«Farmacisti, fate obiezione: non vendete prodotti abortivi»
Dietro alla cosiddetta “contraccezione d’emergenza” si nascondono farmaci con potenziali effetti abortivi, come dimostrano gli studi sperimentali. È perciò un dovere morale esercitare l’obiezione di coscienza e rifiutarsi di vendere quei farmaci: l’appello di Iustitia et Pax, Cultura Cattolica e Osservatorio van Thuân.
È notizia di un paio di settimane fa la decisione dell’Aifa di eliminare l’obbligo della prescrizione medica per la somministrazione alle minorenni dell’EllaOne, la cosiddetta “pillola dei cinque giorni dopo” che può avere sia effetti contraccettivi che abortivi (vedi qui). E questa è solo l’ultima tappa di un processo di espansione e banalizzazione dell’aborto.
Serve perciò ricordare in modo chiaro la verità e saperla testimoniare nella vita quotidiana, ognuno facendo la propria parte. Ed è per questo che il Coordinamento Nazionale Iustitia et Pax, CulturaCattolica.it e l’Osservatorio Internazionale Cardinale van Thuân sulla Dottrina Sociale della Chiesa, nella memoria di san Giovanni Paolo II, hanno rivolto un appello ai farmacisti perché facciano obiezione di coscienza rispetto alla vendita di farmaci abortivi.
L’appello inizia con una critica alla falsa «denominazione “umanitaria” di “contraccezione di emergenza”» (contraccezione che già di suo è un male morale) e va dritto al punto: «[…] come fedeli di Cristo invitiamo tutti voi a rifiutarvi di collaborare con l’uccisione dei nascituri e a non vendere a nessuno i suddetti farmaci».
Nello scritto si ricorda che la Chiesa ha inserito tra i farmaci abortivi quelli intercettivi e contragestativi. In particolare, nell’istruzione Dignitas Personae del 2008 si spiega che non esistono solo i «contraccettivi propriamente detti», bensì anche «mezzi tecnici che agiscono dopo la fecondazione, quando l’embrione è già costituito, prima o dopo l’impianto in utero. Queste tecniche sono intercettive, se intercettano l’embrione prima del suo impianto nell’utero materno, e contragestative, se provocano l’eliminazione dell’embrione appena impiantato» (DP, 23).
Riguardo ai mezzi intercettivi, l’istruzione citata mette in guardia sul fatto che per favorirne la diffusione «si afferma talvolta che il loro meccanismo di azione non sarebbe sufficientemente conosciuto». Eppure, «gli studi sperimentali dimostrano che l’effetto di impedire l’impianto è certamente presente, anche se questo non significa che gli intercettivi provochino un aborto ogni volta che vengono assunti, anche perché non sempre dopo il rapporto sessuale avviene la fecondazione» (ibidem). Alla contragestazione, invece, si ricorre a volte in presenza di un ritardo mestruale: «Lo scopo dichiarato è quello di far ricomparire la mestruazione, ma in realtà si tratta dell’aborto di un embrione appena annidato» (ibidem).
Per quanto detto, rileva sempre la Dignitas Personae, «l’uso dei mezzi di intercezione e di contragestazione rientra nel peccato di aborto ed è gravemente immorale» (ibidem).
Le tre realtà che hanno lanciato l’appello esortano quindi a «rifiutarsi di vendere questi farmaci abortivi» e operare così «una obiezione della coscienza rispetto a una norma positiva gravemente ingiusta». Fare una tale obiezione sarebbe un atto di coraggio capace di «risvegliare molti cittadini». Consentirebbe infatti sia di salvare le vite di bambini innocenti sia di mettere a nudo le menzogne di chi, per fini economici o ideologici, cerca di negare una realtà biologica, e cioè che la vita inizia dal concepimento.
Iustitia et Pax, l’Osservatorio van Thuân e Cultura Cattolica sono consapevoli delle possibili conseguenze - a livello lavorativo e di rapporti sociali - di una simile scelta nell’attuale contesto storico, ma assicurano ai farmacisti «tutto il nostro aiuto, per tutto ciò che possiamo e potremo fare in questa dolorosa situazione».
Si tratta di un impellente dovere morale, che corrisponde al diritto alla vita del più piccolo tra gli esseri umani. Di fronte a questo, non c’è legge civile che tenga. Come insegna ancora la Chiesa: «Il cittadino non è obbligato in coscienza a seguire le prescrizioni delle autorità civili se sono contrarie alle esigenze dell’ordine morale […]. È un grave dovere di coscienza non prestare collaborazione, neppure formale, a quelle pratiche che, pur ammesse dalla legislazione civile, sono in contrasto con la Legge di Dio. Tale collaborazione, infatti, non può mai essere giustificata, né invocando il rispetto della libertà altrui, né facendo leva sul fatto che la legge civile la prevede e la richiede. Alla responsabilità morale degli atti compiuti nessuno può sottrarsi e su tale responsabilità sarà giudicato da Dio stesso (cfr. Rm 2,6; 14,12)» [Compendio della Dottrina sociale della Chiesa, 399].
A sostenere una scelta a difesa della vita, ricordano ancora i gruppi sottoscrittori dell’appello, sono le parole del Signore Gesù che ci ha detto che «qualunque cosa avrete fatto a questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatta a Me» (cfr. Mt 25, 31-46). E proprio queste parole eterne sono la garanzia che «ogni vostro gesto di carità e verità, che salverà la vita di tanti esseri umani e la coscienza di tante giovani donne, sarà fecondo di bene».
- L'APPELLO INTEGRALE