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IL PIANO

Filtri di mare e di terra: l'Italia soccorre la Libia

12 motovedette donate a Tripoli e rafforzamento delle caserme per il controllo del confine meridionale della Libia. Le due iniziative italiane per fermare il traffico dei clandestini. 

Attualità 29_06_2018

In attesa di un’Europa che resta irrimediabilmente divisa, il governo italiano ha varato due concrete iniziative che potrebbero contribuire a fermare definitivamente i flussi migratori illegali dalla Libia.

Rafforzando la strada già aperta dal suo predecessore, il ministro degli interni Matteo Salvini ha varato con il collega dei trasporti, Toninelli (M5S), di donare alla Guardia Costiera libica 12 motovedette della nostra Guardia Costiera.

Non è ancora chiaro di quali unità navali si tratti ma potrebbero essere le piccole Classe 300 schierate a Pantelleria e Lampedusa che, dopo un addestramento specifico del personale libico curato probabilmente nella base di Abu Sittah dove è presente la nave italiana Caprera, potrebbero rafforzare il dispositivo navale libico che da tempo soccorre e riporta indietro i migranti illegali.

La Caprera svolge compiti di nave officina ma anche di coordinamento tra le forze navali libiche e quelle italiane ed europee per la ricerca e soccorso (SAR) e proprio ieri la Libia ha visto riconosciuta dall’International Maritime Organization la piena competenza sulla sua zona SAR.

"Le dichiarazioni del nuovo ministro dell'Interno italiano, Matteo Salvini, sono buone" aveva detto il portavoce della Marina libica, contrammiraglio Ayyoub Qasem, che in un'intervista all’agenzia Aki-Adnkronos International spiega come "il punto più importante" delle parole del ministro riguarda "la chiusura dei porti italiani alle ong".

Secondo Qasem, "queste dichiarazioni hanno colpito tutta l'Europa e hanno avuto un riscontro positivo, ma noi aspettiamo i risultati", poiché "queste ong sono ancora presenti e ostacolano le attività della Guardia costiera libica”. Il portavoce della Marina rivela che "nell''ultimo periodo il numero dei migranti è aumentato per diversi fattori. Anzitutto - spiega - vi è il fatto che questa è la stagione adatta a emigrare; in secondo luogo, le attività della Guardia costiera si sono molto intensificate; infine, i trafficanti hanno la sensazione che quanto accadrà nel prossimo periodo non sarà positivo per loro e per questo vogliono liberarsi dei migranti".

Qasem si dice convinto che "l'assenza degli apparati di sicurezza ha fatto sì che i trafficanti installassero le loro basi nelle aree a est di Tripoli, in particolare nella zona di Garabulli, che è diventata il punto di partenza dei migranti in quest'ultimo periodo". Un porto non controllato dalle forze governative e sotto l’influenza dell’ex premier della Tripolitania Khalifa Ghwell, sostenuto dal movimento dei Fratelli Musulmani e nemico di al-Sarraj.

"Lunedi' a Tripoli ho visitato un nuovo centro per immigrati controllato anche da personale Onu, una risposta a quelli che dicono che non si possono rimandare gli immigrati in Libia perché è un Paese pericoloso" ha dichiarato Salvini, al ritorno dalla visita a Tripoli aggiungendo che "secondo dati dell'Organizzazione Internazionale delle Migrazioni in Libia sono presenti 662mila migranti, il 10% minori, provenienti da 40 Paesi, prevalentemente africani. I richiedenti asilo registrati dall'Unhcr sono 152mila".

Bloccare i flussi subito è quindi di fondamentale importanza per l’Italia che dal 2011 ha già accolto 750 mila clandestini. Oltre alla consegna di altre 12 motovedette in aggiunta alle 10 già donate l’anno scorso da Minniti (in realtà unità fornite ai libici ai tempi di Gheddafi e poi tornate in Italia e Tunisia per essere riparate dopo il conflitto del 2011), Roma ha anche avviato un primo sopralluogo in vista di una missione a Ghat, nella Libia sud-occidentale al confine con l’Algeria, coordinata dal direttore del Dipartimento centrale dell'immigrazione, Massimo Bontempi.

La missione, finanziata dall'Unione europea, coinvolge la Polizia di frontiera, i militari del Comando operativo interforze dello Stato Maggiore della Difesa e il genio dell'Esercito. Gli italiani dovranno individuare nello specifico i lavori da realizzare, come il riadattamento delle caserme dove addestrare le guardie di frontiera libiche o le opere di ristrutturazione e di consolidamento di 5 presidi di confine. La vasta regione meridionale libica del Fezzan, dove passano le rotte delle migrazioni illegali, è da anni teatro di scontri tribali per il controllo delle rotte transfrontaliere attraverso cui transitano merci e bestiame, ma anche migranti, sigarette, droghe ed armi.

Si tratta di una vasta area desertica che confina con l'Algeria, il Niger ed il Ciad e che sfugge all'autorità di Tripoli e di Tobruk e dove operano milizie ciadiane e sudanesi mentre nell’area di Ghat è segnalata la presenza di miliziani dello Stato Islamico.

L’iniziativa italiana a Ghat, approvata dal governo di Tripoli, non piace però a tutti, come hanno dimostrato le manifestazioni che hanno tentato di impedire l’atterraggio della delegazione italiana.

Abdel Aziz al Hishi, attivista politico locale intervistato dall’agenzia Nova, ha spiegato che "le proteste non hanno legami con i capi Tuareg o di altre tribù che hanno una posizione ancora ambigua rispetto alle iniziative italiane nel sud della Libia". Sempre secondo questa fonte, "la missione italiana ha individuato cinque punti lungo il confine meridionale della Libia dove sorgeranno dei centri di controllo” coordinati da un centro di comando e coordinamento che sorgerà nella base aerea di Ghat".