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MISURA COLMA

Esplode la protesta contro l’ideologia del lockdown

Ambulanti e ristoratori protestano a Montecitorio contro la linea delle chiusure che sta impoverendo il Paese. Scontri con la polizia. Manifestazioni anche a Milano, e aria esplosiva al Sud. Un vento di protesta che soffia dal basso, insofferente a una politica sempre più sorda, che ha fatto traboccare il vaso con la seconda Pasqua in lockdown.

Attualità 07_04_2021

Era prevedibile che prima o poi si sarebbero svuotati i balconi e si sarebbero riempite le piazze. Una politica sorda alle legittime aspettative dei cittadini e barricata nel Palazzo, senza una strategia efficace di contrasto alla pandemia e capace soltanto di scaricare sui cittadini le sue incapacità, sta dimostrando tutti i suoi limiti. E le categorie produttive insorgono e occupano strade e piazze, rivendicando il sacrosanto diritto di lavorare, sancito all’articolo 1 della Costituzione.

Ieri è andata in scena solo un’anteprima di quello che potrebbe accadere nel nostro Paese di qui a qualche settimana. E c’è da chiedersi quale forza politica di quelle presenti in Parlamento possa intercettare questo vento di protesta che soffia dal basso e che non è in alcun modo manipolato né strumentalizzato da frange estreme, come qualcuno dell’establishment cerca di sostenere nel tentativo di sminuirne l’autenticità e la portata.

I grillini, che nel 2018 raccolsero tutto il malcontento e il voto anti-sistema, sono ormai diventati il peggio dell’odiata casta e quindi non possono che difendere lo status quo, fatto di assurde e immotivate chiusure e di misure contraddittorie, destinate a incrementare esponenzialmente le povertà senza in alcun modo risolvere l’emergenza sanitaria.

L’ideologia del lockdown, che peraltro nessun frutto tangibile ha prodotto, visto che ci sono quasi gli stessi contagi e gli stessi morti di un anno fa, ha distrutto l’economia e ha minato le fondamenta della società, accrescendo il divario tra garantiti e non garantiti, tra chi non protesta perché può permettersi di non farlo e chi invece è disperato perché non può più mangiare o dare da mangiare ai suoi figli e tenta il tutto per tutto.

L’egoismo sociale dei garantiti è stato per un anno il vero alleato del partito “chiusurista”, che continua sfacciatamente a invocare il rispetto delle regole, dopo aver calpestato tutte le libertà fondamentali di cittadini e imprese.

Quanto accaduto ieri in Piazza Montecitorio non può considerarsi un episodio isolato. Gli ambulanti e i ristoratori, supportati da Vittorio Sgarbi (che ha anche tenuto un comizio improvvisato) e da Italexit (il movimento fondato da Gianluigi Paragone, ex grillino), hanno protestato contro le chiusure, invocando la libertà di tornare a lavorare. Non sono mancati scontri con la polizia e si sono registrati dei feriti tra gli agenti.

Nel resto d’Italia si sono fatte le prove generali di quelle che potrebbero essere manifestazioni di massa, con blocchi di strade e paralisi dei servizi. A Milano ambulanti, imprese di bus turistici e lavoratori Alitalia hanno organizzato manifestazioni e presidi in zona stazione centrale e in altre aree della città e la circolazione ne ha risentito. Al Sud la situazione non è meno esplosiva. I lavoratori dei mercati rionali e gli ambulanti hanno invocato immediate riaperture e, in segno di protesta, hanno bloccato per ore l’autostrada Napoli-Caserta. Difficile pensare a una regia. Si tratta davvero di iniziative spontanee dettate esclusivamente dalla disperazione e dalla rabbia. Non si può vivere per un anno intero senza lavorare e continuando a pagare le tasse, in molti casi neppure compensate dai ristori elargiti dal governo.

Tutti vogliono tornare a lavorare per non morire di fame e chi continua a fare il tifo per le chiusure probabilmente non ha ben presente il disastro socio-economico che si è determinato e l’impossibilità per milioni di lavoratori di continuare a vivere in questo modo inumano e alienante.

La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata la seconda Pasqua in lockdown. Anziché ricevere assistenza sanitaria o vaccini gli italiani hanno ricevuto multe per essersi spostati da una casa di famiglia all’altra o per aver organizzato pranzi con un numero di persone maggiore di quello consentito. Addirittura ad Arezzo un vigile si vantava di controllare la spesa che le famiglie, alla vigilia di Pasqua, facevano dal macellaio, proprio al fine di risalire al numero di persone invitate. Una “gastro-polizia” che non ha precedenti neppure nei più sanguinari regimi autoritari e che davvero fa temere per la tenuta delle libertà nel nostro Paese, libertà conquistate dai nostri antenati a prezzo di enormi sacrifici e perdite umane e ora svalutate e dileggiate da una politica incapace di garantire i diritti dei cittadini, in primis quello alla salute.

In linea teorica la forza politica maggiormente in grado, in questo momento, di ascoltare le proteste delle categorie produttive non può che essere Fratelli d’Italia, rimasta all’opposizione del governo Draghi dopo avere combattuto ferocemente anche contro i governi Conte. La Lega è lacerata al suo interno tra governisti e ortodossi. I primi, sulle posizioni del ministro dello Sviluppo economico, Giancarlo Giorgetti, ritengono che l’attuale esecutivo vada sostenuto convintamente; i secondi temono di lasciare campo libero, nell’area dell’opposizione, a Giorgia Meloni e quindi auspicano un secondo Papeete. In mezzo c’è Matteo Salvini, che si barcamena, alternando bastone e carota. Ma di fronte all’esplosione della protesta sociale e al moltiplicarsi di manifestazioni di piazza, forzature di blocchi e violazioni di misure restrittive è importante che anche il Capitano si decida. Se non sarà l’esecutivo a intavolare un dialogo con chi protesta dovrà farlo la Lega, almeno al Nord, dove si concentra la porzione più cospicua della produzione di beni e servizi e l’economia deve ripartire in fretta e senza tentennamenti. Se la politica non sarà in grado di dare risposte immediate, incisive e convincenti alla crisi economica, sociale e occupazionale più grave dell’ultimo secolo, finirà per soccombere.