Eugenetica&aborto, Marie Stopes si rifà il trucco
La Marie Stopes International, multinazionale degli aborti con base a Londra, cancella il nome di Marie Stopes perché sostenitrice del movimento eugenetico. Un’operazione simile, ma più grande, a quella fatta da Planned Parenthood con Margaret Sanger. Ma il maquillage non cambia la sostanza: tra industria dell’aborto, società eugenetiche e razzismo c’è un legame indissolubile. Ieri e oggi.
Dagli Usa al Regno Unito, è il nuovo imperativo delle organizzazioni anti-vita: oscurare il legame tra l’eugenetica (con i suoi corollari razzisti) e l’aborto. Prima la rimozione del nome di Margaret Sanger da una clinica di Planned Parenthood a New York, per tenersi buono il movimento (peraltro abortista) Black Lives Matter ed evitare quindi il fuoco amico. Ora un’operazione di proporzioni ben più grandi, che interessa la Marie Stopes International, multinazionale dell’aborto fondata a Londra che ha deciso di rimuovere il nome appunto della britannica Marie Stopes (1880-1958), convinta promotrice del controllo delle nascite attraverso sterilizzazioni forzate e contraccezione.
Rimarranno, in realtà, le sue iniziali. E così, dallo scorso 17 novembre, il colosso con base nel Regno Unito si chiama ufficialmente MSI Reproductive Choices. La nuova denominazione - “Scelte riproduttive” - è una perfetta adesione alla neolingua. Il gioco di maquillage ha portato a dover cambiare il dominio Internet, gli indirizzi email, le pagine social.
Il perché dell’ostracismo verso l’ispiratrice e madre ideale della MSI è presto detto dall’amministratore delegato Simon Cooke: «Marie Stopes è stata una pioniera della pianificazione familiare; tuttavia, è stata anche una sostenitrice del movimento eugenetico e ha espresso molte opinioni che sono in netto contrasto con i valori e i principi fondamentali della MSI». Secondo Cooke, il cambio di nome si giustifica con il lancio di una «nuova strategia» che prevede di eliminare, entro il 2030, ogni aborto «insicuro» (ce n’è qualcuno che sia sicuro?) e garantire a tutti l’accesso alla contraccezione. Nemmeno un alieno che stesse sulla Terra solo da qualche mese abboccherebbe a tanta retorica, visto che di “nuovo” in questa strategia non c’è nulla.
È chiaro, cioè, che la MSI non sa come recidere i legami con Marie Stopes senza rinnegare il proprio business e la propria storia. Del resto, lo stesso Cooke deve ricordare più avanti che «la MSI è stata fondata nel 1976 dal dottor Tim Black, Jean Black e Phil Harvey, che rilevarono la clinica sul sito dell’originaria “Mothers Clinic” di Marie Stopes [da lei fondata nel 1921, ndr] nel centro di Londra» e che a lei avevano intitolato l’organizzazione in riconoscimento della sua «opera pionieristica». La loro idea era di “emancipare” le donne con contraccezione e aborto: e questa visione, aggiunge l’amministratore delegato, è «tanto rilevante oggi come lo era nel 1976».
Dunque, il nuovo nome è solo un trucco, che nulla cambia nella sostanza. L’aborto dei bambini con qualche forma di disabilità - fisica o mentale, reale o presunta - è legato a doppio filo con i principi dell’eugenetica. La cultura dell’aborto legale nasce dallo stesso albero della contraccezione, che si sviluppa per impulso delle varie società eugenetiche nate agli inizi del Novecento sull’onda del darwinismo sociale del britannico Francis Galton, attecchito da una parte all’altra dell’Atlantico.
Il percorso di vita e ideologico di Marie Stopes, difatti, ha una straordinaria somiglianza con quello della Sanger (1879-1966). Le due si conobbero personalmente nel 1915, dopo che l’attivista americana, fuggita in Inghilterra, aveva parlato di contraccezione davanti ai membri della Fabian Society. Marie Stopes chiese consiglio alla Sanger per un capitolo di un suo scritto da dedicare al controllo delle nascite, tema che 'respirava' da tempo.
Già da bambina la paleontologa e saggista britannica aveva incontrato, attraverso il padre, Galton. Aveva poi preso parte al congresso inaugurale, nel 1912, della Eugenics Education Society (oggi Galton Institute), e nel 1921 ne era divenuta membro. In quello stesso anno fondò la già citata Mothers Clinic e, in suo supporto, un’organizzazione il cui nome dice tutto: Society for constructive birth control and racial progress.
Il progresso razziale che aveva in mente la Stopes prevedeva, come scrisse in Radiant Motherhood, che «la sterilizzazione di coloro che sono totalmente inadatti alla genitorialità dev’essere resa immediata, anzi obbligata». Tra gli inadatti, a suo dire, rientravano «i depravati, i deboli di mente e gli squilibrati», i quali «producono meno di quanto consumano». Almeno pubblicamente, Stopes si dichiarava contraria all’aborto (in alcuni casi, però, se ne era mostrata favorevole nel privato), poiché riteneva che la contraccezione fosse sufficiente a costruire la razza superiore e perfetta - fondata sulla wise parenthood, «genitorialità saggia» - di cui si riteneva profetessa. Il contrasto con la Chiesa cattolica fu stridente.
Il controllo delle nascite doveva avvenire particolarmente tra i ceti più poveri e, non per nulla, la prima clinica di Marie Stopes nacque in una zona allora indigente di Londra (Holloway, da cui poi traslocò nel 1925). Razzismo soprattutto sociale, che fa il paio con quello più in senso stretto delle cliniche di Planned Parenthood negli Usa, spesso piazzate nei quartieri a maggioranza afroamericana.
Di grande pragmaticità, la Stopes fu abile a pubblicizzare i suoi scritti e diffondere le sue idee eugenetiche tra chi deteneva il potere. Nella sua concezione di razza rientrava anche un forte antisemitismo. E nell’agosto del 1939, pochi giorni prima che scoppiasse la Seconda Guerra Mondiale, inviò un suo libro di poesie (Love Songs for Young Lovers) ad Adolf Hitler, con la speranza - a quanto pare disillusa - che il Führer facesse distribuire quelle poesie nelle cliniche tedesche per il controllo delle nascite.
Il disprezzo per la vita fragile, o anche solo minimamente imperfetta, portò la Stopes fino al tentativo di impedire il matrimonio del figlio Harris con Mary Wallis, ‘colpevole’ di avere «una malattia ereditaria agli occhi», praticamente una forma di miopia, e «ho l’orrore che la nostra linea [genetica] venga contaminata e di bambini piccoli con la miseria degli occhiali».
Queste sono le menti che hanno diffuso l’eugenetica che si è poi evoluta, con il concorso di politici e media, nell’industria dell’aborto. Rifarle il look non basta. Bisogna chiuderla.