Francia, Le Pen favorita. Macron agita spettri di «guerra civile»
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Il 30 giugno i francesi sono chiamati alle urne per rinnovare l’Assemblea Nazionale. I sondaggi danno in testa l’alleanza tra Rassemblement National e Repubblicani. Macron, in calo, invita a non votare i «due estremi», a destra e sinistra, per scongiurare la «guerra civile».
A due giorni dalle elezioni anticipate per il rinnovo dell’Assemblea Nazionale (la nostra Camera dei deputati) il 60% dei cittadini d'oltralpe ritiene, secondo un sondaggio dell’Istituto Ipsos, che il partito di destra Rassemblement National vincerà le elezioni. Si prevede anche che il 63% degli elettori francesi si recherà ai seggi domenica 30 giugno per il voto del primo turno elettorale. Solo il 20% di loro pensa che il partito di Marine Le Pen e del suo candidato premier Jordan Bardella raggiungerà la maggioranza assoluta.
In ogni caso, l’alleanza di RN e dei Repubblicani (ex partito gollista moderato) di Eric Ciotti ha ottenuto il 36% delle intenzioni di voto, mentre il “Nuovo Fronte Popolare” (PFN), un insieme di tutti i partiti di sinistra, inclusi i movimenti Antifa estremisti, raccoglierebbe solo il 29% delle intenzioni di voto. Ancor peggio il partito liberal-massonico di Macron, Renaissance, che arriverebbe al 19%.
In Francia si vota con un sistema elettorale uninominale maggioritario a doppio turno, grazie al quale viene eletto un solo candidato per ognuna delle circoscrizioni che, come i deputati, sono 577. La dimensione delle circoscrizioni non può superare i 150.000 abitanti. Per essere eletti al primo turno si dovrà raggiungere la maggioranza assoluta e un numero totale di voti pari almeno al 25% degli elettori registrati. Al secondo turno passano tutti i candidati che hanno superato il 12,5% di consensi, e risulterà eletto chi prende un solo voto in più degli altri. Al Senato, rinnovato per due terzi nel settembre 2023, c’era stata la vittoria dei partiti conservatori e di centrodestra.
Segnale preoccupante di sbandamento istituzionale, in questi ultimi giorni di campagna elettorale, è la dichiarazione dell’Unione dei magistrati, scesa in campo per sostenere il voto contrario alla coalizione di centrodestra e invitando alla disobbedienza in caso di una sua vittoria. La causa prima di questa possibile crisi politica e democratica e dell'esplosione della contrapposizione sociale nel Paese è la scelta di Macron che il 9 giugno scorso, dopo la cocente sconfitta subita dal suo partito alle elezioni europee e la marcata vittoria della Le Pen e del suo partito, aveva deciso di sciogliere il parlamento e indire le elezioni per il 30 giugno, con il secondo turno il 7 luglio.
Una campagna elettorale sorprendentemente breve, durata appena tre settimane, nella quale lo stesso presidente Macron si è già tutelato, mettendo in chiaro che, anche se subisse l’ennesima sconfitta, rimarrà all'Eliseo. Insomma, Macron tenterà di continuare a governare un Paese chiaramente stanco delle sue angherie, senza il sostegno del parlamento, dando avvio alla coabitazione con un premier e una maggioranza politicamente distanti da lui. Allo stato attuale, se RN e i Repubblicani vincessero le elezioni, tra il 30 giugno e il 7 luglio, Macron probabilmente non avrebbe altra scelta se non quella di nominare primo ministro il giovane presidente di RN, Jordan Bardella.
Il clima politico è tesissimo, la polizia di tutto il Paese è in allerta per i pericoli di proteste, violenze e manifestazioni d’intolleranza degli estremisti di sinistra verso partiti e uomini di centrodestra. Macron, sempre più disperato, ha avvertito nei giorni scorsi l’opinione pubblica che votare per uno dei «due estremi», Le Pen a destra o i comunisti del Nuovo Fronte Popolare, porterà alla «guerra civile». Così ha detto il presidente in un’intervista in cui ha criticato la leadership dei due principali partiti di opposizione «e coloro che li sostengono».
Peccato che, proprio sotto la presidenza di Macron, le rivolte popolari siano state forse le più feroci. Basterebbe ricordare quelle dei gilet gialli del 2018 e 2019. La campagna per le elezioni mostra che le sinistre francesi del Fronte popolare, come le altre consorelle italiane, tedesche e spagnole, sono capaci solo di imbracciare l’arma spuntata dell’antifascismo, sostenere le ideologie omosessualiste, sessantottine e ambientaliste, nonché l’islamizzazione sociale del Paese.
L’unica opzione per i cristiani, seppur piuttosto distante dal rispettare tutti i principi non negoziabili, è quella del voto ai partiti e candidati del centrodestra, RN e Repubblicani, che nel loro programma promettono di aumentare il potere d’acquisto delle famiglie, tornare a forti politiche nataliste, ridurre l’inflazione, impedire l’immigrazione incontrollata e la conseguente islamizzazione con le sue ricadute antiebraiche e anticristiane. Poco? Forse sì, ma sempre meglio della competizione incivile tra comunisti del Fronte e macroniani, che si può riscontrare nei rispettivi programmi, su chi è più favorevole ad ideologia gender, aborto, eutanasia e ipersessualizzazione dei bambini.
Il canale TF1 ha offerto ai francesi, martedì 25 giugno, un match a tre, tra i leader delle coalizioni: Attal (attuale premier francese per Renaissance), Bardella (coalizione di RN e Repubblicani) e Bompard (per Nuovo Fronte Popolare). Tutti e tre puntuali a presentare il proprio programma. Domenica il primo esito, sperando che almeno a Parigi valga ancora il voto democratico del popolo.
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