Giussani, maestro del nuovo annuncio di Cristo
Don Giussani è stato il grande maestro del riannuncio di Cristo alla fine dell’età moderna, in un mondo largamente secolarizzato. Un movimento che ha inizio alla fine del XIX Secolo con John Henry Newman e trova subito riflesso nel magistero papale. Solo ora, a debita distanza, si può apprezzarne la statura.
Dieci anni or sono, il 22 febbraio 2005, moriva a Milano don Luigi Giussani. Liberando la memoria dalle semplificazioni massmediatiche di cui fu oggetto mentre era in vita, il tempo da allora trascorso rende oggi più facile cogliere il suo rilievo nella storia della Chiesa e della società del Secolo XX.
Maestro nella fede di vivissimo carisma, ma nel medesimo tempo grande teologo-filosofo ed educatore, Luigi Giussani è stato una delle personalità di maggior peso di quel movimento di riannuncio di Cristo e del suo Vangelo al tramonto dell’età moderna che inizia alla fine del secolo XIX con John Henry Newman e il suo fondamentale Saggio per una grammatica dell’assenso (1870). Un movimento che trova poi tempestivo riflesso e sviluppo nel magistero papale dell’epoca, da Leone XIII all’attuale Pontefice. E sistematizzazione nel Concilio Vaticano II che, al di là del suo fondamentale ruolo di catalizzatore del processo, ne fu in sostanza assai più un frutto che una fonte.
Giussani fu un uomo, un cristiano di tale statura. Oggi è il caso di cominciare a riconoscerlo, il che è forse più difficile per i numerosi amici e discepoli che ha lasciato su questa terra che non per l’opinione pubblica in genere. Paradossalmente chi ha un ricordo diretto della sua intensa amicizia, o comunque della sua incondizionata prossimità umana con chiunque incontrasse, fatica talvolta a coglierne la statura assai più di chi l’ha visto da lontano. Giussani è stato il grande maestro del riannuncio di Cristo alla fine dell’età moderna, in un mondo largamente secolarizzato e nel quale l’eredità pedagogica e devozionale del Concilio di Trento e della Riforma cattolica non hanno più alcuna presa, non suscitano più interesse alcuno.
Tra la pubblicazione nel 1870 del Saggio per una grammatica dell’assenso - in cui Newman argomenta il nesso necessario tra la fede e la ragione e sottolinea la congruità della risposta cristiana alle grandi questioni esistenziali - e l’uscita nel 1966 presso Jaca Book della prima edizione de Il senso religioso di Luigi Giussani trascorre un secolo. E’ il secolo in cui la civiltà dei Lumi entra in crisi, le ideologie “laiche” sviluppatesi nei Secoli XVIII e XIX falliscono tragicamente alla prova delle sfide del Secolo XX, lasciandosi dietro di sé una scia di sangue e di lacrime senza paragoni in tutta la storia dell’uomo; e nella Chiesa viene ad esaurirsi l’eredità teorica e pastorale del Concilio di Trento. Nella Chiesa il movimento di esperienze e di pensiero di cui dicevamo trova frattanto impulso e fondamento in figure, tra le altre, come Romano Guardini (1885-1968), Henri de Lubac (1896-1991), Hans Urs von Balthasar (1905-1988), Yves Congar (1905-1995) e infine Luigi Giussani. E pure il cristianesimo riformato vi contribuisce con pensatori e teologi come Reinhold Niebuhr, Karl Barth e altri.
Non basta ovviamente tutta questa fioritura ad annullare la forza d’inerzia della storia, a causa della quale l’ateismo pratico, il nichilismo e il relativismo da fenomeni di élite - come erano fino a tutti gli anni ’60 del secolo scorso – sono divenuti fenomeni di massa. Il movimento di cui si diceva pone però il seme di una possibile futura ripresa dell’esperienza cristiana in cui si ha buon motivo di sperare, anche se la nostra generazione difficilmente potrà vederne la pienezza. A questo processo Luigi Giussani dà il contributo di un pensiero sorgivo, come bene è stato detto, e la testimonianza carismatica e molto convincente di una vita che la fede nella presenza di Cristo rendeva appassionata e intensa. Per Giussani, infatti, la fede è il riconoscimento di una Presenza, l’incontro con la quale illumina ogni ambito della vita della persona dai rapporti umani al lavoro, alla vita sociale e politica. Di qui la sua forte critica alla ragione, così come viene intesa dall’Illuminismo, chiusa a priori a tutto ciò che non riesce a spiegare da sé; e disposta per questo anche alla censura dell'esperienza personale e della realtà. La fiducia in una ragione aperta alla fede è per Giussani la premessa metodologica per ogni seria ricerca della verità e per ogni seria analisi dell'esperienza religiosa.
Se tutto questo colloca Giussani, seppur appunto in modo sorgivo, dentro il movimento di esperienza e di pensiero di cui si diceva, sono nella sostanza soltanto suoi il carisma e il metodo pedagogico. Senza soffermarci qui su una vicenda già esaurientemente illustrata da Alberto Savorana in Vita di don Giussani, la sua biografia edita da Rizzoli nel 2014, diremo in breve che a metà degli anni ’50 del secolo scorso, lasciando per questo il suo posto di promettente professore di teologia al seminario diocesano, per quello di insegnante di religione in un liceo di Milano, Giussani vive e sviluppa l’esperienza, e quindi il metodo, che troverà poi sistematizzazione ne Il senso religioso (nuova edizione accresciuta), All’origine della pretesa cristiana e Perché la Chiesa. Pubblicati da Jaca Book tra il 1986 e il 1992 e attualmente editi da Rizzoli, i tre volumi costituiscono “Il percorso”; insomma un itinerario di educazione alla fede su misura per la gente del nostro tempo, così come Giussani l’aveva colta e descritta nel suo La coscienza religiosa nell’uomo moderno, Jaca Book 1985, un testo oggi contenuto ne Il senso di Dio e l'uomo moderno, Rizzoli 1994.
E’ questo il quadro in cui si situa il movimento di Comunione e Liberazione, la principale opera educativa di don Giussani, da lui guidata e animata fino all’ultimo respiro. Di CL, riconosciuto ufficialmente sotto il suo pontificato, nella sua lettera a don Giussani in occasione del 20° anniversario di tale riconoscimento, san Giovanni Paolo II scrive tra l’altro l’11 febbraio 2002: “Riandando con la memoria alla vita e alle opere della Fraternità e del Movimento, il primo aspetto che colpisce è l’impegno posto nel mettersi in ascolto dei bisogni dell’uomo d’oggi. L’uomo non smette mai di cercare (…) L’unica risposta che può appagarlo acquietando questa sua ricerca gli viene dall’incontro con Colui che è alla sorgente del suo essere e del suo operare. Il Movimento pertanto ha voluto e vuole indicare non una strada, ma la strada per arrivare alla soluzione di questo dramma esistenziale (…)”. Senza ignorarne i limiti e gli errori, ma senza nemmeno dare ingiustificato credito ai troppi attacchi in male fede di cui è stato più volte oggetto, è ponendosi in tale orizzonte che si può comprendere appieno il senso di CL nella storia della Chiesa del nostro tempo.
Robi Ronza è l'autore di "Il movimento di Comunione e liberazione", libro-intervista a don Luigi Giussani, rieditato nei mesi scorsi dalla BUR, con prefazione di don Julian Carron.