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Elezioni USA, come è cambiato il voto cattolico

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Le parole del Papa sui due candidati alla presidenza hanno riacceso l'interesse per il voto dei cattolici nella sfida Trump-Harris, che potrebbe essere decisivo. E una ricerca rivela un allontanamento dai Dem, per le posizioni radicali su famiglia e vita.

Esteri 16_09_2024

Le dichiarazioni di papa Francesco durante il suo viaggio di ritorno dall'Asia hanno portato decisamente il tema delle posizioni politiche dei cattolici al centro del dibattito elettorale presidenziale statunitense.
Come è noto, in quella circostanza il pontefice, con modi piuttosto energici come suo costume, ha accusato sia Donald Trump che Kamala Harris di essere contro la vita umana: l'uno per il rifiuto di accogliere i migranti, l'altra per l'appoggio all'aborto. E ha invitato gli elettori cattolici a scegliere “il male minore” tra i due, sostenendo però di non sapere quale esso sia.

Si tratta di una posizione ostentatamente “equilontana”, con cui papa Bergoglio sembrerebbe voler tirare fuori la Chiesa dalla contesa elettorale. Ma salta immediatamente agli occhi la differenza tra l'atteggiamento attuale di Francesco e quello tenuto quattro anni fa. In quel caso, senza prendere ufficialmente posizione, traspariva abbastanza charamente il fatto che il “male minore” per il capo della Chiesa di Roma, anche in contrasto con gran parte dell'episcopato statunitense, era costituito da Joe Biden, candidato cattolico, che appariva in maggiore sintonia con il papato sul tema dell'immigrazione come su quello dell'ambiente e del clima, e al quale egli si affrettò a fare i complimenti per la vittoria quando ancora essa era aspramente contestata dal suo rivale. Per contrasto, se ne desume che Francesco voglia oggi, pur sottolineando la sua persistente scarsa simpatia per Trump, rimarcare innanzitutto la propria freddezza nei confronti della vicepresidente e attuale candidata Dem, espressione di tendenze radicali soprattutto sui temi biopolitici, come appunto l'aborto e l'”agenda” Lgbt+.

Il nuovo, forte richiamo del Papa alla sacralità della vita umana nascente, con l'annessa inequivocabile definizione dell'aborto come infanticidio, è destinato allora ad avere un peso non trascurabile sulle scelte di un segmento di elettorato cospicuo – quello, appunto, costituito dalla popolazione di fede cattolica - che può essere decisivo in alcuni stati in cui la contesa si giocherà fino all'ultimo voto, a partire da Pennsylvania, Wisconsin e Michigan. Il tutto in una contrapposizione che fin dall'inizio si è configurata come uno scontro identitario frontale, giocato soprattutto su opzioni etiche, di appartenenza, simboliche, e il cui esito verrà determinato probabilmente dalla percentuale degli appartenenti all'una o all'altra “tribù” che si sentiranno sufficientemente spinti da un obbligo morale ad andare alle urne.

Il cattolicesimo negli Stati Uniti è storicamente legato in primo luogo alle minoranze di immigrati dai paesi latini europei, e poi in misura anche maggiore da quelli latinoamericani. A lungo esso ha espresso un consenso politico fortemente maggioritario per il Partito democratico, legato alla working class, per poi spostarsi a partire dalla seconda metà del XX secolo in senso più conservatore, in particolare tra gli elettori ispanici e sui temi relativi a principi “non negoziabili”, ma con notevoli oscillazioni volta a volta.
Nel 2020 il voto cattolico ebbe una rilevante importanza nella vittoria di misura di Biden, secondo presidente cattolico dopo Kennedy. Oggi, viceversa, proprio la sensibile radicalizzazione dei Dem con il ticket Harris/Walz, insieme all'insoddisfazione per il peggioramento della situazione economica per le classi medie e  lavoratrici, sembrerebbe aver allontanato di nuovo l'elettorato cattolico da quel partito, riavvicinandolo a Trump. Un recente sondaggio del Pew Research Center, pubblicato l'11 settembre, indica che il 52% degli elettori cattolici esprime preferenza per Trump, contro il 47% intenzionato a votare per la Harris.

Questi numeri aiutano a comprendere meglio il contesto nel quale le ultime dichiarazioni di papa Francesco si inseriscono. Ma richiamano anche all'importanza che, in questa serratissima campagna elettorale, assume, oltre al cleavage religioso, anche quello connesso al genere e alla condizione familiare.

La campagna elettorale della Harris ha evidentemente giocato tutte le sue carte sul tentativo di motivare alle urne e galvanizzare determinati segmenti di elettori potenziali: afroamericani, giovani e soprattutto donne. Questa scelta strategica spiega come mai l'aborto sia diventato uno degli issues centrali della campagna, e venga non solo approvato ma celebrato e declinato dai Dem come un trofeo simbolico di emancipazione femminile. E spiega come la Harris insista nell'accusare il ticket Trump/Vance di rappresentare uno schieramento oscurantista che vorrebbe “tornare indietro” e riportare le donne in una posizione subordinata di mogli e madri di famiglia. A tale ricerca dello scontro in chiave femminista va riportata, da ultimo, anche la polemica rivendicazione di essere una “gattara senza figli” da parte della popstar Taylor Swift nel suo endorsement a favore della candidata Dem.

D'altra parte, però,  simili posizioni naturalmente tendono a lasciare molto scoperto il ticket Harris/Walz presso l'elettorato cattolico (quello evangelico è già in gran parte lontano da loro), ma anche presso minoranze etniche non cristiane tendenzialmente molto conservatrici su temi riguardanti famiglia e questioni di genere (gli indiani per esempio) e presso settori di elettorato caratterizzati proprio in base al genere e alla famiglia.

Un interessante sondaggio pubblicato dal Washington Examiner riporta che il voto in favore di Trump prevarrebbe per ora tra gli elettori sposati di entrambi i sessi (59% gli uomini, 56% le donne), e anche tra gli uomini non sposati (52% contro il 45% alla Harris), e che l'unica categoria di genere in cui la Harris sovrasta Trump sarebbe quella delle donne non sposate (68% contro 31%). Sono cifre che rafforzano la sensazione di una strategia della Harris decisamente indirizzata in quella direzione, volutamente divisiva, anche a costo di rischiare di perdere per strada una parte dell'elettorato maschile, legato alla famiglia e di più solide convinzioni religiose.

Se per l'esito delle elezioni sarà decisivo l'uno o l'altro contingente di votanti potremo saperlo soltanto dopo il 5 novembre. Intanto, possiamo attenderci che nelle prossime settimane lo scontro tra gli schieramenti contrapposti su questi temi rimarrà intenso, e forse anche che la Chiesa e il mondo cattolico americano tenderanno a marcare una presenza più avvertibile nel dibattito.



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