«Giovani, il vostro cuore puro, chiede la felicità»
Nel 2015 Papa Francesco aveva annunciato che avrebbe preparato la Giornata Mondiale della Gioventù di Cracovia del luglio 2016 attraverso tre messaggi sulle beatitudini, diffondendo il primo sui poveri in spirito (clicca qui). Ieri ha pubblicato il secondo, sul tema: «Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio».
Nel 2015 Papa Francesco aveva annunciato che avrebbe preparato la Giornata Mondiale della Gioventù di Cracovia del luglio 2016 attraverso tre messaggi sulle beatitudini evangeliche, diffondendo il primo sui poveri in spirito (clicca qui). Il 17 febbraio 2015 ha pubblicato il secondo messaggio, sul tema: «Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio» (Mt 5,8), con un forte richiamo ai giovani a riscoprire la purezza in un'epoca in cui l'amore è «banalizzato» è ridotto alla sola sessualità.
Il Pontefice ha ricordato che la parola “beati”, cioè “felici”, compare nove volte in questo discorso di Gesù: è «come un ritornello che ci ricorda la chiamata del Signore a percorrere insieme a Lui una strada che, nonostante tutte le sfide, è la via della vera felicità». Questo i giovani lo capiscono facilmente. Vogliono essere felici. «Sì, cari giovani», conferma il Papa, «la ricerca della felicità è comune a tutte le persone di tutti i tempi e di tutte le età. Dio ha deposto nel cuore di ogni uomo e di ogni donna un desiderio irreprimibile di felicità, di pienezza. Non avvertite che i vostri cuori sono inquieti e in continua ricerca di un bene che possa saziare la loro sete d’infinito?». Adamo ed Eva erano stati creati felici. «I primi capitoli del Libro della Genesi ci presentano la splendida beatitudine alla quale siamo chiamati e che consiste in comunione perfetta con Dio, con gli altri, con la natura, con noi stessi. Il libero accesso a Dio, alla sua intimità e visione era presente nel progetto di Dio per l’umanità dalle sue origini e faceva sì che la luce divina permeasse di verità e trasparenza tutte le relazioni umane». In questo felice stato di purezza originale «non esistevano "maschere", sotterfugi, motivi per nascondersi gli uni agli altri. Tutto era limpido e chiaro».
Ma ecco che l’uomo e la donna «cedono alla tentazione e rompono la relazione di fiduciosa comunione con Dio, il peccato entra nella storia umana». E il peccato va preso sul serio. Le sue «conseguenze si fanno subito notare anche nelle loro relazioni con se stessi, l’uno con l’altro, con la natura. E sono drammatiche! La purezza delle origini è come inquinata». Non solo «l’accesso diretto alla presenza di Dio non è più possibile», ed era quella la pienezza della felicità, ma «subentra la tendenza a nascondersi, l’uomo e la donna devono coprire la propria nudità. Privi della luce che proviene dalla visione del Signore, guardano la realtà che li circonda in modo distorto, miope. La "bussola" interiore che li guidava nella ricerca della felicità perde il suo punto di riferimento e i richiami del potere, del possesso e della brama del piacere a tutti i costi li portano nel baratro della tristezza e dell’angoscia». La storia del popolo di Israele è la storia di questa ricerca del Paradiso perduto e della felicità perduta. Ma questa ricerca poteva trovare compimento solo in Cristo. Perché la felicità era stata perduta a causa del peccato, e solo Cristo «redime dal peccato».
«E così, in Cristo, cari giovani», continua Papa Francesco, «si trova il pieno compimento dei vostri sogni di bontà e felicità. Lui solo può soddisfare le vostre attese tante volte deluse dalle false promesse mondane». Francesco rievoca le parole di san Giovanni Paolo II nel 2000 a Tor Vergata: «è Cristo la bellezza che tanto vi attrae; è Lui che vi provoca con quella sete di radicalità che non vi permette di adattarvi al compromesso; è Lui che vi spinge a deporre le maschere che rendono falsa la vita; è Lui che vi legge nel cuore le decisioni più vere che altri vorrebbero soffocare. É Gesù che suscita in voi il desiderio di fare della vostra vita qualcosa di grande».
Dopo questa premessa, Francesco invita i giovani ad approfondire come la felicità passi attraverso la purezza dl cuore. Prima di tutto, che cos'è il cuore? «Per la cultura ebraica il cuore è il centro dei sentimenti, dei pensieri e delle intenzioni della persona umana. Se la Bibbia ci insegna che Dio non vede le apparenze, ma il cuore (cfr 1 Sam 16,7), e possiamo dire anche che è a partire dal nostro cuore che possiamo vedere Dio». Ma il cuore deve essere puro. Che cosa significa? Il Pontefice spiega che «la parola greca utilizzata dall’evangelista Matteo è katharos e significa fondamentalmente pulito, limpido». Gli Ebrei rischiavano «una certa concezione della purezza rituale legata all’esteriorità, che vietava ogni contatto con cose e persone (tra cui i lebbrosi e gli stranieri), considerati impuri». Ma Gesù la scardina, insegnando: «Non c’è nulla fuori dell’uomo che, entrando in lui, possa renderlo impuro. Ma sono le cose che escono dall’uomo a renderlo impuro. Dal di dentro infatti, cioè dal cuore degli uomini, escono i propositi di male: impurità, furti, omicidi, adultèri, avidità, malvagità, inganno, dissolutezza, invidia, calunnia, superbia, stoltezza» (Mc 7,15.21-22).
Perché da un cuore puro nasce la felicità? Questo forse per i giovani di oggi è meno facile da capire. «A partire dall’elenco dei mali che rendono l’uomo impuro, enumerati da Gesù, vediamo che la questione tocca soprattutto il campo delle nostre relazioni. Ognuno di noi deve imparare a discernere ciò che può "inquinare" il suo cuore, formarsi una coscienza retta e sensibile, capace di discernere la volontà di Dio». Molti giovani sono attenti alla purezza dell'aria, dell'acqua e del cibo, e questo è bene. Ma «tanto più dobbiamo custodire la purezza di ciò che abbiamo di più prezioso: i nostri cuori e le nostre relazioni. Questa "ecologia umana" ci aiuterà a respirare l’aria pura che proviene dalle cose belle, dall’amore vero, dalla santità».
La questione è molto delicata, perché «i nostri cuori possono attaccarsi a veri o falsi tesori, possono trovare un riposo autentico oppure addormentarsi, diventando pigri e intorpiditi». «Il bene più prezioso che possiamo avere nella vita è la nostra relazione con Dio». Molti non «sentono» più Dio presente nella loro vita. Ma «quando questa percezione viene meno, l’essere umano diventa un enigma incomprensibile, perché proprio il sapere di essere amati da Dio incondizionatamente dà senso alla nostra vita».
La relazione con Dio guida e ispira le relazioni affettive con gli altri. «Il periodo della giovinezza», ricorda il Papa ai giovani, «è quello in cui sboccia la grande ricchezza affettiva presente nei vostri cuori, il desiderio profondo di un amore vero, bello e grande». È una grande forza. Ma può accadere «che questo valore prezioso sia falsato, distrutto o deturpato. Questo succede quando nelle nostre relazioni subentra la strumentalizzazione del prossimo per i propri fini egoistici, talvolta come puro oggetto di piacere. Il cuore rimane ferito e triste in seguito a queste esperienze negative». Il Pontefice invita i giovani a «non avere paura di un amore vero», a «riscoprire la bellezza della vocazione umana all’amore», e dunque anche a «ribellarvi contro la diffusa tendenza a banalizzare l’amore, soprattutto quando si cerca di ridurlo solamente all’aspetto sessuale, svincolandolo così dalle sue essenziali caratteristiche di bellezza, comunione, fedeltà e responsabilità». Lanciatevi, incita Francesco, «alla scoperta del ricco insegnamento della Chiesa in questo campo: scoprirete che il cristianesimo non consiste in una serie di divieti che soffocano i nostri desideri di felicità, ma in un progetto di vita capace di affascinare i nostri cuori!».
Ai puri di cuore Gesù promette molto: «vedranno Dio». La promessa è rivolta a tutti. «Siamo tutti peccatori, bisognosi di essere purificati dal Signore. Ma basta fare un piccolo passo verso Gesù per scoprire che Lui ci aspetta sempre con le braccia aperte». Come fa spesso, e con tutti, il Papa invita i giovani al «Sacramento della Riconciliazione, occasione privilegiata di incontro con la misericordia divina che purifica e ricrea i nostri cuori». Santa Teresa d’Avila, ha ricordato Francesco, già da piccola diceva ai suoi genitori: «Voglio vedere Dio». Da grande ha scoperto come e dove vederlo: nella preghiera. È quando si prega con il cuore puro, si vede Dio e si scopre la propria vocazione. «Alcuni di voi», spiega Francesco ai giovani, «sentono o sentiranno la chiamata del Signore al matrimonio, a formare una famiglia. Molti oggi pensano che questa vocazione sia "fuori moda", ma non è vero!».
Infine, il Papa invita a «considerare la chiamata alla vita consacrata o sacerdozio. Quanto è bello vedere giovani che abbracciano la vocazione di donarsi pienamente a Cristo e al servizio della sua Chiesa! Interrogatevi con animo puro e non abbiate paura di quello che Dio vi chiede!». Molti giovani, forse, scopriranno la loro vocazione a Cracovia. Chiedetelo, ha suggerito Francesco, a San Giovanni Paolo II, patrono delle Giornate Mondiali della Gioventù. Lui sapeva sempre che cosa dire ai giovani.