Francia, il dottor Morte ha fretta di uccidere Vincent
Il dottor Sanchez del CHU di Reims ha deciso che dal 20 maggio interromperà nutrizione e idratazione a Vincent Lambert, ignorando la richiesta del Comitato Onu per i disabili. «La Francia sputa sull’Onu e soprattutto sputa su Vincent Lambert», dice l’avvocato Triomphe, che annuncia battaglia per continuare a difendere il diritto alla vita del 42enne disabile.
Siamo all’incredibile. Il dottor Sanchez del CHU (Centre Hospitalier Universitaire) di Reims ha deciso che interromperà nutrizione e idratazione a Vincent Lambert nella settimana che inizierà il prossimo 20 maggio, non curandosi della richiesta di sospendere la decisione di interrompere i sostegni vitali a Vincent, che il Comitato Onu per i diritti delle persone con disabilità (vedi qui) ha esplicitamente rivolto alla Francia. E questa volta non avverrà come nel 2013, quando il dottor Kariger tentò di eutanasizzare Vincent, interrompendogli l’alimentazione e riducendogli l’idratazione, a insaputa di tutti, eccetto che della moglie. Allora Vincent poté almeno lottare contro la morte, resistendo a 31 giorni di completo digiuno.
Questa volta, il nuovo dottor Morte gallico potrà avvalersi della sedazione profonda e continua prevista dalla legge Claeys-Leonetti, come afferma laconicamente nella lettera inviata ai familiari: «Vi informo che la sospensione dei trattamenti e la sedazione profonda e continua evocata dalla procedura collegiale avranno inizio nel corso della settimana del 20 maggio». Dunque, il “problema Lambert” potrà essere tolto di mezzo in 2-3 giorni, a partire dall’inizio della sedazione. Profonda e continua. Sono sufficienti questi due aggettivi per capire che la sedazione, da alleato delle cure palliative, è divenuta strumento di eutanasia.
Nel 2010 la Francia aveva firmato sua sponte un protocollo che prevede appunto che il Comitato possa richiedere agli Stati firmatari delle misure provvisorie, misure che gli organi competenti dello Stato in questione dovranno poi rendere operative. Quella richiesta dal Comitato Onu, il 3 maggio scorso, è appunto una di queste misure provvisorie previste. E la Francia decide di non onorare l’impegno internazionale pubblicamente assunto. Se fossimo in una situazione normale, il minimo che bisognerebbe fare in queste situazioni sarebbe un embargo contro la Francia.
Tutta questa fretta di mettere a morte una persona che è semplicemente gravemente disabile - perché è una balla bella e buona, nonché tendenziosa, quanto riportato dall’Ansa, che cioè Vincent “respira con una macchina” - rimanda a un’analoga premura, quella con cui si attuò il programma Aktion T4, con cui i medici nazisti si affrettavano a erogare “uccisioni pietose” con “metodi umani” per quelle vite disabili ritenute indegne.
Ma perché non è possibile attendere il responso del Comitato Onu? Perché con molta probabilità si direbbe apertamente che quella contro Vincent Lambert è una vera e propria eutanasia, voluta per la semplice ragione che Vincent è disabile. E quindi Vincent dovrebbe vivere. Perché - repetita iuvant - Vincent non è in fin di vita, non è un vegetale, non è in una situazione classificabile come accanimento terapeutico: anzi, di terapie, comprese quelle che gli servirebbero per recuperare la deglutizione ed il movimento, non c’è nemmeno l’ombra. Si scoprirebbe insomma che nella Francia dell’umanissimo Macron si sta autorizzando quello che autorizzò Hitler. Strano che i sinistrorsi europei, compresi quelli di casa nostra, così tanto impegnati ad arginare la pericolosissima e diffusissima ondata neofascista, non muovano un dito. Strano anche che i giornaloni, che non mancano di intervistare esperti di ogni ordine e grado per trovare rimedi alla montante ondata di estrema destra, non abbiano molto da dire sull’eutanasia eugenetica, grazie alla quale Vincent sarà messo a morte. Strano davvero.
Anzi, il Corrierone nazionale mette in campo tutta la propria abilità per coprire la verità eutanasica della vicenda. Il giornalista Stefano Montefiori dipinge così la situazione: «Da una parte la moglie Rachel Lambert, il nipote e due dei suoi otto fratelli e sorelle sostengono la necessità di sospendere le cure e interrompere quel che loro definiscono accanimento terapeutico, rispettando una volontà che l’uomo aveva espresso alla moglie prima dell’incidente: “Non vorrei vivere in quello stato”. Dall’altra i genitori, cattolici praticanti, e due fratelli, considerano l’arresto dell’assistenza medica un sacrilegio e sottolineano come Vincent non sia in stato completamente vegetativo ma di “coscienza minima”». Capito? La moglie, che lo vuole morto, rispetta la sua volontà, volontà espressa non davanti a un notaio (cosa eticamente comunque inaccettabile), ma in una confidenza, magari sul terrazzo di casa davanti a una bibita. “Non vorrei vivere in quello stato”: affermazione sufficiente per farti morire di fame e di sete. Dunque, da una parte quelli che rispettano Lambert, la sua “scelta”, dall’altra invece i cattolici praticanti (mica solo cattolici...), che pensano che togliere di che vivere a Vincent non sia un assassinio ma un sacrilegio, tanto sono bigotti... E questo sarebbe giornalismo!
Intanto Jérôme Triomphe, uno dei due avvocati che stanno difendendo il diritto alla vita di Vincent (l’altro, Jean Paillot, ci ha di recente concesso un’intervista), ha dichiarato senza mezzi termini: “Andiamo a combattere” (vedi qui). L’avvocato ha fatto presente che “ci rivolgeremo alle giurisdizioni competenti perché la Francia venga costretta a rispettare i suoi impegni internazionali”. E ha aggiunto: “La Francia sputa in faccia agli impegni internazionali ch’essa ha validamente ratificato. Sputa sull’Onu e soprattutto sputa su Vincent Lambert”.