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L’INCONTRO CON IL LUMINARE

Evidenza vs ideologia, Noia spiega «le meraviglie dell’embrione»

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L’embrione ha «un protagonismo biologico incredibile» fin dal concepimento. I tentativi di negarne la dignità sono menzogneri, così come i «contraccettivi d’emergenza». Le cure prenatali esistono. Dal videoincontro della Bussola con il professor Noia.

Vita e bioetica 29_06_2023
Professor Giuseppe Noia

Dalle meraviglie dell’embrione confermate dai più grandi studiosi in materia alle bugie su cui si fonda la cosiddetta «contraccezione d’emergenza»; dall’accidia di quegli scienziati che spingono per l’aborto non appena riscontrano un’anomalia nel nascituro al lavoro di chi, all’opposto, unisce scienza e fede a tutela dei concepiti e delle loro famiglie.

È stato ricco di spunti il videoincontro con il professor Giuseppe Noia, docente di Ginecologia all’Università Cattolica di Roma e direttore dell’hospice perinatale del Policlinico Gemelli. Un incontro intitolato Cultura della vita contro cultura della morte e che rappresenta il secondo di sei appuntamenti al martedì sera (h. 21), tutti incentrati sui temi “forti” della Nuova Bussola, in coincidenza con la campagna estiva di raccolta fondi.

Rispondendo alle domande del direttore Riccardo Cascioli, il professor Noia ha evidenziato alcuni degli aspetti più affascinanti della vita concepita. Tra essi, il cross-talk, ossia il dialogo incrociato che si svolge tra la mamma e il figlio già nei primi otto giorni di vita del concepito, quelli che precedono l’impianto dell’embrione. Il quale, già in questa primissima fase, rivela «un protagonismo biologico incredibile», come spiega Noia: l’embrione concorda di fatto con la madre – attraverso «un linguaggio di molecole», come le citochine, prodotte dallo stesso concepito – in quale parte del grembo materno deve andare a situarsi.

Il docente di Ginecologia aggiunge che questo protagonismo dell’embrione lo si riscontra immediatamente: «Come dice Helen Pearson su Nature, subito, nei minuti successivi al concepimento, sappiamo già dove si formerà l’estremo cefalico, la colonna, gli arti, i piedi». E altri autori spiegano che già nei primi otto giorni «c’è una specializzazione dell’embrione». Subito dopo il concepimento, inoltre, il Dna del padre e poi quello della madre «vengono demetilati, sostituiti. E si forma un nuovo individuo che ha le caratteristiche paterne e materne». Qui risalta quella che Noia chiama «una curiosità bellissima», perché in teoria il concepito, avendo un patrimonio genetico per il 50% diverso da quello della madre, «per una legge biologica» dovrebbe essere rigettato: ma ciò non succede perché il grembo materno diviene teatro di «azioni di mascheramento delle caratteristiche paterne», ossia è come se la madre «non volesse guardare quelle differenze e ci accoglie».

Colui che viene accolto, a sua volta, ricambia. Vedi il fenomeno, studiato tra gli altri da Diana Bianchi, del microchimerismo, ossia lo scambio di cellule tra figlio e madre. In questo scambio, capace di passare la barriera della placenta, «passano anche – spiega Noia – cellule staminali guaritrici delle malattie della madre».

In breve, c’è un’evidenza schiacciante che sta lì ad attestare l’infinita dignità dei bambini nel grembo materno, fin dall’istante del concepimento: il che rende menzognere tutte le manipolazioni volte a spostare più in là l’inizio della vita umana (vedi il «suicidio terminologico» di pre-embrione) e i tentativi filosofici diretti a negare all’embrione lo status di persona. Status che invece il concepito ha naturalmente da subito.

Proprio sulle suddette manipolazioni si fondano gli ingannevolmente detti contraccettivi d’emergenza, che Noia definisce «un’altra grande menzogna», poiché essi non agiscono solo sull’ovulazione ma hanno anche effetti abortivi. Questo vale sia per la «pillola dei cinque giorni dopo» che per quella «del giorno dopo», come spiega lo stesso professore, avvalendosi nella sua argomentazione anche di un lavoro del Lancet.

Sempre in tema di pillole, ai cripto-aborti della contraccezione d’emergenza si aggiungono quelli manifesti, ottenuti con la famigerata RU486. Noia sottolinea come 40-50 anni fa si è usato il pretesto dell’aborto in ospedale come tutela della donna rispetto all’aborto clandestino; mentre oggi – a legalizzazione ottenuta – la cultura della morte spinge per «l’aborto cosiddetto fai da te, che è una cosa così misera», la quale va a contraddire, come nota il ginecologo, tutti i discorsi che il fronte abortista fa sulla «salute delle donne», visto che la RU ne accresce i drammi sul piano fisico e psicologico.

Riguardo, poi, all’utero in affitto, il docente osserva che il punto centrale della questione «è sempre lo stesso: non vedere la dignità della vita umana». Questo avviene tanto per la donna, «che viene usata come un contenitore», quanto per il bambino, che «diventa oggetto di mercato». Ma la sfida alla legge morale naturale non è priva di conseguenze. Ad esempio, l’ovodonazione – che la maternità surrogata e in generale la fecondazione artificiale hanno accresciuto enormemente – aumenta i rischi sia per le donatrici (maggiori rischi di tumore al seno, perdita della fertilità, casi di morte) sia per le madri riceventi (disordini gravi come la preeclampsia, perdita dell’utero, ecc.) sia per i bambini (parti prematuri, ridotta crescita fetale-neonatale, deficit neuromotorio), come dimostra il docente basandosi sulla letteratura scientifica.

Ma com’è vero che c’è una cultura della morte, sostenuta anche a livello di istituzioni sovranazionali (come UE e ONU), è altrettanto vero che c’è chi invece difende la vita umana. Il professor Noia, grazie a un’esperienza trentennale al Policlinico Gemelli, è noto per essere un pioniere nel campo della medicina fetale e delle cure prenatali. E spiega come sotto le voci di «terminalità» o di «bambini incompatibili con la vita» rientrino nei fatti tre tipi di terminalità, di cui una sola reale (come l’anencefalia) e che pure riserva sorprese.

Il terzo tipo di presunta “terminalità” è quello che Noia attribuisce all’«accidia intellettuale» di coloro che, a volte per partito preso, definiscono non curabili patologie che invece alla prova dei fatti sono spesso risultate «curabilissime». Di grande interesse alcuni degli esempi fatti da Noia – tachicardie parossistiche, gozzo tiroideo, anemie, patologie delle vie urinarie – in cui lui e i suoi colleghi sono intervenuti in fase prenatale e, quando necessario, hanno completato gli interventi dopo la nascita. Tutti casi documentati con pubblicazioni «su riviste internazionali», spiega il luminare, che aggiunge come abbiano fatto pure studi di monitoraggio, «per alcuni anche fino a 24 anni».

E questo è solo il braccio scientifico della onlus Il Cuore in una Goccia, che Noia fondò ispirato dalle parole di santa Teresa di Calcutta («se una madre non vuole il suo bambino, datelo a me»). Il secondo è rappresentato dalle famiglie (già passate dall’esperienza di nascituri “terminali” o presunti tali) che aiutano altre famiglie, attraverso la realtà degli hospice perinatali. Il terzo braccio è l’identità cristiana: «Crediamo nella potenza della preghiera – dice Noia – e anche nella carità fattiva». Una carità che dalla fondazione de Il Cuore in una Goccia ha aiutato cinquemila ragazze madri.

 



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