c'è da stupirsi se Hicks avrà posizioni critiche sulle politiche migratorie dell'amministrazione Trump. Tuttavia la nomina non crea spaccature all'interno dell'episcopato americano e premia un "centrista" che ha saputo lavorare bene sia col conservatore George che col liberal Cupich.
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Il neo-presidente dell'episcopato americano è più conservatore dei predecessori. Dodici anni di Francesco, che ha favorito l'ascesa dell'arcivescovo liberal di Chicago, hanno penalizzato ma non scalfito la maggioranza wojtylian-ratzingeriana, ancora salda oltreoceano.


