Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
Santa Margherita d’Ungheria a cura di Ermes Dovico
CONTINENTE NERO

Ghana sotto ricatto Lgbt. In attesa che gli Usa cambino rotta

Ascolta la versione audio dell'articolo

L'Africa attende cambiamenti con la nuova amministrazione Trump. Perché finora, Usa e comunità internazionale vincolavano gli aiuti al rispetto dei "nuovi diritti" Lgbt. Il Ghana è il caso esemplare.

Famiglia 18_01_2025
Ghana, inaugurazione del nuovo presidente (La Presse)

Gli africani guardano con sentimenti contrastanti all’imminente insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca. Paesi non esattamente amici degli Usa si sono affrettati a congratularsi con il nuovo presidente all’indomani della sua vittoria. «Siamo pronti a collaborare con Lei» ha prontamente dichiarato Emmerson Mnangagwa, il presidente dello Zimbabwe, paese che ha uno stretto, pluridecennale rapporto con la Cina. I governi filo occidentali confidano in una conferma dei buoni rapporti finora intercorsi. Tra questi c’è il Kenya che, unico Stato dell’Africa sub sahariana, durante la presidenza Biden è stato insignito del titolo forse non così meritato di “importante alleato non-Nato”.

Tutti sperano che “America First”, lo slogan della campagna elettorale di Trump, non si traduca in limitazioni all’importazione libera da dazi dei prodotti africani negli Stati Uniti e non comporti un ridimensionamento degli aiuti umanitari. Durante il suo primo mandato Trump aveva avviato Prosper Africa, un progetto che fornisce aiuti alle aziende Usa che investono all’estero, ma aveva detto che non avrebbe rinnovato l’Agoa, African Growth and Opportunity Act, in scadenza nel 2025, che prevede per molti articoli africani l’esenzione da imposte di importazione.

Quanto agli aiuti umanitari Usa, specialmente quelli erogati nell’ambito di progetti di cooperazione bilaterale che sono ingentissimi, si teme che possano essere, se non ridotti, ridefiniti e condizionati. Trump ne aveva espresso l’intenzione senza tuttavia poterla tradurre in provvedimenti concreti avendo perso le elezioni nel 2020. In particolare c’è attesa, preoccupata o confidente a seconda delle aspettative, per l’atteggiamento che la Casa Bianca assumerà nei confronti delle potenti lobby Lgbt che negli anni del presidente Biden hanno esercitato una notevole influenza sugli Usa, sulle agenzie Onu e sui principali paesi donatori in generale e ne hanno approfittato per chiedere si esercitare pressioni sui paesi africani, la maggior parte dei quali vietano e puniscono le pratiche omosessuali, affinché revochino o emendino, attenuandone il rigore, le leggi anti-gay.

Proprio in questi giorni arriva dal Ghana la notizia che la legge “Promozione dei diritti sessuali umani corretti e dei valori della famiglia ghaneana” approvata dal parlamento nel febbraio del 2024 dopo un lunghissimo iter iniziato nel 2021, legge che inasprisce le pene per chi esibisce comportamenti omosessuali e chi sostiene e promuove associazioni Lgbt, non entrerà in vigore. La legge avrebbe dovuto essere promulgata dal capo dello Stato entro sette giorni dalla sua approvazione, ma l’allora presidente, Nana Akufo Addo, aveva rimandato ripetutamente l’apposizione della sua firma. Sotto la pressione proprio delle lobby Lgbt locali e soprattutto internazionali le Nazioni Unite avevano affidato l’incarico di analizzare il testo della legge a 13 esperti che lo hanno giudicato «un esempio di discriminazione da manuale» e «un invito allo scontro e alla violenza». Contro la legge inoltre hanno preso posizione diverse Ong tra cui Amnesty International. Decisivo infine è stato l’intervento del ministro delle Finanze Ken Ofori-Atta che ha chiesto al presidente di non promulgare la legge, non per considerazioni morali e di giustizia, bensì per il timore di reazioni internazionali avverse alle quali il paese non sarebbe in grado di far fronte perché sta attraversando la peggiore crisi economica degli ultimi decenni e nel dicembre del 2022 ha dichiarato default.

La preoccupazione era fondata. L’Uganda, ad esempio, nel 2023 ha adottato a sua volta una nuova legge anti gay considerata, per le pene e le restrizioni introdotte, la più severa al mondo. Sotto la pressione delle lobby Lgbt la Banca Mondiale ha sospeso la concessione di prestiti al paese. Il Ghana, che stava rinegoziando il suo debito estero e che era in trattativa per ottenere finanziamenti da parte della Banca Mondiale per 3,8 miliardi, non era in condizione di correre il rischio di vedersi negati proroghe nella restituzione dei debiti e finanziamenti. Il presidente ha quindi annunciato che il testo della legge andava sottoposto all’esame della Corte suprema cui spettava il compito di accertare se il suo contenuto era in linea con la costituzione. Così, di mese in mese, si è arrivati alle elezioni presidenziali e politiche che si sono svolte a dicembre.

John Dramani Mahama ha vinto e ha assunto la carica di capo dello Stato il 7 gennaio. Le ragioni che inducono a considerare con attenzione le ripercussioni internazionali permangono. Inoltre la costituzione prevede che i progetti di legge non promulgati prima delle elezioni decadano. «Quel progetto di legge è effettivamente morto» ha detto Mahama rispondendo al presidente della Conferenza episcopale del Ghana, monsignor Matthew Kwasi Gyamfi, che il 14 gennaio lo ha incontrato proprio per chiedergli di firmare la legge. Durante l’incontro il presidente ha ringraziato la Chiesa cattolica per il suo contributo all’istruzione e allo sviluppo morale dei giovani. Ha spiegato che per darle maggiore legittimità e maggiori possibilità di successo, la legge dovrebbe essere proposta questa volta dal governo stesso. Ma ha anche detto: «se insegniamo i nostri valori a scuola, non avremo bisogno di approvare una legge per farli rispettare». I vescovi cattolici hanno sempre sostenuto la legge adducendo la necessità di salvaguardare i valori e le istituzioni della tradizione che tutelano la famiglia. Condividono la battaglia con le autorità religiose musulmane e con i due maggiori partiti. Eppure le lobby Lgbt per ora hanno vinto.