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EDITORIALE

Eutanasia e utero in affitto, i rischi di un colpo di mano

È chiaro che nel nostro paese si confrontano oggi due visioni dell'uomo e della realtà diametralmente opposte. Ma il luogo del confronto politico è il Parlamento: non sono accettabili forme di pressione indebita e ideologica né che sia la magistratura a cambiare le leggi. Quello che sta avvenendo oggi è un vulnus gravissimo alla nostra democrazia.

Editoriali 04_03_2017
Parlamento

I recenti fatti e polemiche riguardo l'eutanasia e l'utero in affitto hanno messo in rilievo che è in atto nel nostro paese una grossa dialettica tra due concezioni dell’uomo e della vita che sono realmente alternative.

C’è la concezione di chi ritiene che, essendo la vita un dono totalmente indisponibile all’uomo perché dono di Dio, non ci sia alcun diritto a sopprimere la propria vita: il suicidio non è un diritto, la Chiesa l’ha sempre considerato un terribile errore. Pur senza giudicare la persona, il dato di fatto è che il suicidio è qualcosa di assolutamente contrario alla concezione cristiana della vita. Nonostante tutte le criminalizzazioni e discriminazioni di cui è fatta oggetto questa posizione, nessuno può negare che questa rappresenti oggi come oggi un dato sostanziale della nostra tradizione culturale e giuridica.

Esiste anche un’altra antropologia che ritiene invece che la vita sia un oggetto su cui l’uomo - singoli o gruppi, o l’intera società - esercita una serie di poteri. E allora per questa visione – siccome la vita non è più un dono ma un oggetto disponibile all’uomo, alla volontà, alla scienza, alla tecnica o ai poteri associati che guidano la nostra società – il suicidio diventa un diritto e come tale deve essere riconosciuto dallo Stato.

Le cose stanno così, né più né meno.

Non c’è nessuno in Italia che possa dire che oggi sia ammesso dalla legislazione il suicidio come diritto. Il luogo per un dibattito e per un eventuale cambiamento di legislazione è uno solo, il Parlamento nel quale si esprime la sovranità del popolo.

Altre forme di pressione indebita e ideologica attuate dalla magistratura per sostituire pezzi del nostro ordinamento giuridico o per creare forme giuridiche nuove sono da rifiutare come un vero e proprio attentato alla Costituzione e alla libertà della nostra società.

In questo senso la sentenza di Trento (quella che riconosce la doppia paternità per i figli sdoganando l’utero in affitto, ndr) è una cosa gravissima (clicca qui). Perché quello che lì è stato invocato come diritto non ha nessuna accoglienza ne nell’ambito della Costituzione – anzi è espressamente negato – né nell’ambito delle strutture giuridiche che fino ad adesso tengono il nostro paese, in qaunto votate legittimamente nei vari parlamenti e strutturate anche giuridicamente.

Perciò questa magistratura si sta assumendo una responsabilità enorme, con questa idea della magistratura creativa per cui un bambino può vivere con due padri. Questi sono tentativi che non possono ricevere da nessuno un riconoscimento giuridico se non quando siano diventate legge dello Stato: non è la magistratura che fa le leggi dello Stato, essa deve attuarle.

I giudici di Trento hanno operato un vulnus gravissimo alla stabilità della realtà giuridica del nostro paese. La magistratura deve solo dare attuazione alle norme, alle visioni che non tocca a lei individuare; tocca al Parlamento stabilirle e alla magistratura riconoscerle e strumentarle.

Affermare che il rapporto biologico tra figli e genitori non è così essenziale, è un’enorme sciocchezza dal punto di vista antropologico culturale. In ogni caso non spetta alla magistratura stabilire quali siano le visioni adeguate o meno, queste sono ambito di confronti culturali e di dibattiti parlamentari.

C’è poi una seconda osservazione: ci sono ancora i laici cristiani in questo Paese? Ci sono laici cristiani nelle istituzioni, prima fra tutte il Parlamento? Perché è qui che essi devono realizzare un confronto netto e deciso affinché questa tradizione non venga sostituita brutalmente senza che sia stato compiuto un inter legislativo che solo dà alle decisioni del parlamento la loro legittimità e attuabilità.

Certamente la concezione tradizionale – come si usa dire in modo sbrigativo e negativo – della famiglia e della procedura che porta alla vita erano ben chiari ai padri costituenti (la famiglia non contemplava quella omosessuale né si considerava il figlio un diritto). Se si avrà il coraggio e la forza anche numerica per fare passare la concezione opposta, questo determinerà un tipo di modificazione molto grave che dovrà essere strumentata. Ma in ogni caso questa revisione non potrà prevedere la eliminazione brutale della concezione tradizionale della famiglia e della vita che ha retto fino ad esso anche le strutture giuridiche del nostro paese.

Il mio è un grido d’allarme, perché andando avanti così si può cambiare l’immagine del nostro stato e lederne definitivamente la sua democraticità. E i laici cristiani nelle istituzioni hanno una chiara responsabilità nell'impedire che avvengano colpi di mano a scapito di tutti i cittadini.