Giorgia Meloni, l’UE, le nazioni e le radici cristiane
In un messaggio al convegno “Memoria e Identità: Europa delle nazioni e patria europea”, la presidente del Consiglio ha toccato temi che vale la pena riprendere.
L’8 marzo scorso, il premier Giorgia Meloni ha inviato un lungo messaggio di saluto agli organizzatori e ai partecipanti del convegno “Memoria e Identità: Europa delle nazioni e patria europea”, organizzato dalla Lega Nazionale, in collaborazione con la Regione Friuli Venezia Giulia e l’Osservatorio Internazionale Cardinale Van Thuân.
Giorgia Meloni ha avuto parole di forte critica alla prassi dell’Unione Europea: «Da anni sostengo la necessità che l’Unione Europea sia più vicina ai popoli che non agli apparati burocratici e che la responsabilità politica stia sulle spalle delle nazioni e non su quelle di organismi tecnocratici. L’Europa declinata sul piano delle nazioni e dei popoli è centrale nel pensiero conservatore e liberale e rappresenta un punto cruciale dell’attuale dibattito politico. L’idea di nazione subisce da vari decenni un massiccio attacco, condotto da ampi settori politici, nell’intento di rafforzare l’integrazione europea, ma ora, da molte parti – e anche in quei settori – ci si sta lentamente accorgendo di quanto da noi sempre sostenuto, cioè che la relazione di vicinanza e di amicizia fra i popoli europei non si instaura indebolendo le nazioni, ma può nascere solo da una coscienza nazionale forte e matura. Questa posizione è un elemento di rafforzamento dell’Unione Europea e non un indebolimento».
Ancora più interessante è stata la sua ripresa del tema delle radici cristiane dell’Unione: «Le patrie come entità nazionali sono in stretta relazione con le radici giudaico-cristiane dell’Europa, perché se la nazione esprime l’identità di un popolo, l’identità europea è stata formata, in gran parte, dalla spiritualità cristiana, connessa anche con quella del popolo che Giovanni Paolo II ha definito “i nostri fratelli maggiori”. Il dibattito dei primi anni Duemila sulla menzione delle radici spirituali nel Trattato per la Costituzione europea si è concluso con la loro esclusione. Ma il senso e la ragione di quella questione non si sono esauriti. Le pagine della storia si chiudono, ma si possono anche riaprire, tanto più se riguardano temi assolutamente fondamentali per l’esistenza umana. E poiché la politica è l'arte non solo del possibile ma anche, nella mia accezione, del rendere possibile, è da qui, dall'italianissima Trieste, che voglio riaprire il dibattito sulla menzione delle radici ebraico-cristiane nei Trattati europei, e rilanciare – proprio nel nome di Giovanni Paolo II – la presenza vivente di queste radici nella vita politica e istituzionale dell'Unione Europea».
Il discorso ha avuto certamente un carattere di circostanza e un significato politico, mentre si avvicinano le elezioni europee di giugno, quando è possibile che l’attuale maggioranza ideologica di sinistra e verde, senz’altro di diverso avviso a proposito delle radici cristiane, venga sconfitta. La ripresa del discorso è tuttavia positiva. Sarebbe fin troppo facile elencare alcune linee di politica estera del governo Meloni che non conducono all’esito indicato in questo messaggio, ma diamo alla politica i suoi tempi e concediamole, talvolta, la buona fede.
Stefano Fontana