Giovedì Santo
Il Giovedì Santo ci prepara ai misteri della Passione e richiama quanto Gesù visse alla vigilia della Sua morte in croce, interrogando ogni fedele con le parole del salmista: «Che cosa renderò al Signore per tutti i benefici che mi ha fatto?». È il momento propizio per fare compagnia e confortare Nostro Signore: come fece l’angelo disceso nell’Orto degli Ulivi, e come fece Maria, partecipando ai Suoi dolori
Primo giorno del Triduo Pasquale, il Giovedì Santo ci prepara ai misteri della Passione e richiama quanto Gesù visse alla vigilia della Sua morte in croce, interrogando ogni fedele con le parole del salmista: «Che cosa renderò al Signore per tutti i benefici che mi ha fatto?». Al mattino del Giovedì Santo viene celebrata nelle cattedrali la Messa crismale, durante cui il vescovo consacra solennemente gli oli santi e in particolare il Sacro Crisma, e la Messa in Coena Domini (che segna l’inizio del tempo liturgico del Triduo), officiata nel tardo pomeriggio o alla sera per commemorare l’Ultima Cena con gli apostoli, quando Cristo «sapendo che era giunta la sua ora di passare da questo mondo al Padre, dopo aver amato i suoi che erano nel mondo, li amò sino alla fine» (Gv 13, 1).
Nell’Ultima Cena, Gesù e i Dodici celebrarono la Pasqua ebraica, memoriale della salvezza che Dio aveva donato a Israele, schiavo in terra d’Egitto, «passando oltre» le case degli ebrei e manifestando la Sua potenza liberatrice. Come il sangue dell’agnello sugli stipiti delle porte aveva salvato i primogeniti israeliti, così Gesù - il vero Agnello, annunciato dai profeti - manifestò che solo il Suo sacrificio è fonte di vera salvezza, cioè la liberazione dalla schiavitù del peccato, preludio alla nuova Pasqua e gloria eterna per chi Lo ama. Egli è Dio che si fa Servo, insegna agli apostoli a servirsi l’un l’altro e, con il gesto della lavanda dei piedi, ribalta le idee di grandezza tipiche del mondo. Fino a condensare tutto così: «Questo è il mio comandamento: che vi amiate gli uni gli altri, come io vi ho amati. Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici». Quel come io vi ho amati è l’imperativo a vivere secondo la Volontà divina, in amore e verità.
Il disegno di Misericordia racchiuso nell’Ultima Cena ha il suo culmine nell’istituzione dell’Eucaristia, che Gesù dona a ognuno quale «pane di vita» per rimanere saldo di fronte al «mistero d’iniquità» che attanaglia il mondo e per vincere il combattimento spirituale. Chiarissime le Sue parole nell’atto di benedire e spezzare il pane: «Prendete e mangiate. Questo è il mio Corpo». E, ancora, dopo la benedizione del calice: «Bevetene tutti, perché questo è il mio Sangue dell’alleanza, versato per molti, in remissione dei peccati». Sempre Lui, Sacerdote eterno, volle istituire nella stessa cena il sacramento dell’Ordine, per perpetuare nei secoli il dono totale di Sé («fate questo in memoria di me») attraverso la sua Chiesa, fondata sugli apostoli e anzitutto su Pietro. Gesù prega per loro e annuncia sia le persecuzioni che subiranno nel suo Nome sia i fedeli che li seguiranno: «Se hanno perseguitato me, perseguiteranno anche voi. Se hanno osservato la mia parola, osserveranno anche la vostra».
Il tradimento di Giuda e l’arresto nel Getsemani ricordano proprio che Gesù è segno di contraddizione, tra chi lo ama e chi rifiuta l’amore divino, arrivato fino al sacrificio in croce dell’Unigenito. Tra chi, pur nell’umana debolezza, confida e chiede il perdono a un Padre che lo ha amato per primo, e chi non si riconosce come Suo figlio. Per questo Gesù si consola in Pietro, al quale annuncia il rinnegamento, ma ne conosce la fede: «Simone, Simone, ecco satana vi ha cercato per vagliarvi come il grano; ma io ho pregato per te, che non venga meno la tua fede; e tu, una volta ravveduto, conferma i tuoi fratelli». E si consola in Giovanni - che all’annuncio del tradimento reclinò il capo sul Cuore di Gesù - nonché negli altri apostoli e in tutto il Suo gregge. Scrivendo sull’Ultima Cena, l’umilissima Serva di Dio Luisa Piccarreta (1865-1947) fece il seguente paragone: «È in quest’ora solenne che nei due discepoli vengono raffigurati i due popoli, il reprobo e l’eletto: il reprobo in Giuda, che sente già l’inferno nel cuore; l’eletto in Giovanni, che in Te riposa e gode».
Le rivelazioni celesti avute dalla Piccarreta aiutano poi a riflettere su cosa provò Gesù nell’Orto degli Ulivi e cosa significhi il peccato: «In quest’agonia la pena più straziante fu quando Mi si fecero innanzi uno per uno tutti i peccati, la mia Umanità ne comprese tutta l’enormità, e ogni delitto portava l’impronta ‘morte a un Dio’ […]. Innanzi alla Divinità la colpa Mi compariva così orrida e più orribile della stessa morte; nel capire solo che significa peccato, Io Mi sentivo morire e ne morivo davvero […]; gridai a tutte le creature che avessero pietà di Me, ma invano» [cfr. L’Orologio della Passione].
Al termine della Messa vespertina del Giovedì Santo, l’Eucaristia viene conservata nell’altare della reposizione (mentre il resto della chiesa, nel rito romano, rimane al buio e le campane tacciono), dove i fedeli possono adorare il Santissimo Sacramento fino al pomeriggio del Venerdì Santo e meditare sui misteri della Passione, specialmente sulla tristezza mortale provata da Gesù nel Getsemani. È il momento propizio per confortare Nostro Signore: come fece l’angelo disceso nell’Orto degli Ulivi, e come fece Maria, partecipando ai Suoi dolori.