F-35? No grazie, meglio l'Eurofighter Typhoon
Inutile sul piano militare, insostenibile economicamente e dannoso sul fronte industriale: l'F-35 non ci conviene e fa benissimo il governo Renzi a disfarsi di gran parte del programma. Sempre che le pressioni da Obama non siano forti.
C’è fibrillazione intorno agli annunciati ma ancora indefiniti tagli alla Difesa italiana anticipati dal governo Renzi nonostante la cautela espressa dal Quirinale e l’ammonimento di Barack Obama a tutti gli europei a non tagliare le spese militari (che anche lui però sta decisamente riducendo). Anche il Ministro della Difesa, Roberta Pinotti, dopo aver evidenziato il principio delle tre “R” (ripensare, ridurre, rivedere) da applicare a tutte le spese, ha tentato venerdì di tranquillizzare i vertici dell’Aeronautica che temono la cancellazione o la forte riduzione del programma F-35 invitandoli a “stare sereni”. Smentendo pressioni di Obama per l’acquisizione del jet americano, Matteo Renzi ha precisato che “le spese militari in Italia vanno ridotte. Punto. E noi le riduciamo. Obama si arrabbia? Ha fatto la stessa cosa. Come le riduci? Abbiamo un calendario triennale". Quanto agli F35 "quando la commissione sugli F35 avrà chiaro cosa si può fare" anche in base al contratto, "vi diremo quale è la riduzione su quel capitolo".
Parole decise che sembrano dare per certa un’ulteriore riduzione dei velivoli americani già scesi da 131 a 90 e che potrebbero ora scendere a 45/50 a seconda delle indiscrezioni. Certo un taglio delle commesse porterebbe anche a una sensibile riduzione delle compensazioni industriali offerte dagli Stati Uniti ad aziende italiane ma si tratta di partecipazioni bassa tecnologia e con poca redditività e poche maestranze impiegate al punto che solo un rapporto commissionato dalla stessa Lockheed Martin promette oltre 5 mila posti di lavoro in Italia nei prossimi anni. Di fatto lo stabilimento realizzato a Cameri (Novara) per assemblare gli F-35 italiani e olandesi e produrre cassoni alari sappiamo per certo già oggi che lavorerà in perdita. Costato oltre 800 milioni ai contribuenti italiani per assemblare 131 aerei italiani e 85 olandesi ne vedrà uscire dalle catene di montaggio probabilmente meno di 100 (se Roma autorizzerà ulteriori tagli) poiché l’Aja ha ridotto a 37 esemplari la sua commessa a causa dei ritardi del programma e dell’incremento dei costi di un velivolo che ancor oggi nessuno è in grado di dire quando sarà operativo e a che prezzo.
Forse Beppe Grillo esagera nell’affermare che “Obama viene qui perché si è preoccupato della nostra riduzione delle spese militari degli F35" ma è evidente che il ritiro dell’Italia dal programma o una forte riduzione del numero di velivoli avrebbe un pesante effetto negativo sugli altri partner europei e in generale sull’export dell’F-35. Il taglio delle commesse degli alleati aumenterebbe inoltre i costi degli F-35 acquistati dalle forze americane che a loro volta, per risparmiare, stanno riducendo il numero di aerei da acquistare ogni anno. Nonostante la smentita di Renzi qualche pressione circa gli F-35 deve esserci stata in concomitanza con la visita di Obama se un politico navigato e non certo sospettabile di anti americanismo come Pier Ferdinando Casini ha affermato che “con tutto il rispetto per Obama non credo che possa fornirci la lista della spesa in ordine ai nostri acquisti di materiale bellico".
L’ipotesi più probabile è che il governo Renzi prenda tempo attendendo, prima di decidere, le conclusioni ufficiali dell’indagine conoscitiva delle commissioni Difesa del Parlamento se non addirittura la redazione di un Libro Bianco che l’Italia attende da decenni ma che il ministro Pinotti si è impegnata a far elaborare entro quest’anno. Un documento programmatico che indichi cosa il Paese chiede alle forze armate indicando di conseguenza mezzi e fondi necessari ad espletare il compito, è quanto mai necessario ma in questa delicata fase politica potrebbe costituire un buon pretesto per rinviare ogni decisione circa il numero di F-35 da acquistare.
In ogni caso il governo un passo significativo lo ha già effettuato bloccando i pagamenti dei primi anticipi per i velivoli previsti nel decimo lotto di pre-serie. Da sinistra molti hanno criticato il governo, prima quello Letta e poi l’attuale, perché i pagamenti dei jet americani sono continuati negli ultimi mesi nonostante l’impegno di sospenderli in attesa delle valutazioni del Parlamento. In realtà l’Italia ha continuato a pagare “le rate” per gli aerei già ordinati (fino al lotto 9) e in parte pagati per evitare di dover versare penali contrattuali.
Il rischio è che le pressioni di Washington, ben sostenute dal Quirinale, inducano il governo a rinunciare a tagliare o annullare il programma F-35 limitandosi a dilazionare gli acquisti nel tempo per ridurne l’impatto sui bilanci dei prossimi anni, benché il cacciabombardiere statunitense rappresenti un investimento inutile, non sostenibile ed un suicidio sul piano industriale e strategico.
Inutile perché, come fanno i tedeschi, potremmo impiegare gli Eurofighter Typhoon non solo come caccia ma anche per l’attacco al suolo standardizzando così l’Aeronautica su un solo modello di aereo da combattimento tra l’altro di produzione nazionale in consorzio con i partner europei.
Non sostenibile perché l’F-35 è un aereo che avrà alti costi di gestione, come il Typhoon, e con i magri bilanci della Difesa italiani che lasciano pochi spiccioli per le spese di gestione (Esercizio) non sarà possibile tenerli in efficienza. Tedeschi e francesi che spendono più del doppio di noi avranno forze aeree incentrate su un solo velivolo, l’Aeronautica italiana può permettersene due?
Gli unici F-35 che potrebbero essere necessari all’Italia sono i 15 destinati alla Marina, a decollo corto e atterraggio verticale perché sulla portaerei Cavour non possono operare velivoli convenzionali. L’F-35B è l’unico rimpiazzo possibile per gli Harrier oggi in servizio e che potrebbero subire un ammodernamento per estenderne la vita operativa. Si potrebbe quindi rinviare ogni decisione ai prossini 10 anni quando l’F-35 avrà risolto (forse) i suoi mille problemi tecnici valutando a quell’epoca se l’Italia riterrà ancora necessario disporre di una portaerei o semplicemente se potrà ancora permettersela.
Il programma F-35 è poi un suicidio sul piano industriale perché trasforma le nostre aziende del settore aerospazio e difesa da progettatori, produttori ed esportatori di prodotti e aerei da guerra concorrenti di quelli statunitensi in sub-fornitori di componenti low-tech per l’industria americana. Un passo indietro che metterebbe l’industria italiana in balìa delle commesse da oltre Atlantico. Anche sul piano strategico metterci nelle mani degli USA con un aereo sul quale non avremo alcuna sovranità e dotato di tecnologie che potremo usare ma senza accedere al know-how non sarebbe saggio. Specie ora che gli interessi di Washington e dell’Europa divergono sempre di più.