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CRISI DIPLOMATICA

Gli schiaffi della Nato all'Italia. Niente fianco Sud

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L'Italia si è battuta per far istituire una nuova figura di alto rappresentante della Nato per i rapporti con la sponda Sud del Mediterraneo. È stata istituita. Ma assegnata alla Spagna. E adesso l'Italia protesta.

Politica 24_07_2024
Javier Colomina (Imago Economica)

La nomina era stata annunciata e aveva destato molte proteste in Italia, ma ieri, 23 luglio, il segretario generale della NATO Jens Stoltenberg ha ufficializzato che il Rappresentante speciale per il vicinato meridionale (Fianco Sud, cioè il Mediterraneo) sarà Javier Colomina, spagnolo vice assistente dello stesso Stoltenberg con già due deleghe importanti: gli Affari politici e la Politica di sicurezza e Rappresentante speciale per il Caucaso e l'Asia centrale.

«ll Medio Oriente, il Nord Africa e le regioni del Sahel sono importanti per la nostra Alleanza. Javier Colomina ha una vasta esperienza nei rapporti con i partner della Nato», ha spiegato Stoltenberg. Che così ha di fatto ignorato le proteste di Roma che da quasi dieci anni chiede all’alleanza maggiore attenzione al Fianco Sud e la nomina di un funzionario di alto livello ad hoc per la regione mediterranea.

Al vertice Nato del 9-11 luglio a Washington è stata approvata l’istituzione del rappresentante speciale e Roma aveva presentato un tris di candidati che sono stati ignorati dalla Nato. L’Italia, offesa e umiliata, esce ancora una volta marginalizzata nei rapporti interni all’Alleanza Atlantica dopo che Giorgia Meloni aveva rivendicato il “successo” al summit di Washington, anche se la nomina di un rappresentante speciale per il Fianco Sud dell’alleanza non rappresentava nulla di così rilevante sul piano concreto, ma solo un passo simbolico che l’Italia riteneva però necessario. Specie se si considera il Mediterraneo è stato reso instabile proprio dai maggiori alleati della Nato: la destabilizzazione di Nord Africa e Sahel è conseguenza diretta delle primavere arabe del 2011 sostenute dall’Amministrazione Obama e la guerra alla Libia di Muammar Gheddafi venne scatenata da Usa, Gran Bretagna e Francia.

Del resto la Nato rimane concentrata dal 2008 (vertice di Bucarest) e soprattutto dal 2014 (Maidan a Kiev) sul Fianco Est e il contrasto alla Russia e oggi guarda addirittura alla sfida con la Cina nell’Indo-Pacifico, ignorando di fatto le crisi nel Mediterraneo che impattano per lo più sulle nazioni del Sud Europa. Ciò nonostante Roma non ha mai lesinato i contributi chiesti dalla Nato sul Fianco Est, inviando truppe e aerei nell’Est Europa e più recentemente persino la portaerei Cavour con due navi e 20 velivoli in Australia e poi in Giappone a sostegno delle richieste degli Stati Uniti.

Dure ma inutili le reazioni registrate a Roma allo sgarbo subito. Il governo ha espresso “forti perplessità” per l’indicazione di un inviato “personale” di Stoltenberg a poco più di due mesi dalla scadenza del suo mandato in una lettera inviata allo stesso Stoltenberg dal rappresentante permanente dell’Italia alla Nato, l’ambasciatore Marco Peronaci, in cui si legge che «le autorità italiane hanno appreso della tempistica della decisione con grande sorpresa e disappunto». E si ricorda che «per essere efficace la politica della Nato verso il Sud necessita di un rinnovato approccio, non di una ridenominazione».

La stessa Meloni avrebbe affrontato direttamente Stoltenberg a margine della riunione della Comunità Politica Europea (CEP) svoltasi giovedì scorso a Woodstock, in Gran Bretagna mentre il ministro della Difesa, Guido Crosetto, in una intervista a La Stampa, ha definito la nomina di Colomina «quasi un affronto personale, una profonda delusione. Ho scritto a Stoltenberg un messaggio durissimo. Mi ha fatto infuriare e ci saranno conseguenze sul piano dei rapporti personali. Il suo è stato il tradimento di un principio: era l’Italia a essersi battuta per introdurre il ruolo di inviato per il Fronte Sud. Stoltenberg non voleva. Ha dovuto metterlo nella risoluzione perché lo voleva l’Italia e così si è vendicato».

Crosetto ha poi aggiunto che Stoltenberg «Ha concluso i suoi 9 anni alla guida della NATO nel modo peggiore. L’Italia non ha un problema con la NATO, ha un problema con Stoltenberg. È lui l’unico responsabile, forse perché guidato da logiche di appartenenza politica, venendo meno alla prima delle sue responsabilità: essere super partes» .

Per Licia Ronzulli (Forza Italia) si tratta di una scelta politica. «Stoltenberg è un socialista, il suo incarico è a tempo, e ha fatto un favore ad un governo socialista nominando un alto funzionario spagnolo, scegliendolo tra i suoi vice»Il ministro degli Esteri Antonio Tajani conta invece sulla prossima nomina dell’olandese Mark Rutte, che a ottobre sostituirà Stoltenberg, per la “rivincita” italiana. «Mi auguro che la scelta del prossimo segretario generale sia più equilibrata e più rispettosa delle richieste italiane», ha detto Tajani, a margine del Consiglio Esteri a Bruxelles. 

Quelle emerse dal governo italiano sono però interpretazioni che tendono a personalizzare la responsabilità della decisione nella figura di Stoltenberg, visione che non salva l’Italia dall’umiliazione soprattutto perché “Stoltenberg è la Nato” e l’alleanza in tutti questi anni non ha mai voluto offrire spazi all’Italia, né all’area del Mediterraneo. Ritenere che nomine e incarichi dipendano da capricci personali e non da equilibri negoziati tra gli Stati membri e soprattutto con i “principali azionisti” anglo-americani della Nato è puerile e provinciale.

Del resto quanto la Nato tenga in considerazione l’Italia e i paesi del Sud Europa lo si deduce anche dal fatto che in 75 anni Roma ha espresso solo un segretario generale (più un altro ad interim per un solo anno) e un altro lo abbia espresso la Spagna: per il resto la partita se la sono sempre gestita tra nord europei, nazioni strettamente legate a Usa e Gran Bretagna. 

Ci sono tanti modi per interpretare l’affronto all’Italia, minimizzandolo o enfatizzandolo, ma nessuno risulta digeribile poiché affidare a Colomina un ulteriore incarico significa sminuire proprio il ruolo dello speciale rappresentante per i Paesi del Fianco Sud, con il risultato di ridicolizzare due volte quanto sollecitato dall’Italia: negandole l’incarico e attribuendo ad esso un peso minore. Nulla avrebbe vietato di rimandare la nomina del nuovo rappresentante speciale all’insediamento di Rutte, a conferma che la nomina di Colomina non è un fatto casuale e nasconde malamente uno sgarbo a Roma, il cui governo di centro-destra non risulta certo allineato agli attuali esecutivi delle maggiori potenze Nato e Ue quali Usa, Gran Bretagna, Francia, Germania e Spagna.

 Al di là di sterili proteste e lamentele all’indirizzo dell’ormai dimissionario Stoltenberg, Roma dispone di molti mezzi per inviare messaggi concreti alla Nato. Innanzitutto potrebbe richiamare i contingenti militari terrestri e aeronautici schierati nei dispositivi Nato dislocati in Lettonia, Ungheria, Polonia e Bulgaria. Se la Nato si disinteressa del Mediterraneo tocca a noi presidiarlo e ritirare queste forze dimostrerebbe che per l’Italia si tratta della priorità. Alla stessa stregua Roma potrebbe richiamare immediatamente dall’Australia aerei e navi oggi dislocati a Port Darwin. Se ai nostri alleati non interessa il Mediterraneo perché l’Italia dovrebbe avere a cuore la sicurezza dell’Indo-Pacifico?

Ulteriori iniziative rapidamente attuabili potrebbero riguardare il rallentamento o lo stop dei nostri aiuti militari all’Ucraina, oppure la rinuncia a finanziare il fondo che raccoglierà 43 miliardi di euro da fornire all’Ucraina entro la fine del 2025, proposta messa a punto proprio da Stoltenberg. O ancora la rinuncia dell’Italia a prendere parte con proprie forze alla nuova missione, varata dalla Nato al summit di Washington su proposta sempre di Stoltenberg, che coinvolgerà 700 militari per coordinare il sostegno militare a Kiev e l’addestramento delle truppe ucraine e da cui l’Ungheria si è già chiamata fuori.

Si tratta di contromisure che il governo potrebbe annunciare o attuare facendo valere il peso non irrilevante dell’Italia nei dispositivi militari alleati. Il governo avrà il coraggio di muoversi in tal senso?