Ecco come e chi ci sta privando delle libertà fondamentali
Le confessioni dei leader politici che ammettono le imposizioni non necessarie ad arginare la pandemia ma utili a far capire chi comanda. Il linguaggio e il metodo coercitivo accettato dalla popolazione che un tempo si sarebbe ribellata. La censura di stampa. I bambini segnalati. Gli interessi di chi spera che l'emergenza non finisca per imporre gli obblighi vaccinali. E i grandi "filantropi" che avevano già previsto tutto, ideando sistemi di controllo autoritari e pervasivi.
Perché una pandemia che dura da circa sei mesi, con 300 mila decessi in tutto il mondo per un tasso di mortalità globale dello 0,003% (nulla a che vedere con le epidemie del passato che fecero milioni di morti su una popolazione mondiale inferiore) è stata in grado, come mai accaduto in precedenza, di dotare i governi di poteri più eccezionali di quelli concessi durante gli stati di guerra?
Pensiamo ad esempio alle dichiarazioni di alcuni leader, rilasciate senza che la popolazione abbia battuto ciglio: il sottosegretario della Regione Emilia Romagna, Davide Baruffi, ha ammesso che «abbiamo quindi detto “no” all’attività motoria in generale non perché rappresenti il primo fattore di contagio, ma perché volevamo dare il senso che il regime di restrizioni dentro cui eravamo in particolare all’inizio del mese di marzo doveva essere molto severo e molto stringente per tutti». Non volendo discutere sul fatto che misure così stringenti servissero o meno (è lo stesso Baruffi a rispondere), non si può però evitare di farsi delle domande sulla modalità con cui sono state imposte. Modalità che non possono rimanere indifferenti nemmeno a chi pensa che tali restrizioni fossero necessarie.
Per capirci basta guardare a come si sono mossi alcuni Stati americani: Kristi Noem, governatrice del South Dakota, ha spiegato al The Federalist di non aver imposto nessun comportamento restrittivo e nessuna sanzione, incoraggiando invece «a mantenere dimensioni di gruppo al di sotto dei 10, a tenere le distanze sociali, a praticare una buona igiene…abbiamo chiesto alle persone vulnerabili di rimanere a casa…abbiamo molte persone che stanno a casa e sono responsabili più che negli Stati con misure coercitive». I numeri dei contagi nello Stato si sono mantenuti molto bassi. Lo stesso sindaco di New York, Andrew Cuomo, sicurezza che invece ha imposto un lockdown scrupoloso, ha poi dovuto prendere atto dei dati forniti dai 100 ospedali simbolo del paese: circa l’84% dei pazienti ricoverati in ospedale non viaggiava, non lavorava, non frequentava luoghi pubblici. La maggioranza di loro (73%) aveva più di 50 anni. Perciò il sindaco progressista ha ammesso: «Questa è una sorpresa: la maggioranza assoluta della gente (contagiata, ndr) era a casa».
Anche in Italia la statistica non è lontana da quella americana: l’Istituto Superiore della Sanità il 24 aprile ha parlato del 44% di contagi avvenuto nelle case di riposo, del 24% nelle proprie case, del 10,8% in ospedale e solo del 4,2% sul posto di lavoro. Ma allora perché minacciare un secondo lockdown? Dalle parole di Baruffi si capisce che, al di là della necessità o meno delle restrizioni, occorre imporle affinché la popolazione sia portata in ogni caso ad obbedire.
A confermarlo sono addirittura le dichiarazioni del presidente dell’Emilia Romagna, Stefano Bonaccini, che intervistato da Formigli sul La 7 ha parlato così riferendosi ai luoghi dove isolare le persone malate: «Abbiamo mille posti nuovi in più tra alberghi e strutture private a cui abbiamo detto “adesso fate quello che vi diciamo noi”. E quando uno (malato, ndr) viene trovato a casa, perché noi andiamo a scovarli casa per casa… abbiamo più di 70 unità mobili specializzate che girano in tutta la Regione, provincia per provincia». Un linguaggio simile, basato non sull’informazione ma sulla coercizione, è stato sdoganato anche dal primo cittadino di Milano Giuseppe Sala che ha invece ordinato così: «Gli anziani non devono uscire, teneteli in casa, blindateli!».
C’è poi chi si è spinto oltre, come la Nuova Zelanda, dove si sono verificati 21decessi ma dove la maggioranza parlamentare (63 contro 57) ha votato a favore di un Ddl che ha dato alla polizia il potere di entrare nelle case senza un mandato giudiziario per controllare le persone in quarantena. Anche in alcuni Stati americani le restrizioni sono state spropositate rispetto al numero esiguo di contagi e ora che l’Oklahoma, la Georgia, la Carolina del Sud, l’Alaska e altri Stati revocano le chiusure, subiscono critiche da chi (come Nancy Pelosi, presidente della Camera) sostiene che occorrerebbe allentare la presa solo una volta che si sarà sviluppato il vaccino. Il che potrebbe richiedere da almeno 18 mesi (affinché ne sia provata la sicurezza) a diversi anni.
Tanto che il dipartimento di giustizia di Trump sta cercando di frenare i governatori statali che, contro la Costituzione nazionale, hanno abusato del loro potere per privare i cittadini di ogni libertà mandando al collasso l’economia (e quindi la sanità con le morti conseguenti di cui i giornali non parleranno), creando povertà, disperazione, anche in zone della nazione debolmente colpite dal virus.
Ma la restrizione della libertà accettata in nome di un'emergenza che, ripetiamo, non è peggiore di altre del passato, sta avvenendo anche nell’ambito dell’informazione e in quello sanitario. Per quanto riguarda il primo basti ricordare che Twitter ha cominciato le purghe segnalando i profili di coloro che mettono in dubbio le informazioni ufficiali o le opinioni sponsorizzate dalla grande stampa relative al Covid-19. Si pensi poi a quello che sta accadendo nelle scuole francesi, dove i bambini che esprimono pareri discordanti da quelli ufficiali devono essere segnalati all’insaputa della famiglia agli assistenti sociali.
Per quanto riguarda invece l’ambito sanitario ci sono misure che non sarebbero mai state accettate prima. In Lazio, ad esempio, il Presidente regionale, Nicola Zingaretti, ha firmato un’ordinanza in cui obbliga tutti gli over 65 a sottoporsi alla vaccinazione antinfluenzale insieme al personale sanitario che altrimenti verrà considerato non idoneo. La scelta, anche in questo caso, non è quella dell’informazione che sollecita la libera adesione delle persone ma l’obbligo di un percorso a senso unico che punisce ogni defezione. Tutto ciò, scrive Zingaretti, in nome delle raccomandazioni dell’Oms (la cui imparzialità non è mai stata messa così in dubbio come in questi giorni persino dai media ufficiali) e senza curarsi delle ipotesi sorte in Italia circa una possibile associazione tra vaccinazioni antinfluenzali e rischi di contrarre il coronavirus (nella bergamasca ai guariti sottoposti a tampone viene domandato se avevano fatto il vaccino). Certamente questa è solo un’ipotesi, ma il principio di precauzione dice che andrebbe verificata prima dell'imposizione grave di un intervento sanitario. Invece, con la mozione Gelmini-Mandelli, si sta facendo pressione affinché addirittura il governo renda obbligatorio l’antinfluenzale per gli over 65, per i bambini dai 6 mesi in su con alcune patologie e per le donne in gravidanza.
L’ansia da imposizione del vaccino “prima che sia troppo tardi”, ossia che i contagi diminuiscano insieme alla percezione del pericolo da parte della popolazione, è stata ammessa nero su bianco persino dalla rivista Nature, che, intervistando Heidi Larson, direttrice del Vaccine Confidence Project, spiega: «La comunicazione legata ad un vaccino dovrà essere studiata attentamente», perché se «allora (quando il vaccino sarà sviluppato, ndr) ci saranno già meno infezioni da COVID-19, la vendita risulterà difficile, spiega Larson», per cui a quel punto la sola cosa che «farà cambiare idea alle persone è se il governo dirà che potrai andare al lavoro se avrai fatto il vaccino», al di là che i contagi siano spariti o meno.
Non solo, la Rockefeller Foundation ha già presentato il “Piano d’azione nazionale per il controllo del Covid-19” in cui si auspica la riapertura degli Stati Uniti solo a determinate condizioni: «test e analisi…per tutto il tempo necessario a sviluppare un vaccino o una cura» e in cui si parla di un «Consiglio di controllo della pandemia, analogo al Consiglio di produzione di guerra che gli Stati uniti crearono nella Seconda guerra mondiale». Questo “board” sarebbe composto non da politici eletti democraticamente bensì da tecnici, da «leader del mondo degli affari, del governo e del mondo accademico». Si parla poi di una «Commissione di risposta alla pandemia», ossia di personale pagato per controllare la popolazione, tramite sistemi di tracciamento (qui si menziona Apple, Google e Facebook), nelle proprie case, nei luoghi di lavoro, di studio e di ricreazione. Insomma, si sponsorizza un sistema di controllo delle vite grazie alla pandemia, altrimenti impossibile da far digerire ai cittadini.
Ma la Rockefeller era già pronta all’eventualità, dato che nel 2010 aveva pubblicato il documento “Scenari per il futuro della tecnologia e dello sviluppo internazionale”, nel quale ipotizza il verificarsi di una pandemia che avrebbe avuto «un effetto letale sulle economie: la mobilità internazionale delle persone e dei beni subì una battuta d’arresto…a livello locale, i negozi e gli uffici…rimasero vuoti per mesi». Inoltre, «durante la pandemia, diversi leader nazionali hanno fatto pesare la propria autorità e hanno imposto regole e restrizioni severissime, dall’obbligo di portare mascherine, al controllo della temperatura corporea, all’ingresso di spazi comuni come le stazioni o i supermercati. Anche dopo la fine della pandemia, questo controllo autoritario sui cittadini e sulle loro attività è continuato e si è addirittura intensificato…I cittadini rinunciarono volentieri a parte della loro sovranità – e alla loro vita privata – verso Stati più paternalisti, in cambio di maggiore sicurezza e stabilità». Nel documento si parla poi del ruolo delle fonazioni filantropiche che è quello di «allinearsi maggiormente alle strategie nazionali di assistenza allo sviluppo (APS) e agli obiettivi del governo», mentre «le organizzazioni filantropiche interessate a promuovere i diritti e le libertà universali verranno bloccate ai confini di molte nazioni». A questi scopi, si legge, è necessaria una «tecnologica in "Lock Step”: in gran parte guidata dal governo…focalizzata su questioni di sicurezza nazionale e salute. La maggior parte dei miglioramenti tecnologici è stata creata…dal duplice desiderio dei governi di controllare e monitorare i propri cittadini».
Non a caso fra il 2017 e il 2018 la Rockfeller Foundation, insieme a Bill Gates e alla Gavi (la Vaccine Alliance) ha ideato un sistema denominato ID2020 Alliance attraverso cui fornire una identità digitale ad ogni persona per registrare al di sopra di ogni Stato nazionale le date di nascita, le cartelle cliniche, le carte di credito, gli spostamenti, i diritti politici i sussidi sociali, la storia clinica, la storia vaccinale dei cittadini di tutto il mondo.
Forse è per questo che i “filantropi” della Rockfeller e quelli come Soros (in grado di incidere sulle politiche globali e sponsor di governi mondiali formati da tecnici, di misure coercitive legate Climate Change e ai vaccini) hanno scritto che «la Fondazione Rockefeller esiste per far fronte a momenti come questo» e dichiarato che «questa è la crisi della mia vita. Già prima che la pandemia colpisse, mi sono reso conto che ci trovavamo in un momento rivoluzionario in cui ciò che sarebbe stato impossibile o addirittura inconcepibile in tempi normali era diventato non solo possibile, ma probabilmente assolutamente necessario».