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IMMIGRAZIONE

Fare cessare la tratta di esseri umani

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Come solito, anche la tragedia sulle coste calabresi è stata seguita da operazioni di sciacallaggio politico. Ma bisogna essere chiari sul fatto che i viaggi in mare devono cessare, perché si tratta di traffico di esseri umani. Mentre ci sono strumenti regolari di accoglienza.
- VIDEO: NAUFRAGIO IN CALABRIA, POLEMICHE VERGOGNOSE, di Riccardo Cascioli

Editoriali 01_03_2023

È vero che una tragedia di grosse dimensioni come quella avvenuta domenica scorsa sulle coste calabresi, con decine di migranti irregolari morti in mare, richiede anche una risposta politica, ma è davvero triste dover registrare ogni volta che una tragedia accade, anche le operazioni di sciacallaggio politico. Ovviamente in questi giorni il bersaglio preferito è il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, accusato sia di aver detto frasi irrispettose nei confronti delle vittime – in riferimento alla responsabilità di chi sceglie la via del mare – sia addirittura di aver voluto la strage dando l’ordine di non uscire a soccorrere l’imbarcazione in difficoltà per il mare grosso.
Affermazioni gravissime di un ospite, fatte proprie in diretta tv da Massimo Giletti ed Enrico Mentana, come segno di sfida al ministro. Abbiamo anche sentito Giletti affermare che «in una tv libera gli ospiti devono poter dire quello che vogliono», frase da mettere in archivio e riprendere quando qualche ospite non dirà quello che il conduttore vuole sentir dire. E poi il solito ritornello sui porti chiusi e il Paese che non accoglie, a cui si accodano sempre volentieri anche i vescovi.

Ma il succo del pensiero del ministro è questo: bisogna fare in modo di bloccare questo traffico di esseri umani – perché di questo si tratta – agevolando da una parte gli arrivi regolari e dall’altra costruendo un sistema politico e legislativo che va da un intervento europeo comune agli accordi con i Paesi di transito. Si potrà forse dire che alcuni di questi obiettivi – vedi un’azione forte dell’Europa – sono poco probabili oppure richiedono comunque tempi lunghi, come è nel caso anche della volontà dei Paesi di origine e di transito. Ma l’Italia sta già facendo scelte in questa direzione: il decreto flussi prevede per il 2023 l’arrivo di 83mila lavoratori stranieri extracomunitari, cifra in aumento rispetto al 2022 quando erano stati meno di 70mila. E sono già attivi dei corridoi umanitari per accogliere coloro che hanno diritto allo status di rifugiati o alla tutela sotto la protezione internazionale (per esempio per profughi siriani presenti in Libano).

Il punto è proprio questo: i viaggi in mare non hanno e non devono avere motivo di esistere. Chi sta fuggendo dalla guerra o è perseguitato da una dittatura ha già il diritto a essere accolto come rifugiato in un Paese terzo; chi spera in un lavoro per sfuggire alla povertà può contare su delle possibilità determinate dalle richieste totali e dalla capacità di accoglienza dei singoli Paesi, Italia inclusa.

Sperare in un futuro migliore, potersi ricostruire la vita in un Paese che offra una prospettiva per il futuro, desiderare di scappare da situazioni di povertà, corruzione, tribalismo è più che comprensibile e legittimo. Ma a chi conviene che tante persone desiderose di un futuro migliore si avventurino in viaggi ad altissimo rischio, in condizioni meteo avverse, a bordo di imbarcazioni insicure e guidate da persone tanto inesperte quanto prive di scrupoli? Solo a chi ci guadagna fior di quattrini e ci specula, economicamente e politicamente. Così i desideri e le aspirazioni di tante persone vengono strumentalizzate e incanalate in tentativi senza senso.

I racconti dei sopravvissuti a questa ultima tragedia sulle coste calabresi smentiscono la retorica dei poveri disperati che fuggono dalla guerra e dalla miseria: ognuno dei passeggeri della nave “Summer Love” (questo è il nome dell’imbarcazione che ha fatto naufragio) ha pagato dai 7.500 ai 9.500 euro per un passaggio dalla Turchia all’Italia; c’è chi ha detto di aver lavorato e vissuto in Turchia per otto anni prima di tentare la traversata; possiamo scommettere che nessuno di loro avesse coscienza che, ammesso di arrivare sano e salvo in Italia, ad aspettarlo con tutta probabilità c’era una realtà di miseria, di vagabondaggio, di detenzione, magari anche di criminalità, comunque di lotta per la sopravvivenza. Basta vedere quello che accade nelle nostre città.

C’è chi di lavoro fa il “motivatore”, c’è una criminalità organizzata internazionale che gestisce questo traffico e ovviamente ha tutto l’interesse a che i viaggi nel Mediterraneo continuino; e le stragi in mare sono sempre una ghiotta occasione per ammorbidire il Paese che malauguratamente ha deciso per una maggiore severità. In Italia poi, costoro possono sempre contare sulla complicità dei partiti di sinistra, dei media più popolari e anche delle organizzazioni cattoliche che tendono volentieri a scambiare la connivenza con la criminalità organizzata per attività umanitaria.

È ovvio che le persone in mare vadano soccorse e portate in salvo, ci mancherebbe altro. Ma questo non significa dover poi garantire la permanenza a chi non ne ha titolo, assecondando e alimentando in questo modo la tratta degli esseri umani.