Governo guardone e decreto illegittimo, così Conte esagera
Con l'ultimo Dpcm licenziato ieri da Conte ci troviamo di fronte ad uno Stato guardone che ficca il naso in casa nostra per motivazioni irrazionali. Siamo al punto che lo Stato conta amici e parenti invitati a cena e offre consigli che non possiamo rifiutare. Ma, essendo uno strumento di natura amministrativa e non legislativa, manca del requisito necessario per vincolare le libertà personali. Le raccomandazioni sono un ufo in diritto amministrativo. Conte ha usato uno strumento illegittimo, non pertinente e quindi invalido e che viola l’articolo 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali.
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La raccolta dei Dpcm di Giuseppe Conte si è arricchita ieri di un nuovo numero. Nell’ultimo decreto, tra obblighi, divieti e permessi, ecco che il Presidente del Consiglio ci infila anche alcune raccomandazioni. Qualche esempio: «È fortemente raccomandato l'uso dei dispositivi di protezione delle vie respiratorie anche all'interno delle abitazioni private in presenza di persone non conviventi» (art. 1, comma 1); «Con riguardo alle abitazioni private, è fortemente raccomandato di evitare feste, nonchè di evitare di ricevere persone non conviventi di numero superiore a sei» (art. 1, comma 6, lettera n). Troviamo poi altre raccomandazioni relative alle attività commerciali in tema di misure di sicurezza (art. 1, comma 6, lettera dd), alle attività professionali come smart working, incentivi alle ferie, etc. (art. 1, comma 6, lettera ll), alle misure igienico sanitarie (art 3, comma 1, lettera b).
Qualche commento. In prima battuta ricordiamo che questo Dpcm, come i precedenti analoghi, è illegittimo. Essendo uno strumento normativo di natura amministrativa e non legislativa manca del requisito necessario per vincolare le libertà personali. In breve: solo una legge – o atto normativo equipollente – può limitare le libertà dei cittadini, non un Dpcm che ha eluso la verifica parlamentare. Perché l’opposizione non fa il suo mestiere e, appunto, non si oppone?
Seconda riflessione. Conte raccomanda l’uso dei dispositivi di protezione, di evitare di ricevere amici e parenti a casa propria, di lavorare da remoto, etc., ma non comanda. Quindi queste raccomandazioni sono meramente atti esortativi, suggerimenti, indicazioni, ci dice la dottrina giuridica, che hanno valore di moral suasion. Chi non rispettasse queste raccomandazioni dunque non violerebbe nessun divieto e, di conserva, non incorrerebbe in nessuna sanzione.
Non violerebbe nessun divieto e non dovrebbe pagare nessuna multa anche e soprattutto perché le raccomandazioni in ambito legislativo nazionale sono sconosciute e in ambito amministrativo (ricordiamo che il Dpcm rientra in questo ambito) valgono solo per i rapporti interni alla Pubblica amministrazione, non tra Pubblica amministrazione e cittadini. Oltre a ciò, la raccomandazione è quasi un ufo in diritto amministrativo, nel senso che gli studiosi assai difficilmente la qualificano come fonte normativa (diversamente ad esempio dai regolamenti). Quindi Conte ha usato uno strumento illegittimo, non pertinente e quindi invalido perché ad uso e consumo interno della Pubblica amministrazione e pure di scarso peso. Non male, verrebbe da dire.
Rimanendo sempre nell’ambito delle critiche di carattere giuridico, ricordiamo l’art. 8 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), ratificata dall’Italia, che così dispone: «Ogni persona ha diritto al rispetto della propria vita privata e familiare, del proprio domicilio e della propria corrispondenza». Questo articolo - usato spessissimo in Europa per legittimare pratiche abortive, eutanasiche, “nozze” gay, omogenitorialità, et similia – avrebbe ora l’occasione di essere applicato finalmente nel rispetto del suo significato originale ed invece viene completamente dimenticato.
Dopo questi appunti di carattere formale, passiamo a qualche nota riguardo al contenuto. Citiamo nuovamente un passaggio del Dpcm: «Con riguardo alle abitazioni private, è fortemente raccomandato di evitare feste, nonchè di evitare di ricevere persone non conviventi di numero superiore a sei» (art. 1, comma 6, lettera n). Da notare: il testo letterale del Dpcm raccomanda di evitare feste, non feste con molti partecipanti, ma semplicemente qualsiasi festa a cui potrebbero partecipare anche solo due persone conviventi. A quali assurdità porta l’incapacità di maneggiare correttamente la lingua italiana. Altra nota relativa, questa volta, ai 6 non conviventi che ti vengono a trovare a casa. Tu potresti essere single o padre sposato con cinque figli poco importa: il problema non è il numero complessivo di persone in casa, ma quanti non conviventi fai entrare a casa tua.
Passando dal tenore letterale di queste raccomandazioni al loro significato più ampio, ci troviamo di fronte in modo palese ad uno Stato guardone e guardiano (nonché guardingo perché non si fida di noi italiani) che ficca il naso in casa nostra per motivazioni irrazionali. Il criterio di proporzionalità tanto volte sventolato dall’Avvocato d’Italia qui è chiaramente violato. E così ogni nostra abitazione diventa un set del Grande Fratello Conte che fa entrare in casa nostra o butta fuori da essa chi vuole lui. Siamo arrivati al punto che lo Stato conta gli amici e parenti invitati a cena, ad un matrimonio e ad un battesimo. Uno Stato che offre consigli che non possiamo rifiutare come quello di indossare la mascherina se ci viene a far visita nostro cugino: consiglio validissimo se fossimo nel bel mezzo di una pandemia di ebola, non di coronavirus, virus ormai curabile. In sintesi: togli un po’ di posti a tavola, perché questa sera a cena abbiamo l’avv. Conte.
Ultima considerazione. Conte raccomanda e non vieta non solo perché si è forse accorto che vietare di invitare sotto il nostro tetto chi vogliamo suonerebbe un tantino dispotico, ma anche perché – è però mera ipotesi – si è ormai persuaso che basta un cenno del suo sopracciglio per far scattare l’italiano medio sull’attenti, dato che questi versa in uno stato di panico permanente. Il sig. Rossi dunque legge “raccomandazione” e capisce “divieto”: case vuote fino allo spuntar della lavanda in estate. Siamo arrivati ad un punto così elevato di suggestione di massa, di addestramento della coscienza collettiva alla responsabilità civile che ormai la casalinga di Cittiglio diventa più tetragona dello stesso Comitato scientifico-tecnico, più pignola del più puntiglioso tra i virologi. Basta dunque che Conte dia il La e il resto della melodia verrà cantata, come inno nazionale, dall’intero popolo italico che darà così prova di essere più rigoroso dei rigori normativi contenuti nei vari Dpcm.