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INTERVISTA

George: «Il proliferare dei diritti serve al potere, ma i giovani hanno sete di ragioni»

Definito il Martin Luther King dei diritti dei bambini non nati, per cui l'aborto è «la più grande violazione dei diritti umani del nostro tempo», il professor di Princenton, Robert George, ex Judicial Fellow alla Corte Suprema, fra gli intellettuali più importanti del mondo conservatore, parlerà domani al Simposio internazionale della Fondazione Vaticana Joseph Ratzinger-Benedetto XVI e dalla Lumsa su “Diritti fondamentali e conflitti fra diritti” . 

Vita e bioetica 14_11_2018

Anche se lo chiamano il Martin Luther King dei diritti dei bambini non nati, lui rifiuta il paragone, pur convinto che come lui vedrà la vittoria contro «la più grande violazione dei diritti umani del nostro tempo»: l'aborto legale. È di questo ma soprattutto delle sue origini che il professor di Princenton, Robert George, ex Judicial Fellow alla Corte Suprema ed ex presidente della Commissione delle Nazioni Unite sui Diritti Umani, fra i più importanti intellettuali e leader del mondo conservatore americano, parlerà domani a Roma. Lo farà insieme a relatori come Mary Ann Glandon e Joseph H. Weiler durante il Simposio internazionale della Fondazione Vaticana Joseph Ratzinger-Benedetto XVI e dalla Lumsa a Roma su “Diritti fondamentali e conflitti fra diritti” , in occasione del 70esimo anniversario della Dichiarazione dei Diritti umani e del 20esimo anniversario del conferimento della laurea honoris causa a Joseph Ratzinger in giurisprudenza da parte della LUMSA.

Professor George, la nostra viene spesso definita società dei diritti e delle libertà, in cui ognuno può vedersi riconosciuta giuridicamente ogni volontà di ottenere qualsiasi cosa. Eppure, come sostenne Ratzinger,  ci troviamo in un'epoca profondamente illiberale, in cui basta pensare che tale impostazione del diritto e della legge sia errata per subire processi o licenziamenti. Come mai? 
È un errore definire la nostra società unicamente come "una società di diritti e libertà". Ed è a dir poco assurdo immaginare che desiderare qualcosa lo trasformi in diritto. L’identificazione dei veri diritti umani e delle giuste libertà richiede una riflessione disciplinata sulla natura, la dignità e dei beni della persona umana e, in relazionea ciò, sui requisiti della giustizia e del bene comune. Questo tipo di riflessione respingerà la teoria volontaristica dei diritti. Concepirà i diritti come protezione degli aspetti basilari del benessere e del compimento - prosperità - della persona umana. Fonderà il diritto (i “diritti”) sul bene (i beni), piuttosto che supporre che il diritto (e i diritti specifici) possa in qualche modo essere identificato e razionalmente affermato a prescindere dalla riflessione sui beni fondamentali della natura umana che i diritti, propriamente intesi, proteggono. Una volta che la relazione fra diritti e beni umani è compresa e affrontata correttamente, si evita di cadere nell'illiberalismo che è il frutto della concezione volontaristica dei diritti (e dell’etica in generale), oggi dominante nelle élite progressiste e laiciste. Ad esempio, comprendendo il diritto della libertà di espressione come protezione dei valori della ricerca della verità e della democrazia, avremo un maggior rispetto per il diritto e un senso più acuto della sua importanza più di quanto sia oggi comune tra gli esperti. Su questo punto inviterei i lettori a leggere la dichiarazione che ho rilasciato insieme al mio amico e collega di insegnamento, il professor Cornel West (vedi qui). 

Perché il fatto di riconoscere certi diritti in base alla volontà, che pertanto non hanno nulla a che fare con la legge naturale, produce automaticamente la discriminazione dei diritti alla vita, alla libertà di espressione e di fede di altre persone?
La concezione volontaristica dei diritti è intellettualmente indifendibile, anzi priva di speranza. Non giustifica nulla, ma può servire alla razionalizzazione di qualsiasi cosa. Quando tutto può essere razionalizzato, gli interessi di coloro che detengono il potere verrano serviti travestendo l’esercizio arbitrario della loro volontà - anche la più oppressiva - con il linguaggio dell’etica. Dove, come nelle società occidentali moderne, quello che la professoressa Mary Ann Glendon chiama “il discorso dei diritti” gode di un prestigio speciale, le politiche illiberali e le attività (come esporre un bambino non nato alla violenza letale dell’aborto e la criminalizzazione delle espressioni di dissenso tramite politiche ingiuste) saranno difese tramite il linguaggio. Quello che il mio grande amico, il rabbino Lord Jonathan Sacks, dice del male assoluto dell’antisemitismo può essere detto per ogni forma di ingiustizia grave: sarà sempre razionalizzata dai suoi perpetuatori nel linguaggio del discorso dominante del momento presente.

Si celebra tanto la dichiarazione dei diritti umani, il cui linguaggio è stato assunto anche dalla Chiesa, ma come mai da quando l'illuminismo li ha proclamati, il diritto alla vita, la solidarietà sociale, l'idea di bene comune, la famiglia si sono indeboliti?
È una storia molto complessa, per cui bisogna fare attenzione ad evitare di semplificare troppo. Il resoconto migliore e più completo che conosco si trova in un libro in uscita dello studioso di legge americano Stephen Smith, intitolato "Pagans and Christians in the City". Io stesso ho avuto l’onore di scrivere la prefazione per il libro del professor Smith. Egli traccia la rotta del collasso delle antiche culture cristiane nelle forme moderne di paganesimo, nel momento in cui hanno perso gradualmente il loro senso dei trascendente, cercando un significato - e, certamente, il sacro - in cose meramente mondane (immanenti). L’emotivismo, l’individualismo espressivo, le idee della “me-generation” sul sesso e sull’uso ricreativo delle droghe, quello che il defunto Christopher Lasch definì “cultura del narcisismo”, sono tutte conseguenze, così come le parziali e ulteriori cause, della perdita del senso del trascendente. Nella nuova religione dell’immanentismo, istanze come l’aborto, il divorzio e la promiscuità vengono difese come fossero dei sacramenti, perché la ricerca del proprio compimento personale (ovvero, la gratificazione e la soddisfazione del desiderio), specialmente nella sfera sessuale, è stata sacralizzata. In questo contesto, la famiglia si indebolisce insieme a tutti gli altri vincoli sociali. L’idea di obblighi morali non scelti - un’idea da cui dipende significativamente la vera solidarietà - diviene incomprensibile e percepita come un’imposizione arbitraria.

Quali sono i diritti che vede maggiormente in pericolo in Occidente e che effetti produce un mondo in cui la legge naturale viene violata?
Il diritto alla vita del bambino non nato, di quello appena nato, del disabile mentale o fisico, la persona anziana e fragile, sono tutti in pericolo. Analogamente, la libertà religiosa e il diritto di coscienza (insieme al relativo diritto alla libertà di pensiero e di espressione) sono in pericolo, così come il diritto dei bambini a ricevere un'educazione moralmente sana e il diritto dei genitori a decidere l’educazione dei propri figli. Dove la ragione viene rimpiazzata e dove la ricerca disciplinata sui beni della natura umana e sulla dignità della persona viene messa da parte a favore dell’identificazione delle volontà o dei desideri con la ragione e anche con i “diritti”, l’unico problema sarà chi detiene il potere per imporre la sua volontà arbitraria sugli altri. Gli sforzi di coloro che militano a Sinistra per imporre la loro ideologia produce inevitabilmente una forte reazione da Destra. Il discorso civile e il dibattito rispettoso tra i contendenti diviene impossibile - e presto non saranno nemmeno ritenuti desiderabili. Nessuna delle due parti cerca la verità, ma solo la vittoria, “con ogni mezzo necessaria”. Siamo finiti in un incubo “nietzschiano".

Molti sono convinti che per rimediare non si possa più parlare della legge naturale. Sostengono che il mondo non riesce più a capire questo linguaggio, dato che la natura è ormai incompresa dalla mente moderna. L'approccio dovrebbe partire dalla bontà del Creatore per poi ricomprendere la bontà della sua legge. È d'accordo?
Avendo insegnato a migliaia di giovani uomini e donne intellettualmente dotati di Princeton e di Harvard per oltre trent’anni, posso assicurare che c’è una grande fame di ragione autentica. Non dobbiamo fraintendere o sottostimare i nostri giovani! Sono pienamente capaci di ragionare sulla natura umana, sul bene umano, sulla dignità umana e sul destino umano. Hanno solo bisogno di essere invitati ed incoraggiati a farlo. E hanno bisogno anche di una certa quantità di supporto. Fortunatamente non dobbiamo fare affidamento solo su noi stessi per fornire questo supporto. I grandi maestri dell’umanità, da Platone ad Aristotele, da sant’Agostino a sant’Tommaso d’Aquino, fino a Martin Luther King, Elizabeth Anscombe e Mahatma Gandhi sono qui per aiutare noi, i nostri figli e figlie. Ci sono poi molti altri grandi pensatori - sia da Est sia da Ovest - che sono disponibili a fornire assistenza. Iniziamo il processo educativo semplicemente esponendo ai nostri studenti questi maestri e modelli intellettuali. Molti dei miei studenti imparano innanzitutto il concetto di legge naturale dalla “Lettera dalla prigione di Birmingham” di Martin Luther King. Insegna loro che deve esistere una “legge più alta”, una legge della ragione, sopra la legge semplicemente umana (positiva), se le leggi ingiuste (come quelle fondate sul razzismo) devono essere identificate come ingiuste e condannate come tali. Molti si trovano esposti alla critica della contraccezione e del controllo delle nascite prima di tutto a partire dalla lettura di Gandhi. Molti sono innanzitutto esposti alla difesa filosofica della castità leggendo Anscombe. Coloro che conoscono il pensiero di John Finnis, specialmente quando integrato dagli scritti dei filosofi greci, dei giuristi romani e dai teologi medioevali, arrivano ad apprezzare il potere intellettuale - e la rilevanza contemporanea - della teoria della legge naturale. Perciò, basandomi sulla mia lunga esperienza di professore, rido all’idea che “il mondo non possa più capire” il linguaggio della legge naturale. Ora, ciò non significa che altri approcci di istruzione all’etica e alla filosofia politica non abbiano spazio o utilità. Al contrario, incoraggio gli approcci teologici, per esempio, purché non siano proposti come l’unica via per insegnare l’etica o l’unica via per raggiungere gli studenti di oggi. Sostenere che dobbiamo fare una scelta definitiva tra la teoria della legge naturale e gli approcci teologici alla moralità e alle questioni di ordine morale è commettere l’errore di proporre false alternative.