Gli attentati islamici in Europa non fanno più notizia
Germania, Spagna, Francia... sono tanti gli attacchi di "lupi solitari" jihadisti che fanno vittime in Europa, nel solo mese di gennaio. Ma ormai non fanno più notizia. E ancora più numerosi e gravi sono gli attentati pianificati, anche chimici (come in Germania), fortunatamente sventati.
Un rifugiato palestinese, e non un siriano, come scritto in un primo momento, viaggiava su un regionale fra Amburgo e Kiel, nel tardo pomeriggio di mercoledì 25 gennaio, quando, improvvisamente, ha iniziato a colpire con un coltello i passeggeri. Due i morti e sette i feriti, di cui tre in modo grave: un bilancio scottante che non ha fatto troppo scalpore. La notizia è transitata sulla stampa internazionale per qualche ora, poi nulla. S’è fatto in tempo, però, a sapere, e denunciare, che l’attentatore avesse “problemi mentali”.
Il permesso di soggiorno temporaneo era talmente sporco di sangue che la polizia non è riuscita a decifrarne l’età. E due ore dopo l’attentato, continuavano a rincorrersi voci contraddittorie sulla sua nazionalità. Immediatamente dopo l’arresto, il ministro degli interni dello Land tedesco dello Schleswig-Holstein, Sabine Sutterlin-Waack, ha rivelato l’identità dell’uomo: Ibrahim A., arrivato in Germania nel 2014, ha vissuto prima nel Nord Reno-Westfalia e poi nello Schleswig-Holstein, e nel 2016 ha ricevuto la protezione sussidiaria. Status che si concede ai cittadini stranieri che non possiedono i requisiti per essere riconosciuti come rifugiati, ma nei cui confronti possono sussistere motivi di ritenere che, se ritornasse nel Paese di origine, correrebbe il rischio effettivo di subire un grave danno.
L’attentatore arrestato a Brokstedt mercoledì sera, era già finito in manette per furto, taccheggio, aggressione e violenza sessuale. E fino a una settimana fa, era in custodia. Secondo le testimonianze, il treno regionale, teatro dell’attentato, aveva sei carrozze ed in tutte e sei sono state trovate tracce di sangue. Finora il caso non è stato trattato come terrorismo, tuttavia l’azione non può che ricordare quella messa in atto da un afgano minorenne, nel 2018 - e poi rivendicata dallo Stato islamico -, che ferì cinque persone su un treno a colpi d’ascia. Quasi in contemporanea all’atto di brutale violenza che ha colpito la Germania, in Spagna andava in scena un attacco, in due chiese diverse, al grido di Allah Akbar con una spada da samurai.
Erano le 20, quando l’uomo, tale Yassine Kansar, un 25enne di origini marocchine, armato di katana, una spada giapponese, è entrato prima nella chiesa di San Isidro di Algeciras, nella provincia di Cadice e dopo in quella di Nuestra Señora de La Palma dove ha ucciso un uomo e ferito altre quattro persone. L’assalitore si è prima recato nella cappella di San Isidro, in uno dei quartieri più popolari della cittadina, e dopo aver discusso con il parroco, che si trovava all’esterno della chiesa, gli ha assestato una pugnalata lasciando il sacerdote a terra gravemente ferito. Poi, si è spostato verso la chiesa di Nuestra Señora de La Palma, a poche centinaia di metri di distanza, e qui ha ucciso il sagrestano Diego Valencia. Secondo alcune testimonianze, un’ora e mezza prima dell’attacco, l’uomo era già entrato una prima volta nella chiesa di San Isidro, cominciando a discutere con i fedeli presenti e invitandoli a “seguire l’islam”. È stato arrestato poco dopo, mentre si stava dirigendo verso una terza chiesa, quella della Vergine dell’Europa, che, però, era chiusa. Il sindaco della città, Jose Ignacio Landaluce, ha decretato una giornata di lutto e ha convocato una manifestazione di protesta davanti alla chiesa principale della città. El Mundo riporta che nelle ore successive, la polizia ha proceduto alla perquisizione di una casa nel centro della città: si ritiene che l'uomo avesse dei complici. Nell’Europa delle fobie, però, nessuno ha gridato alla cristianofobia.
Il mese di gennaio che si avvia alla conclusione ha inaugurato il 2023 all’insegna del terrorismo in Europa. Appena dopo l’Epifania, infatti, un’unità dell’ufficio del pubblico ministero di Düsseldorf concludeva un’operazione che ha portato all’arresto di due fratelli iraniani accusati di preparare attentati con cianuro e ricina, per preparare un attacco islamista. “C’è un piano per attacchi terroristici con il cianuro in Germania”, l’avvertimento è arrivato dall’Fbi e subito è scattata un’operazione che ha portato all’arresto dei due iraniani, accusati di preparare attentati con armi chimiche. L’attentato avrebbe dovuto verificarsi durante il periodo natalizio, ma qualcosa è andato storto. I due erano arrivati in Germania nel 2015, l’anno in cui la Merkel aprì le porte a oltre un milione di rifugiati.
Già nel 2018, sempre in Germania un tunisino venne trovato in possesso di ottanta milligrammi di ricina, e altri materiali utili a confezione un ordigno capace di combinare il potenziale tossico con quello esplosivo. L’uomo si era radicalizzato su internet e voleva a tutti i costi punire gli infedeli tedeschi, nel 2020 è stato condannato a dieci anni di galera. Dal 2000, le autorità tedesche hanno sventato 21 attentati di matrice islamica. I timori a livello europeo sono, però, cresciuti dal momento che l’intelligence ha denunciato un aumento degli Stati dove vi è disponibilità a reperire manuali in rete e materie primi utili a confezionare ordigni.
Il 14 gennaio, anche a Londra è stato arrestato un uomo accusato di aver tentato di importare uranio nel Regno Unito “con l’intenzione di utilizzarlo”. A lui l’antiterrorismo è arrivato dopo il ritrovamento della sostanza radioattiva all’aeroporto di Heathrow, qualche giorno prima di Natale, in una partita di rottami metallici destinati a un’azienda registrata in Iran con sede in Gran Bretagna. Secondo l’intelligence, il viaggio del materiale sarebbe iniziato in Pakistan per poi transitare in Oman prima di entrare in Europa.
E non è un caso. Nel 2015, infatti, in un articolo su Dabiq, la rivista ufficiale dell’Isis, si esortavano i discepoli del gruppo in Pakistan ad acquistare un ordigno nucleare servendosi di ufficiali governativi corrotti. Era l’11 gennaio, ancora, quando alla Gare du Nord, la stazione parigina, un uomo accoltellava sette persone con un punteruolo utilizzato per praticare fori nei muri. Un’aggressione che si sarebbe potuta evitare se si fosse rispettata la legge: sull’aggressore pendeva, infatti, un ordine di espulsione. Eppure la notizia non è stata per niente riportata dalla stampa internazionale e su quella francese ha faticato a prendere spazio. L’uomo, un immigrato clandestino di vent’anni, con precedenti e originario della Libia, adesso è in custodia cautelare.
Sia al-Qaeda che l’Isis non sono, al momento, in grado di mettere in atto gli attentati della portata del decennio scorso. Tant’è che in più occasioni è stato espressamente chiesto di agire anche a quanti non sono “professionisti”. Definirli “lupi solitari” è un modo tutto europeo per smorzare la radice islamica, ma l’Isis ha sempre definito “soldati” gli uomini che agiscono anche senza essere direttamente collegati alle cellule jihadiste. E questo ha trasformato, in qualche modo, in alto il rischio terrorismo islamico in Europa là dove tutto è molto più imprevedibile e dove è sempre più facile reperire materiale per confezionare armi e organizzare attentati.
Ma le notizie degli attentati di questo inizio del 2023 inaspriscono ancora di più, anche, il dibattito sulla mancata integrazione degli immigrati e sulla gestione poco attenta dei clandestini. È curioso che nell’Europa delle emergenze sistematiche, le settimane di attentati che hanno coinvolto ben tre Paesi diversi dell’Unione consecutivamente, non costituiscano una fatto degno di nota.