Eutanasia, non si ricada nel tranello di una legge 'cattolica'
La proposta di referendum dei radicali sarà probabilmente dichiarata inammissibile dalla Corte Costituzionale, ma resta la pressione sul Parlamento ad allargare la possibilità delle uccisioni. La sentenza con cui la Consulta ha dichiarato parzialmente illegittimo il divieto di aiuto al suicidio, comunque, non obbliga in alcun modo le camere a legiferare: piuttosto dovrebbero abrogare la legge sulle Dat. I parlamentari cattolici hanno il dovere di proteggere i malati e gli anziani più fragili, difendendo la verità tutta intera. E non ricadere così nell’errore della Legge 40.
Riprendono i lavori parlamentari e il tema dell’eutanasia diventa attuale. Il quadro si è arricchito: dopo la sentenza della Corte Costituzionale, che ha dichiarato parzialmente illegittimo il divieto di aiuto al suicidio, i radicali hanno annunciato di avere raccolto firme sufficienti per un referendum che depenalizzerebbe l’omicidio del consenziente, permettendo l’uccisione, da parte di chiunque, di persone che l’hanno chiesto, purché maggiorenni e capaci di intendere e di volere. Non basta: nel mese di luglio, le Commissioni Giustizia e Affari Sociali della Camera hanno approvato il testo base di una legge che dia attuazione alla sentenza della Corte Costituzionale, come dalla stessa auspicato.
Come muoversi in questo quadro? Ricordiamo l’insegnamento che viene da due precedenti: la legge sull’aborto e quella sulla fecondazione artificiale.
LA CONSULTA E LA 194
La legge 194 del 1978 fu approvata dopo che la Corte Costituzionale, con la sentenza n. 27 del 1975, aveva dichiarato parzialmente illegittima la norma che puniva l’aborto commesso in presenza di “danno, o pericolo grave, medicalmente accertato e non altrimenti evitabile, per la salute della madre”. Anche allora la Corte aveva sollecitato l’approvazione di una legge: “Ritiene la Corte che sia obbligo del legislatore predisporre le cautele necessarie per impedire che l'aborto venga procurato senza serii accertamenti sulla realtà e gravità del danno o pericolo che potrebbe derivare alla madre dal proseguire della gestazione: e perciò la liceità dell'aborto deve essere ancorata ad una previa valutazione della sussistenza delle condizioni atte a giustificarla”.
Conosciamo il risultato: la legge 194 trasformò una causa di non punibilità per il medico nel riconoscimento pieno del diritto della donna ad interrompere la gravidanza, garantito dallo Stato e realizzato con le sue strutture sanitarie; contro le indicazioni della Corte di riconoscere la liceità dell’aborto solo in caso di pericolo effettivo per la salute della donna, si affermò il principio di autodeterminazione. L’aborto in Italia, oggi, è sempre permesso, per qualsiasi motivo, è gratuito, può essere usato come mezzo di controllo delle nascite, nessun medico può sindacare la decisione della donna.
Ecco il primo insegnamento: la legge non sarà mera attuazione della sentenza della Corte Costituzionale; il Parlamento trasformerà le eccezionali ipotesi di non punibilità per i medici che hanno aiutato i malati in gravissime condizioni a suicidarsi nel riconoscimento del diritto/dovere dello Stato di garantire l’aiuto al suicidio con le proprie strutture sanitarie e i propri medici; i casi saranno numerosi ma nessun processo sarà tenuto per accertare se la persona fatta morire avrebbe dovuto invece essere curata: ci accontenteremo della Relazione annuale del ministro della Salute.
È la stessa operazione che si tenta in questi giorni nella Repubblica di San Marino, alla quale si oppongono il vescovo e le persone amanti della vita: si parte da un referendum per cancellare le norme che puniscono l’aborto - mai applicate, perché le donne di San Marino che intendono abortire lo fanno in Romagna - e si giunge ad una legge che “consente”, cioè rende un diritto, l’aborto fino al nono mese! Cosicché quella Repubblica, sul cui territorio non era mai stato ucciso un bambino non ancora nato, rischia di diventare il luogo dove si consumeranno delitti feroci come l’aborto a nascita parziale.
IL PRECEDENTE DELLA LEGGE 40
C’è ancora qualcuno che ritiene l’approvazione della legge 40 del 2004 sulla fecondazione artificiale un successo del mondo cattolico, la migliore operazione che si poteva compiere; del resto, nei primi anni di applicazione, i giornali cattolici scrissero che “la legge 40 funziona!”, rallegrandosi per l’aumento del ricorso alle tecniche.
All’epoca mancava una regolamentazione per tecniche che, per l’Italia, erano nuove (il famoso “far west della provetta”): si doveva decidere se vietarle o regolarle. Benché alcuni ricordassero che “la fecondazione umana extracorporea (omologa ed eterologa) è eticamente inaccettabile in quanto viola il diritto alla vita e la dignità della persona umana” e proclamassero che “l'unica legge proponibile e necessaria debba vietare qualsiasi tipo di fecondazione extracorporea (omologa ed eterologa)”, il mondo cattolico e pro-life ufficiale spinse per l’approvazione di una legge che “consente” il ricorso alla fecondazione in vitro; vennero piantati alcuni “paletti” che - inevitabilmente! - sono stati fatti cadere uno ad uno. Cosicché resta soltanto l’indiscutibile diritto degli adulti a produrre embrioni in quantità e a farne sostanzialmente quello che vogliono: farne morire nove su dieci, congelarne a tempo indeterminato molti altri, applicare espressamente l’eugenetica scartando quelli “difettosi”, utilizzare le tecniche per l’acquisto di bambini da parte di chi non li può ottenere naturalmente, strumentalizzare gli adulti, ridotti a mera “funzione” e così via.
Quali altri effetti ha avuto questa legge? Forse riservare uno “spazio politico” ai politici cattolici? Ognuno può giudicare quanto “contano” i politici cattolici in Parlamento! Piuttosto, in presenza di una “legge cattolica sulla fecondazione artificiale” è diventato difficile ricordare ai giovani che ogni vita è un dono da accogliere e non un “pacco” da ordinare al momento giusto e da rifiutare se difettoso…
L’EUTANASIA E IL PERICOLO ATTUALE
Torniamo alla legge sull’eutanasia e al quadro che si sta formando. Il referendum radicale - va subito detto - sarà probabilmente dichiarato inammissibile dalla Corte Costituzionale che ha chiaramente affermato che la repressione penale dell’omicidio del consenziente e dell’aiuto al suicidio ha un fondamento costituzionale, perché vuole tutelare i soggetti fragili. Perché viene proposto? Per spingere il Parlamento a legiferare e ad allargare le possibilità delle uccisioni. I radicali, però, fanno chiarezza su un punto: è sostanzialmente equivalente aiutare una persona a suicidarsi, mettendogli davanti una pasticca velenosa e lasciando che sia lui ad ingoiarla, e invece fargli un’iniezione velenosa oppure spegnere il macchinario che lo tiene in vita. L’ipocrisia della sentenza della Corte Costituzionale, che non spiega in che modo i medici dovrebbero aiutare al suicidio i malati gravi che vogliono morire, verrà travolta: si va verso una legge che permetterà, anzi obbligherà le strutture sanitarie - negli appositi spazi riservati dagli ospedali, mediante macchinari e strumenti adeguati e sterili - ad uccidere.
Il Parlamento è obbligato a legiferare? Assolutamente no! La Corte Costituzionale ne è consapevole e si limita a “ribadire con vigore l’auspicio che la materia formi oggetto di sollecita e compiuta disciplina da parte del legislatore”: abbiamo già detto che lo aveva fatto per l’aborto e abbiamo visto gli effetti della legge approvata. Attualmente non c’è nessun vuoto normativo: in forza della sentenza verranno assolti i medici che avranno agito nelle condizioni e con le modalità descritte; per il resto, ogni aiuto al suicidio sarà punito come previsto dall’art. 580 Cod. pen. mentre resterà sempre punita ogni condotta attiva di omicidio di chi l’ha chiesto (art. 579 Cod. pen.).
IL DOVERE DEI PARLAMENTARI PRO VITA
Ai parlamentari amanti della vita, primi fra tutti quelli cattolici, spetta allora il rispetto della verità integrale, quello che è mancato quando si promosse l’approvazione della legge 40 sulla fecondazione artificiale.
Davvero vogliamo “una legge sul fine vita, che, senza lasciarsi condizionare dalla fretta, né da furori ideologici, possa essere il risultato di un dialogo fra posizioni differenti”? Dovremmo dialogare con chi vuole imporre allo Stato di uccidere i malati più fragili e gli anziani abbandonati e che ha già approvato una legge - la legge sul consenso informato - che permette espressamente ai legali rappresentanti degli incapaci di disporne la morte? Ci siamo dimenticati che una legge sul fine vita è già stata approvata e ha goduto della non opposizione del mondo cattolico?
Ci accontenteremo di una legge che, prima di permettere l’uccisione (o il suicidio assistito), garantisca l’offerta di cure palliative? Vediamo come questa offerta è concepita nel testo base approvato alla Camera: un passaggio burocratico in più, una “crocetta” sul rapporto che il medico che farà morire il paziente dovrà segnare (“Il rapporto deve indicare inoltre se la persona è a conoscenza del diritto di accedere alle cure palliative, e specificare se è già in carico a tale rete di assistenza o se ha rifiutato tale percorso assistenziale”). L’offerta di cure palliative al paziente al quale, contestualmente, viene chiarito che può essere aiutato a suicidarsi equivale al colloquio del medico alla donna incinta che chiede di abortire: sappiamo quale sia l’efficacia dissuasiva di quel colloquio!
E ancora: ci accontenteremo di una legge che garantisca l’obiezione di coscienza dei sanitari (verso i quali partirebbe subito quella campagna di calunnie e di fango che ben conosciamo)?
DIRE LA VERITÀ INTERA
Sentiamoci, invece, liberi di dire tutta la verità! Di proclamare, innanzitutto, che la sentenza della Corte Costituzionale è scandalosa e profondamente ingiusta! Che l’aiuto al suicidio o l’omicidio delle persone malati e fragili devono essere sempre vietati, perché contrastano con l’obbligo di solidarietà e di uguaglianza sancito dalla nostra Carta e che, quindi, il Parlamento non deve in alcun modo permetterli.
Il Parlamento, piuttosto, abroghi la legge 219 del 2017 sul consenso informato, sulle cui ipocrite procedure si basa proprio la sentenza della Corte: faccia crollare quella pronuncia togliendole la terra sotto i piedi!
“Sbagliato è sbagliato!”: non c’è alcuna possibilità di rendere giusta l’uccisione di un uomo innocente. La vicenda della legge del Texas, che vieta l’aborto dal momento in cui viene percepito il battito del cuore, ci mostra che è proprio continuando a insistere sulla verità - c’è un uomo dal concepimento alla morte naturale e ogni uomo ha il diritto alla vita - che si raggiungono i risultati più inattesi. I parlamentari cattolici e i movimenti pro-life non si facciano coinvolgere, ancora una volta, nell’approvazione di una legge ingiusta!