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Polonia

Golpe mediatico e attacco alla Costituzione, l’inizio del governo Tusk

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Il nuovo esecutivo polacco manda la polizia nella sede di TVP Info per cacciarne i dirigenti. Ferita una parlamentare dell’opposizione. Un fatto gravissimo che richiama i tempi di Jaruzelski. Ma Tusk, da europeista, ha le spalle coperte da UE e mainstream.

Esteri 23_12_2023
Donald Tusk (a dx) durante la cerimonia di giuramento al palazzo presidenziale di Varsavia (AP by LaPresse)

Cosa sarebbe successo se in Italia la polizia fosse entrata nella sede di Rai 3 per cacciarne gli attuali dirigenti e imporre i nuovi vertici graditi all’attuale governo e se avesse usato la forza ferendo una parlamentare dell’opposizione? Cosa sarebbe successo se qualcuno avesse interrotto le trasmissioni di Rai 3 e delle Rai regionali? E se tutto questo fosse stato deciso dal ministro della Cultura secondo una risoluzione del Parlamento? Tutta l’Italia e tutto il mondo, giustamente, avrebbero gridato al colpo di Stato e alla grave minaccia alla democrazia. Ma tutto questo è successo veramente il 20 dicembre, non in Italia ma in Polonia, e ha riguardato il canale TVP Info della televisione statale.

Alla sede di TVP Info si sono recati dei politici, tra cui l’ex premier Mateusz Morawiecki, oggi all’opposizione. Morawiecki, parlando con i giornalisti, ha detto che «oggi (il 20 dicembre) è un giorno storico». «Il governo di Donald Tusk, in modo del tutto illegale, vuole privare i media pubblici di ciò che hanno fornito per anni, cioè la possibilità di trasmettere informazioni. Vogliono invece la loro propaganda, la stessa propaganda della TVN (la televisione privata schierata apertamente con gli ambienti liberal di sinistra, antipolacca, nda), la stessa propaganda dell’Onet tedesco (il più grande portale Internet in lingua polacca, anche se dal 2012 controllato dal gruppo Ringier Axel Springer, nda), vogliono che la stessa propaganda ora esca dagli altoparlanti della radio polacca e dagli schermi della televisione polacca. Non permettiamolo!», ha esclamato l’ex premier.

Morawiecki ha sottolineato che il nuovo esecutivo ha voluto silenziare i media pubblici in un momento particolare: quando l’attuale governo di coalizione ha approvato a Bruxelles il patto sull'immigrazione; quando in Polonia si priva il presidente della competenza di nominare i giudici, contrariamente a qualsiasi principio costituzionale; e quando, attraverso delle risoluzioni, si vuole privare il Parlamento del diritto di agire attraverso le leggi. «Questa è una presa in giro della democrazia, una presa in giro della nazione polacca», ha detto Morawiecki.

L’assalto alla sede di TVP Info è un fatto gravissimo: è successo soltanto una volta in precedenza, quando il generale Jaruzelski, introducendo lo stato marziale, fece chiudere le trasmissioni televisive. E il fatto è ancora più preoccupante tenendo conto che è stato compiuto dai politici del governo che sono arrivati al potere ripetendo di voler ripristinare lo stato di diritto in Polonia. Per questo motivo è intervenuto lo stesso presidente della Polonia, Andrzej Duda, che ha scritto su X: «Un obiettivo politico non può essere una scusa per violare i principi costituzionali e la legge. Pertanto, in relazione alle azioni odierne del ministro della Cultura nei confronti dei media pubblici, invito il primo ministro Donald Tusk e il Consiglio dei ministri a rispettare l'ordinamento giuridico polacco».

Duda ha ricordato che l'intero Consiglio dei ministri ha prestato il giuramento di cui all'art. 151 della Costituzione, impegnandosi in particolare a rispettare le norme della Costituzione e delle altre leggi della Repubblica di Polonia, che invece sono state violate. Il presidente, molto preoccupato per tutto quello che sta succedendo nel Paese, è intervenuto il 21 dicembre ai microfoni di una radio, Radio Zet: «Vorrei tanto che in Polonia vigesse la decenza nella vita pubblica e lo stato di diritto. Ma ciò che è accaduto ieri [il 20 dicembre, ndr], purtroppo, lo smentisce, perché ieri la Costituzione è stata palesemente violata dal ministro Sienkiewicz». «Non è possibile che il Sejm (la camera bassa del Parlamento polacco, nda) emetta risoluzioni e che un ministro ritenga che tali risoluzioni sostituiscano o modifichino le leggi», ha detto Duda.

Il presidente ha sottolineato che attualmente esiste un organo statutario, cioè il Consiglio nazionale dei media, e la legge riguardante il funzionamento di tale organo non è stata modificata in alcun modo. «Se il primo ministro, i suoi colleghi e i ministri vogliono cambiare i principi giuridici per la nomina delle autorità pubbliche dei media, lo facciano, ma prima è necessario cambiare la legge», ha spiegato Duda.

L’attacco ai media pubblici da parte del governo Tusk è solo uno degli atti autoritari delle forze che sbandierano la loro volontà di far nuovamente diventare la Polonia un Paese democratico ed europeo. Ma che cosa possiamo aspettarci ancora? Siccome gli scenari per la Polonia da tempo vengono scritti dai tedeschi sia a Berlino che a Bruxelles (vedi Ursula von der Leyen e Manfred Weber), vale la pena segnalare certe voci che vengono dalla Germania e che riguardano il futuro della Polonia, come la voce di Klaus Bachmann sulla Berliner Zeitung. Per il giornalista tedesco «sulla Vistola sta iniziando un esperimento unico nel suo genere su scala mondiale, che può essere di lezione per molti altri Paesi: una coalizione di partiti democratici democraticamente eletti sta cercando di rendere il Paese di nuovo democratico con metodi non democratici». Ovviamente, per questo giornalista tedesco il precedente governo, eletto democraticamente e rispettoso della Costituzione, non era democratico per il solo fatto di essere conservatore, di badare agli interessi della Polonia, di non piegarsi al dominio, anche giuridico, di Bruxelles e di non voler trasformare l’Unione europea in un superstato oligarchico dominato dalla Germania e dalla Francia. E oggi si suggerisce a Tusk di diventare autocrate per «riformare» lo Stato perché, secondo Bachmann, i governi liberali non possono governare democraticamente se ereditano strutture autoritarie.

Questo non è il primo tentativo di Bachmann di incitare all'uso di metodi antidemocratici in Polonia. Già a ottobre aveva parlato della necessità di usare «metodi di polizia» contro il PiS (il partito oggi all’opposizione) e il presidente Duda. «Solo l’autoritarismo porterà cambiamenti», ha scritto il giornalista, che non si limita a generici proclami ma dà dei consigli precisi per il nuovo governo polacco. Prima di tutto, secondo Bachmann, bisogna «superare» il potere di veto del presidente Duda, distruggere istituzioni costituzionalmente stabilite come il Tribunale costituzionale e «affrontare il problema» dei giudici, che lui chiama in modo offensivo «falsi giudici» anche se sono stati nominati in modo consono alla Costituzione (l'articolo 179 della Costituzione afferma chiaramente: «I giudici sono nominati dal Presidente della Repubblica di Polonia, su richiesta del Consiglio Nazionale della Magistratura, a tempo indeterminato»).

Chissà se Tusk, così sensibile ai consigli tedeschi, realizzerà questo scenario scritto in Germania. Ma bisogna chiedersi anche perché in Europa non si notano queste azioni autoritarie dell’attuale governo polacco. Basta dichiararsi «europei» per non essere criticati dagli oligarchi europei qualsiasi cosa si faccia?



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