Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Cristo Re a cura di Ermes Dovico

RAPPORTO SERVIZI

Giubileo a rischio jihad. Infiltrati tra i profughi

«L’Italia appare sempre più esposta al rischio di attacchi terroristici». Lo dice la Relazione annuale elaborata dai servizi di sicurezza e consegnata la scorsa settimana alle Camere. Nella valutazione degli organismi d’intelligence si legge come il nostro Paese sia «target potenzialmente privilegiato sotto un profilo politico e simbolico/religioso, anche in relazione alla congiuntura del Giubileo straordinario»

Politica 07_03_2016
Giubileo a rischio attentati

«L’Italia appare sempre più esposta al rischio di attacchi terroristici». Lo dice la Relazione annuale sulla politica dell’informazione per la sicurezza, elaborata dai servizi di sicurezza e consegnata la scorsa settimana alle Camere. Nella valutazione degli organismi d’intelligence si legge come il nostro Paese sia «target potenzialmente privilegiato sotto un profilo politico e simbolico/religioso, anche in relazione alla congiuntura del Giubileo straordinario; terreno di coltura di nuove generazioni di aspiranti mujahiddin, che vivono nel mito del ritorno al Califfato e che, aderendo alla campagna offensiva promossa da Daesh, potrebbero decidere di agire entro i nostri confini».

Secondo l’intelligence è da ritenersi «elevato il rischio di nuove azioni in territorio europeo, ad opera sia di emissari, inviati ad hoc, inclusi foreign fighter, sia di militanti eventualmente già presenti (e integrati/mimetizzati) in Europa, che abbiano ricevuto ispirazione e input da attori basati all’esterno dei Paesi di riferimento». Gli attacchi di Parigi «hanno verosimilmente inaugurato una strategia di attacco all’Occidente destinata a consolidarsi». É dunque «da ritenere elevato il rischio di nuove azioni in territorio europeo» e potrebbero essere «attacchi eclatanti» sullo stile di quelli francesi. Potenziali autori sia emissari dello Stato Islamico inviati ad hoc, inclusi foreign fighters addestrati in teatri di guerra, che militanti già presenti e integrati-mimetizzati in Europa. 

Un «ulteriore elemento di pericolo» arriva poi dal rischio emulazione degli attentati francesi, portati avanti contro soft target (cioè bersagli non protetti come bar e locali pubblici affollati) per i quali «è impensabile poter assicurare la protezione fisica». La minaccia così delineata, ammettono i servizi, «che può concretizzarsi per mano di un novero diversificato di attori, rende il “rischio zero” oggettivamente impossibile». Una valutazione tecnicamente ineccepibile, ma che sul piano politico e della prevenzione richiama tutti gli errori commessi finora dall’Europa e che l’Italia ricalca pedissequamente come se non ci fosse nulla da imparare dal fallimento del progetto di multiculturalismo che si riscontra in Gran Bretagna, Francia, Germania, Belgio e altre Nazioni europee che prima della nostra hanno dovuto fare i conti con una massiccia immigrazione islamica.

Pure combattendo il terrorismo quando si manifesta, l’Europa non ha mai voluto combattere l’estremismo islamico che crea il terreno fertile per il jihadismo. Consentiamo a imam legati ai movimenti salafita e dei Fratelli Musulmani di gestire moschee e centri culturali nelle città europee fingendo di dimenticare che quelle ideologie sono le stesse dei gruppi jihadisti quali al-Qaeda e lo Stato islamico. Non sappiamo o fingiamo di non sapere che le milizie salafite e dei Fratelli Musulmani combattono al fianco di quelle di al-Qaeda in Libia e Siria? In Germania ha suscitato scalpore la notizia che l’imam salafita di Colonia abbia giustificato in un’intervista molestie e stupri perpetrati da musulmani contro centinaia di donne la notte di Capodanno («se lo meritavano perché giravano per strada profumate e seminude») quando il vero scandalo è che esponenti di ideologie simili vengano non solo accolti e accettati in Europa, ma possano persino gestire moschee, fare proselitismo e magari pure incassare denaro pubblico.

Secondo lo studio di Michele Groppi sull’estremismo islamico, pubblicato l’anno scorso del Centro Militare di Studi Strategici, in Italia ci sarebbero 108 moschee e affini controllate da estremisti che fanno proselitismo. La situazione sarà certo molto più grave in Francia, Germania e Gran Bretagna, dove l’assenza di una politica di forte repressione dell’ideologia jihadista facilita l’indottrinamento di migliaia di giovani musulmani che sarà sufficiente inviare qualche mese al fronte in Siria, Iraq o Libia per trasformarli in killer e kamikaze privi di scrupoli. Il rapporto dell’intelligence infatti mette in guardia contro «l’auto-reclutamento di elementi giovanissimi, al termine di processi di radicalizzazione spesso consumati in tempi molto rapidi e ad insaputa della stessa cerchia familiare».

Nella relazione dell’Intelligence, di oltre 130 pagine, si legge, inoltre, come vadano «valutati con estrema attenzione i crescenti segnali di consenso verso l’ideologia jihadista emersi nei circuiti radicali on-line, frequentati da soggetti residenti in Italia o italofoni». «Si tratta di individui anche molto giovani, generalmente privi di uno specifico background, permeabili ad opinioni “di cordata” o all’influenza di figure carismatiche e resi più recettivi al credo jihadista da crisi identitarie, condizioni di emarginazione e visioni paranoiche delle regole sociali, talora frutto della frequentazione di ambienti della microdelinquenza, dello spaccio e delle carceri».  La Relazione dei servizi segreti pone particolare attenzione su quest’ultimo aspetto, poiché «i detenuti per reati comuni sembrerebbero i più vulnerabili a percorsi di radicalizzazione ideologico-religiosa e, qualora indottrinati, potrebbero, all’atto della scarcerazione, decidere di raggiungere i territori del Califfato o comunque nutrire sentimenti di rivalsa nei confronti del nostro Paese».

L’Italia quindi «appare sempre più esposta» alla minaccia terroristica e, anche se non sono emersi specifici riscontri su piani terroristici, la propaganda jihadista ha spesso indicato la Penisola come nemico per i suoi rapporti con Usa e Israele e per la partecipazione alla Coalizione internazionale anti-Isis. La maggiore esposizione al rischio emerge anche in relazione al Giubileo e alla possibile attivazione di nuove generazioni di aspiranti mujahiddin che aderiscono alla campagna promossa dall’Isis. Massima vigilanza viene riservata al possibile rientro in Italia di volontari che hanno combattuto nei teatri di guerra, nonché dei cosiddetti “pendolari” in grado di muoversi liberamente nello spazio Schengen perché già residenti sul territorio italiano o i altri Paesi europei.

I servizi di sicurezza hanno infine reiterato l’allarme per i problemi di sicurezza legati ai flussi di immigrati clandestini e all’infiltrazione di terroristi, soprattutto lungo la rotta balcanica. Del resto su 5 mila foreign fighter europei stimati oltre 900 sono di origine balcanica, (per lo più kosovari, albanesi e bosniaci. Le investigazioni hanno fatto già emergere l’attività di gruppi criminali brindisini nel trasferimento di migranti dalle coste della penisola balcanica meridionale verso l’Italia. Possibile embrione della ripresa dei massicci flussi dall’Albania, come negli Anni ’90 ma questa volta per trasferire immigrati asiatici sbarcati in Grecia e bloccati dai “muri“ eretti ai confini bulgaro e macedone.